«Dio mi piacerebbe così...»
«Dio mi piacerebbe così...» Gli 80 anni di Montanelli nel ricordo di una sera a cena in convento «Dio mi piacerebbe così...» Davanti a un piatto di ravioli e a una bottiglia di Cortese, a tavola con i frati del convento francescano di Gavi Ligure, Indro Montanelli mi raccontò tempo fa come mancò, nella sua lunga e prestigiosa carriera, uno degli scoop più singolari e importanti. «Lo mancai e non lo mancai — precisava —. Infatti quel che pubblicai bastò a scatenare pronte ed incredule telefonate dal Vaticano e da altre curie, giornalistiche, laiche e cattoliche. Scoop, in questo, lo fu lo stesso». Montanelli aveva chiesto come la cosa più naturale del mondo un'udienza a Papa Giovanni XXIII, eletto a sorpresa da circa tre mesi. E come la cosa più naturale del mondo l'udienza gli fu concessa. L'incontro fu qualcosa di meno di un'udienza protocollare, ma anche qualcosa di più nel senso che fu un'affabile chiacchierata, e la prova della stima che Giovanni XXIII aveva per Montanelli. Fu anche comunque la verifica della -insufficiente cultura di Montanelli in materia di Concila». •Credevo che un Concilio fosse una riunione di preti come tante, solo un po'più solenne e numerosa». A tavola, dopo aver commemorato nell'aula del Comune di Gavi l'amico e collega Giuseppe Marotta, Montanelli, assaggiando appena i ravioli, e da astemio radicale non assaggiando una goccia di Cortese, si diverti a raccontarmi di quell'incontro e di quel malinteso. Parlarono, il Papa e lui, della Chiesa e della società, dei vizi e delle virtù italiane e universali. Ad un certo punto Roncalli esclamò: •Qui ci vuole un Concilio e lo annunceremo presto». Montanelli prese quelle parole come un auspicio, e non fece commenti. Comunque, nel testo del colloquio che pubblicò poi sul Corriere della Sera, quell'accenno al Concilio venne fuori senza particolare importanza. •Non avevo capito che in realtà si trattava, in termini di Chiesa, di una vera bomba. Fui subito aggredito da un crepitìo di telefonate d'alto, anzi Montanelli ha compiuto ottant'anni d'altissimo livello, dal Vaticano e da altre curie ecclesiastiche e politiche. E io cascavo davvero dalle nuvole. Dicevano che mi ero inventato tutto, che non era possihile che nessuno l'avesse saputo prima e come mai il Papa l'avesse detto a me e non ai suoi collaboratori, e se glielo aveva detto perché avesse vincolato al segreto loro e non me. A quel punto me lo domandai anch'io, rammentando che il Papa s'era quasi stupito che io non mi fossi stupito. Poi arrivò il 25 gennaio del 1959, e il Papa annunziò pubblicamente e solennemente quel Concilio». Dopo la cena conventuale Montanelli volle vedere tutto del convento, della chiesa-santuario, persino le tombe dei sepolti sotto il pavimento del santuario della Madonna delle Grazie. Fu una bellissima serata, cordiale, spiritosa, allegra. Ricordai a Montanelli se fosse ancora dell'idea di anni prima, quando, essendo noi «rimpettai» delle rispettive rubriche sulla Domenica del Corriere e avendolo allora intervistato su Gesù Cristo, mi aveva risposto: "Io non perdono a Dio di non avermi dato la fede». Caso aveva voluto che quel giorno, in Comune, a Gavi, io avessi ricordato, di Marotta, un'identica affermazione. Montanelli la confermò e mi convinsi che quell'interrogativo, quel non-perdono paradossale fra il provocatorio e il patetico, è di molti intellettuali, anche di segno religioso e culturale opposto. Quasi un tic. Ma quanto si tratta di tic, quanto di autentico problema, se non di dramma? In quell'intervista Montanelli mi aveva descritto in quale tipo di Dio gli sarebbe piaciuto credere: •Quello di cui accenna Machiavelli parlando degli italiani; un Dio al quale danno del tu, alla buona, in maniche di camicia. Alla pari, per così dire». Anche quella volta, era il 1982, Montanelli aveva ricordato con ammirazione e commozione Papa Roncalli. Però c'era nel suo discorso, a proposito del Concilio, come un velo di preoccupazione, quasi di disagio. Montanelli non si illudeva, non s'è mai illuso, e me lo ripetè, sulle «svolte miracolose» delle istituzioni umane, comprese quelle con una componente divina, come la Chiesa. E in certa misura anche in questo ha avuto, come altri, ragione. Tuttavia non sono riuscito né allora né poi a sapere se quello scoop, in parte malinteso e mancato, gli resti in mente come un fatto di prudenza o di reale ignoranza. Oggi, compiendosi quarant'anni del suo giornalismo unico e inimitabile da ogni punto di vista, 11 vecchio «patriarca» toscano, pronto all'ironia e alla satira prima di tutto su se stesso, ricordi o rimpianga d'aver preso alla leggera una notizia e un evento che avrebbero inciso profondamente nella coscienza e nella storia dei cristiani e anche dei non cristiani. Ma anche lui, che come gli ha ricordato Enzo Biagi, suo amico e collega di pari coraggio e prestigio, che della libertà professionale conosce il senso — e il prezzo — in certi momenti neri e difficili forse pensa a Dio. Nazareno Fabbretti
Luoghi citati: Comune Di Gavi, Gavi
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