«Era un gigante della fisica» di Ennio Caretto

«Era un gigante della fisica» Il dolore e i commenti del mondo scientifico internazionale per la morte di Segrè «Era un gigante della fisica» Lo scienziato era atteso a Washington per un convegno sul cinquantenario della fissione atomica dedicato agli uomini del «progetto Manhattan» - «Con la sua scomparsa si chiude una fase della ricerca che ha cambiato il corso della storia» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Il cordoglio dellp comunità scientifiche italiana e americana è generale, e si riflette persino sulla Casa Bianca e sul Congresso. «Segrè» — ha detto Edoardo Arnaldi giunto a Washington sabato per uno storico convegno sulla fisica nucleare — «era un genio, un simbolo del pensiero scientifico italiano». In uno scambio di impressioni con l'ambasciata d'Italia, che attendeva Segrè per una cena in suo onore, Arnaldi ha ricordato quale opera di pioniere il premio Nobel avesse svolto fin dai primi esperimenti sui neutroni con Enrico Fermi, a Roma nel 1934. -Era un gigante della fisica» ha aggiunto Glenn Seaborg, premio Nobel per la chimica nucleare, quasi suo coetaneo, scelto insieme con Segrè come copresidente del simposio in programma questa settimana a Washington sul cinquantenario della fissione atomica. «Con la sua scomparsa si chiude mia fase della ricerca che ha cambiato il corso della storia». Colpito dalla morte di Segrè, l'ufficio del Consigliere Scientifico di Bush ha espresso il rammarico del governo e del Parlamento americani «per la perdita di un nomo» — ha dichiarato un portavoce —che ha dato un grande contributo anche di civiltà al suo Paese natale, a quello adottivo e a tutta l'umanità-. Per una tragica coincidenza, la morte ha stroncato Emilio Segrè alla vigilia della riunione per lui più importante degli ultimi anni: quella organizzata dall'Accademia delle Scienze a Washington per onorare una generazione di pionieri che. del progetto Manhattan dell'atomica nella seconda guerra mondiale ha fatto un trampolino di lancio per lo sviluppo di altre discipline e per lo sfruttamento pacifico dell'atomo. Nella capitale americana, Segrè avrebbe trascorso alcuni giorni con Arnaldi, con John Wheeler dell'Università di Princeton, con Edward Teller, al cui nome è legata la bomba H, e con gli altri protagonisti delle prime ricerche nucleari, anche dei Paesi comunisti, come il sovietico Frelov. Il premio Nobel, che doveva tenere un'attesa relazione al convegno, sarebbe stato onorato dalla nostra comunità in una cerimonia speciale. L'ambasciata d'Italia aveva indetto per questa sera una cena in suo onore, con la partecipazione dei suoi colleghi più illustri, in cui festeggiare il Nobel assegnatogli trent'anni fa. L'addetto scientifico della nostra ambasciata, Claudio Orzatesi, ci ha detto che i giorni scorsi Segrè lo aveva avvertito di non sentirsi bene, e aveva messo in dubbio la propria presenza alla cena. «Mi spiegò che doveva farsi visilare». «Per l'Italia in particolare è una perdita enorme» — ha proseguito Orzatesi — «perché Segrè si era sempre preoccupato di rafforzare i legami tra il nostro Paese e gli Usa: veniva alle riunioni del C.N.R, promuoveva spesso scambi di giovani ricercatori, era una specie di ponte tra noi italiani e gli americani». L'eco della morte di Segrè, ha coneluso l'addetto scientifico dell'ambasciata, è profondo anche nella comunità dei nostri cervelli trasferitisi negli Stati Uniti circa mezzo secolo fa per motivi politici. La comunità, in grande prevalenza ebraica, ha prodotto altri premi Nobel celebri oltre Segrè, nei campi più diversi, come Salvatore Luria e Rita Levi Montatemi. Glenn Seaborg, amico di famiglia oltre che collega di Segrè, ha definito «incolmabile» il vuoto lasciato dal compagno. Seaborg è noto per aver isolato elementi più pesanti dell'uranio, è stato preside di Berkeley, poi per dieci anni presidente della «Atomic Commission», la sua carriera si è intrecciata spesso con la carriera di Segrè, a partire dal progetto Manhattan nel periodo bellico e in quello subito successivo. «Un'esistenza davvero esemplare: non potrei descrivere in altro modo quella di Emilio» ha affermato. «Il suo lascito è cruciale: è lo scienziato che si batte per la pace, per la collaborazione inter- nazionale, per la comunanza della ricerca». Seaborg ha ricordato anche l'impegno politico e sociale di Segrè, che era stato un punto di riferimento importante per gli studenti di Berkeley, l'università forse più avanzata degli Stati Uniti. L'antifascismo del premio Nobel, privato da Mussolini della sua cattedra all'Università di Palermo durante una visita negli Stati Uniti, dove sarebbe rimasto per la maggior parte della sua vita, era diventato una bandiera per i giovani italiani e americani. La sua statura di scienziato e di cittadino fu sancita dal Nobel, che a parere di molti si era spesso meritato anche in precedenza. Owen Chamberlain, che sebbene più giovane di lui di 15 anni collaborò con Segrè alla scoperta dell'antiprotone, e divise con lui il Nobel del '59, gli ha tributato un omaggio altrettanto commosso. «Egli è stato d'ispirazione a intere generazioni dì scienziati in tutto il mondo» ha detto. «Il suo rigore scientifico, la sua intelligenza e la sua onestà colpivano tutti». Chamberlain ricorda come oggi il momento che conobbe Segrè a Berkeley. «Era uno degli ex dirigenti dei Laboratori di Los Alamos, aveva la fama di genio. Col nuovo acceleratore di particelle Bevatron, nel '55 producemmo gli antiprotoni, e aprimmo la strada alla scoperta dì molte altre antiparticelle». Duccio Macchetto, l'astrofisico che dirige il telescopio orbitale che la Nasa lancerà in orbita alla fine dell'anno, ha sottolineato l'apporto matematico di Emilio Segrè alla fisica. «Segrè ha posto le basi matematiche d- a fisica moderna- ha dichiarai - . «Il suo lavoro e stato indi spensabile ai grandi fisici di oggi, e gli hanno consentito di diventare uno dei loro leaders. I suoi sforzi per trovare la parte fondamentale del nucleo, le sue ricerche sulla struttura sono indicative di una capacità di intuizione senza precedenti». Macchetto ha concluso che l'opera di Segrè non morirà mai: «Ha tracciato il cammino alle generazioni a venire». Ennio Caretto Emilio Segrè, Owen Chamberlain e Clyde Weigland nei laboratori di Berkeley, in California, esaminano il film in cui sono registrate le tracce dell'antiprotone