Diderot senza rabbia

Diderot senza rabbia Anno 121 - Numero 103 • Lunedi 17 Aprile 1989 STAMPA SERf IL NUOVO LIBRO DEL FILOSOFO LUCIO COLLETTI Diderot senza rabbia La ragione senza arroganza. Le idee- messe in vetrina, buona stoffa e modelli eleganti, ma senza le taglie forti dell'assoluto. Illuminismo fermo ma con distacco e, soprattutto, privo di diktat: Voltaire con misura, Diderot senza rabbia, nessuna illusione sulle «magnifiche surii e progressive», avversione tangibile, netta, per ogni (orma di utopia. Il neoilluminista, post-moderno e senza dogmi, è un interlocutore in ascesa da tenere d'occhio. E alla gran fiera delle idee, fra luci fioche di pensiero debole, cattolicesimo in recupero e tanti scampoli di cultura dell'effimero, si fa avanti con aspetti interessanti, a volte scomodi. Pagine di filosofia e politica (Rizzoli) è il nuovo libro del filosofo Lucio Colletti. Brevi saggi, scritti di circostanza, una galleria di profili da Marx a Heidegger a Kelsen, scorribande Ira Popper, Kant, Spc-ngler e Hannah Arendt, riflessioni taglienti sulle ideologie /'irli dei nostri anni, stile incisivo, chiarezza cartesiana chemira all'essenziale. Il filosofo prediletto? L'ebreo Karl Lowith, prima allievo di Heidegger e ammiratore di Nietzsche, poi esule per le persecuzioni naziste e costretto a ripensare fino in (ondo la precedenteesperienza culturale. Un pensatore del disincanto, che vede nella dissociazione tra natura e morale, conoscenza scientifica e senso della vita, la tragica realtà ilei nostro tempo. L'uomo, dice Lowith, deve avere soprattutto coraggio. Il coraggio di sostenere il peso enorme di un sapere costruito su una consapevolezza tragica: in un universo illimitato, popolato da una miriade di galassie, l'illusione che l'uomo sia al centro della natura è ormai impossibile, e né la cosmologia moderna, né l'evoluzionismo darwiniano, possono ilare una risposta al perché della sua esistenza, o attribuire a un disegno provvidenziale la sua comparsa nell'universo. All'uomo non resta che accettare il suo destino: lui, particella infinitesimale nel cosmo, prodotto di leggi di natura prive di qualsiasi finalità e intenzione, punto insignificante in un universo che non è solo illimitato ed eterno, ma divinamente indifferente alle sue sorti. Un destino tracciato dalla conoscenza scientifica, segnato dalla modernità, accompagnato dalla disillusione. Temi che Colletti affronta, sottolineando il significato della scepsi di Lowit: la conoscenza come dubbio, ma anche punto di partenza per un'ulteriore ricerca, trampolino per l'ignoto, cammino illimitato, copione d'una commedia senza epilogo. Ma le grandi domande? Il senso dell'esistenza, il dolore, la morte, il fine della vita, le inquietudini dell'uomo, il bisogno di risposte: che dire? "Sono domande che nascono da un'esigenza di rassicurazione e di gratificazione umana — risponde Collctti —. Possiamo dare una risposta solo con una scelta di valori, nel campo morale e politico, ben sapendo però che questi vaici sono sostenuti solo dalla nostra volontà e dal nostiv raziocinio: non sono valori assoluti, oggettivi, forti, imposti e garantiti dalla realtà stessa. Un tempo, nella visione atropocentrica medievale, le esigenze di assicurazione e a"inquietudine esistenziale erano garantite all'uomo dalla religione e dalla filosofia. Ma oggi questo è improponibili: La scienza non garantisce più queste assicurazioni, perché la co¬ Diderot in un ritratto dell'epoca (da l'Encyclopédie, ed. Ricci) noscenza che ci offre del mondo non contiene nessun elemento che possa dare significato alla vita umana: l'uomo appare come il prodotto di cause che operano senza alcun fine, e la sua vicenda appare tanto più cieca se la inseriamo sullo sfondo dell'universo illimitato che ci è stato dischiuso dalla rivoluzione astronomica. «Dunque, dal plinto di vista del significato della nostra vita, Li realtà appare senza significato: non ha finalità, e ancor meno finalità che siano quelle dell'uomo". Possenti nella conoscenza scientifica ma incapaci di dare grandi risposte ai grandi interrogativi. «La modernità ha i suoi pnzzi — scrive Colletti nell'introduzione al volume —. E se ciò a cui si tende è il "conoscere", non si vedono alternative». Dobbiamo accontentarci. Quanto più si approfondisce la conoscenza della realtà, tanto più infondata o insignificante appare la nostra esistenza. «E' ora di finirla di mettere sempre e comunque sotto accusa la modernità. La tanto strapazzata e vituperata modernità ha realizzato enormi sviluppi dal punto di vista della conoscenza. Nella realizzazione di questi progressi la si rimprovera perché ci disegna una realtà dove l'uomo non ha un ruolo Mitrale. Ma si può accusare veramente la scienza per questo moti¬ vo? Dove sta scritto che per essere vero, qualcosa debba per forza conformarsi alle nostre esigenze di gratificazione e rassicurazione ontologiche?: Il mondo che la scienza offre alla meditazione è vuoto di significato. Ma alla mancanza di significato l'uomo non si rassegna. Dove trovare allora risposte e consola, ioni, salvezza e speranza? Scartata I3 scelta religiosa come alternativa «non razionale», non resta alla ragione che una strada: la Storia. Molte filosofie del nostro tempo, dice Colletti, non sono altro che il tentativo di restituire all'uomo, attraverso la Storia, quella centralità che gli è stata negata dalla scienza. E' la seconda tesi che il filosofo affronta nel libro. Che cosa rappresentano le metafisiche nate dopo la rivoluzione scientifica e soprattutto dopo Kant, l'ultimo filosofo classico che ne abbia tenuto conto, se non il tentativo di rovesciare i risultati del sapere scientifico? A partire da Hegel e poi da Marx fino a Heidegger, la realtà diventa storia e il mondo fisico naturale è praticamente estromesso dalla filosofia. Si restaura, consapevolmente o no, l'idea che la Terra è un luogo privilegiato dell'universo. Ma la Storia ha le sue trappole. C'è chi vi scorge l'opera della ragione e chi crede di poterne guidare il corso in un progresso continuo verso la realizzazione della società perfetta; chi vi legge un disegno provvidenziale e chi scorge significati ultimi e assoluti. Le filosofie della storia hanno segnato in ptofondità la cultura del nostro secolo. Ma con quali risultati? Hanno dato linfa e slancio alle idee e al sapere, hanno diviso i filosofi e fatto stampare centinaia di volumi, ma sono state anche alle origini delle due più devastanti ideologie dell'epoca: il comunismo sovietico e il nazismo. Dogmi finiti in tragedie, «liberazioni» improbabili, fughe nell'utopia. A questo punto l'analisi del neo-illuminista postmoderno si fa tagliente. La ragione è una gran bella cosa, ma quando si crede onnipotente può diventare pericolosa. Mauro Anselmo