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Silenzio sui tecnici rapiti I due italiani e lo spagnolo scomparsi da mercoledì Silenzio sui tecnici rapiti "Niente, nessuna notizia. Né dall'ambasciata a Bogotà, né dalla Farnesina-, non riesce a trattenere le lacrime Bruna Tabaj. E' la mamma dell'ingegnere Mario Accurso, 37 anni, il direttore dei lavori al «Rio Grande fase tre», rapito mercoledì sera nel Nord Ovest della Colombia. Otto uomini e due donne armati lo hanno legato ed imbavagliato prima di caricarlo su un'auto. La stessa sorte è toccata ad un altro italiano, Roberto Roascio, 41 anni, famiglia di Asti, ma residente a Milano, area-manager per il Sud America della società «Tomo», impresa che si occupa di grandi costruzioni. E da mercoledì è scomparso anche un loro collega spagnolo, impiegato di una ditta consociata: Francisco Puja. Da Roma la signora Tabay racconta queste giornate di attesa. "Le passo accanto al telefono. Di casa usciamo a turno, mio marito ed io. I responsabili della "Torno" ci dicono di stare tranquilli, che a Mario non succederà nulla, ma come si fa a non temere il peggio? Da mercoledì notte la nostra vita è diventata un incubo. Quel ragazzo è il nostro unico figlio e da undici anni è in giro per il mondo». Da ieri il silenzio, mentre proseguono le indagini e le ricerche della polizia nella zona attorno a Medellin, un grosso centro che si trova a pochi chilometri dal cantiere dove un'equipe italiana dirige la costruzione di una grande centrale idroelettrica finanziata dalla Banca mondiale per gli investimenti. Quella parte della Colombia, spiegano gli esperti dell'ambasciata di Bogotà, è «dominio» di trafficanti di droga e guerriglieri antigovernativi. In un primo tempo si era pensato che Roascio, Accurso e Puja fossero stati rapiti da terroristi, ma poi gli inquirenti (il governo sta impiegando anche gli 007) hanno precisato di ritenere più attendibile un'altra ipotesi: ì tre tecnici sarebbero nelle mani dì una banda di delinquenti comuni. il. c. d.