«Presi perché vicini al governo»

«Presi perché vicini al governo» «Presi perché vicini al governo» MILANO — La signora Cesarina Roascio, mostra la foto del figlio al lavoro in un cantiere nei Caraibi e impreca: «Come può finire, uno come lui che ha fatto solo del bene, in mano a quei delinquenti?'. La signora Carla Zani, 38 anni, guarda la foto del marito il giorno delle nozze e sospira: 'L'avevo sentito poche ore prima: ci vediamo la prossima settimana, mi aveva detto. Ora aspetto notizie-. Da ieri mattina, quando lo hanno saputo, le due donne dividono l'angoscia di una telefonata che non arriva mai, dalla Colombia. Laggiù, è stato sequestrato l'ingegner Roberto Roascio, 41 anni, «area manager» per il Sud America della società Torno (costruzioni e consulenze). Con lui sono spariti, mercoledì, alle sei e mezzo di sera, un altro ingegnere, Mario Accurso, 37 anni, romano, direttore dei lavori al «Rio Grande Fase Tre», una colossale centrale idroeiettrica finanziata dalla Banca mondiale, e un tecnico spagnolo, Francisco Puja, dipendente della Cubiertas, una consociata della Torno. Li hanno rapiti nel villaggio-appoggio al cantiere allestito nella cittadina di Girardot, a 30 chilometri dal grosso centro di Medellin, nel Nord Ovest della Colombia. Zona di narcotrafficanti, di guerriglieri rurali e di tutte e due le cose mischiate insieme. L'ambasciata italiana a Bogotà ha ricostruito così le sequenze del sequestro. Ore 18,30 di mercoledì. I lavori alla costruzione della centrale si fermano perché salta l'energia elettrica. I tre che saranno sequestrati salgono in macchina. Vanno al villaggio di Girardot dove vivono. Lì ci sono altre tre persone (tre colombiani, tra cui la moglie del custode degli appartamenti destinati ai tecnici). Compaiono due uomini armati. 'Siamo poliziotti-, dicono. Chiedono i documenti a tutti. Ma si accaniscono a trovare da ridire e a chiedere spiegazioni su quelli degli stranieri: i due italiani e lo spagnolo. Roascio e Accurso protestano. 'Ecco tutte le autorizzazioni, lasciateci lavorare in pace-. Sbucano altri sei armati, due sono donne. Legano e imbavagliano gli italiani, lo spagnolo, i tre colombiani. Poi saccheggiano gli uffici e le casupole. Spingono Roascio, Accurso e Puja in una Renault 9 di servizio al cantiere. Mettono fuori uso tutte le altre auto posteggiate lì vicino. Scompaiono. Alle 22 la moglie del custode riesce a liberarsi. Via radio l'allarme arriva a Bogotà. Arriva anche alla rappresentanza diplomatica italiana. Per l'ambasciatore Filippo Anfuso comincia un difficile lavoro. La Torno e il dicastero degli Esteri avvisano Carla Zani Roascio: 'Unfunzionario ministeriale mi ha accennato alla possibilità di una pista: i guerriglieri antigovernativi — racconta la donna —. Io so che quella è anche una zona di delinquenza comune. Nel novembre scorso era andata là: una zona verde, montuosa e piovosa. Roberto andava e veniva da lì. L'ultima volta è partito venti giorni fa. Doveva rientrare la prossima settimana. Non aveva ricevuto nessuna minaccia. L'ho sentito poche ore prima del sequestro: era sereno. Mi ha lasciato dicendo: ti farò sapere il giorno preciso del mio arrivo-. Il telefono di casa Roascio a Milano risponde al primo squillo. Come quello di un'altra casa Roascio, ad Asti, do¬ ve vivono la mamma e la sorella Paola, 42 anni, dell'ingegnere laureato al Politecnico di Torino con il massimo dei voti, figlio dell'ex ingegnere capo del genio civile. Raccontano: «Da non molto tempo ci aveva detto di aver cambiato il suo lavoro, che si occupava anche di problemi più importanti che non la realizzazione degli impianti-. Rapporti con 'le autorità». E forse, qui, c'è una spiegazione del sequestro: un obiettivo, l'ingegner Roascio, che colpisce anche il (democratico) governo della Colombia. 'In base alle notizie finora giunte dalla Colombia — ha detto ieri pomeriggio un funzionario romano della Torno — l'ipotesi che la polizia locale tende ad accreditare è quella che i tre tecnici siano stati sequestrati da terroristi, anche se finora non sono arrivate né rivendicazioni, né richieste di riscatto-. All'ufficio-immagine milanese della Torno (specializzata in grandi opere, cantieri anche in Portogallo, Turchia e Canada, impegnata a Milano nell'ampliamento dello stadio e nella costruzione del passante ferroviario, 1200 dipendenti) aggiungono di 'avere cominciato i lavori in Colombia quattro anni fa e di non aver mai avuto minacce dai guerriglieri-. Tranne sette persone tra tecnici e impiegati, la Tomo utilizza, in Colombia, tutto personale locale. Due dirigenti della società partono questa mattina per Bogotà. 'Spero che raccolgano presto notizie su mio figlio — dice Edmondo Accurso, 77 anni, generale dell'aviazione in pensione, padre di Mario —, un ragazzo che ha voluto dedicare al lavoro i suoi anni migliori. Non {a vita-. Francésco-Cevasco