La camorra senza re dà via libera al killer di Fulvio Milone

La camorra senza re dà via libera al killer Tramontato Cutolo, spaccata la Nuova Famiglia La camorra senza re dà via libera al killer In quattro mesi sessantaquattro morti nel Napoletano NAPOLI — Sono mille, pronti a tutto. Ad uccidere, ma anche a finire ammazzati, come i «guaglioni» della scorta di Michele D'Alessandro, padrino di Castellammare di Stabia, e i tre «comparielli» di San Cipriano, in provincia di Caserta, falciati dai mitra di un commando rivale. Sei morti in 48 ore. Sessantaquattro dall'inizio dell'anno in Napoli e provincia. La vita dei soldati della camorra è appesa al filo sottile dei precari equilibri tra i manager del crimine organizzato. I loro nomi, i loro affari segreti, le zone d'influenza sono elencati in un rapporto di polizia inviato alcuni mesi fa alla magistratura: in 103 pagine è illustrata la mappa aggiornata della «malanapoli». Sullo sfondo, ci sono gli interessi di sempre: droga, estorsioni, usura, gioco d'azzardo, totocalcio e lotto clandestini, ma anche appalti per la realizzazione delle grandi opere pubbliche nella provincia. E' più che probabile che il fascicolo finisca anche tra le mani dell'alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica, che domani mattina presiederà un summit in prefettura tra i responsabili della polizia, dei carabinieri e della Guardia di finanza. L'incontro, già previsto per la settimana prossima, è stato anticipato per la nuova emergenza in Campania, e dovrebbe preludere alla costituzione a Napoli dell'ufficio dell'Alto commissariato. Ne è passata di acqua sotto i ponti dai primi Anni Ottanta, da quando cioè Raffaele Cutolo, capo della «Nuova camorra organizzata», controllava l'industria del crimine. Dell'organizzazione rigidamente gerarchica del boss di Ottaviano sono rimaste soltanto le ceneri. A comandare sono i nemici di Cutolo, i clan un tempo uniti sotto cartello di -Nuova famiglia» proprio per contrastare l'impero della -Neo», sfaldatosi dopo le grandi retate di polizia dell'83. Ma oggi le alleanze d'un tempo non hanno più motivo di esistere, e la guerra in corso si combatte su due fronti: il primo è interno ai vecchi clan sopravvissuti ai tanto discus¬ si «maxi-processi»; il secondo è stato aperto contro la new wave camorrista, i giovani yuppies del malaffare che con grinta e determinazione hanno dato l'assalto alla piazza napoletana. Per ora il capoluogo sembra nelle loro mani, fatta eccezione per alcuni quartieri, dove incutono ancora rispetto i nomi di Giuseppe Misso. il «camorrista nero» condannato per la strage sul treno rapido Napoli-Milano, o dei fratelli Giuliano, «feudatari» del rione Forcella. Spiegano in questura: 'Questi gruppi costituiscono un pericolo enorme, anche perché non sono controllati dai grandi capi della malavita organizzata. Sono mine vaganti, difficili da identificare, pronti a stringere alleanze e a romperle nel giro di ventiqualtr'ore. Le loro attività sono quelle tradizionali: estorsioni, droga, rapine, un po' di gioco d'azzardo, prostituzione maschile e femmi- nile. E' insomma il tipo di delinquenza che più terrorizza il cittadino, che la subisce direttamente sulla sua pelle-. La vera camorra, quella dei grandi affari, che come la mafia ha vinto e continua a vincere troppe battaglie contro lo Stato, si è spostata nella provincia di Napoli. 'Una provincia — è scritto nel rapporto della polizia —, dove la malavita ha fatto sentire negli ultimi anni e in particolar modo la sua nefasta influenza". Come? -Con l'inferenza, diretta o indiretta, 'nella gestione delle amministrazioni comunali — spiegano gli inquirenti —. In molti casi è stato accertato che gli amministratori locali fanno da «passe partout- per la camorra: Non a caso le holding camorriste hanno concentrato gli interessi nell'hinterland. Conclusa l'epoca dei massicci finanziamenti pubblici per la rinascita della Napoli terremotata, oggi i miliardi piovono in provincia, dove è in corso la realizzazione di infrastrutture imponenti. La gTande guerra tra Stato e camorra si combatte qui, nelle cittadine che si snodano lungo la costa a Sud del capoluogo, dove il camorrista tratta, accanto ad una grossa partita di eroina, la concessione di un appalto miliardario. Dietro le bande che dettano legge nei centri più ricchi c'è l'ombra dei fratelli Nuvoletta, o degli eredi di Antonio Bardellino. misteriosamente scomparso sei mesi fa. Sono i vecchi capi camorristi, che hanno consolidato negli anni il loro potere fino ad avere interessi economici nell'intera penisola e all'estero. Di «area Nuvoletta» è Michele D'Alessandro, il boss caduto con gli uomini della scorta nell'agguato a Castellammare di Stabia; simpatie «bardelliniane» avrebbero, secondo n rapporto della polizia, le famiglie Alfieri e Fabbrocino, rivali di D'Alessandro. A Castellammare, dove ieri mattina il presidente della commissione Antimafia, senatore Gerardo Chiaromonte, ha partecipato ad una riunione straordinaria del consiglio comunale, la guerra è appena agli inizi. Fulvio Milone