Videomakers, elettroniche emozioni di Lietta Tornabuoni

Videomakers, elettroniche emozioni In rassegna al Salso Film & Tv Festival un anno di produzioni italiane Videomakers, elettroniche emozioni In questi anni si sono moltiplicati gli autori soprattutto tra i giovani - Dalle sperimentazioni tecniche di Gianni Toti e Riccardo Caporossi, alla qualità documentaria di Silvano Agosti - Il dibattito sulla televisione-verità e le trasmissioni che registrano la realtà - Le riflessioni sul mutare dei linguaggi e sulle nuòve tecnologie DAL NOSTRO INVIATO SALSOMAGGIORE — Gran discussione sulla televisione-verità, su quale e quanta verità può essere contenuta in trasmissioni che registrano la realtà, su quali e quante manipolazioni-falsificazioni possono venir compiute anche involontariamente; gran discussione sulla critica dei programmi, del modo di produzione, dell'assetto e dell'avvenire della televisione; conferenza sul mutare dei linguaggi televisivi nell'impiego di tecnologie nuove. Il Salso Film & TV Festival ha affrontato la televisione presente e futura con la riflessione e il dibattito culturale: ma presenta pure, nella rassegna "Un anno di video italiano", l'Altra Televisione, quella invisibile sui piccoli schermi domestici, quella spesso giovane, spesso sorprendente e mai integrata. Il direttore Adriano Apra dice che l'incrocio cinema/televisione/video è la premessa d'una nuova strategia della sperimentazione: «Esplodono di fatto, se non di diritto, ìnodi di produzione, "generi", formati. L'industria fa fatica a accorgersene, troppi giovani anche. Eppure i talenti ci sono...'. Apra vuol chiamare «videoasti" (in assonanza con ••cineasti") quelli che si espri¬ mono in videotape, mentre loro preferiscono senz'altro definirsi videomakers. Nato negli Anni Sessanta-Settanta nel mondo dell'arte, come documentazione o distorsione di eventi artistici, il video italiano è molto cambiato, dice Maia Giacobbe Borelli, coordinatrice della rassegna: 'Adesso, alla fine degli Ottanta, i videomakers sono soprattutto giovani. Si moltiplicano, si uniscono in gruppi precari, società, aggregazioni instabili: e con la crescita quantitativa, naturalmente, il livello qualitativo diventa medio. Sì estendono anche geograficamente: se prima li vedevi soltanto a Milano, Torino, Bologna o Roma intorno agli studi televisivi, ora, anche a causa del diffondersi delle Tv locali, li vedi in molti altri posti. Trovano nuove aperture di mercato: videocataloghi di grandi mostre d'arte: videoarchivi delle facoltà universitarie d'architettura o di sociologia della comunicazione; Mediateche o Videoteche pubbliche, previste dalle leggi regionali: produzione in settori che le Tv ufficiali hanno abbandonato, per esempio il teatro e il documentario'. All'inizio, il video era soprattutto il ripiego di chi non aveva abbastanza soldi per fare un film: «Ma s'è dovuto arrendersi alla constatazione che, tecnologicamente, il livello della ripresa non è buono. Adesso il video viene usato di preferenza agli estremi: estrema realtà, nel documentario e nell'immagine sociale, consentita dalla leggerezza, dalla portabilità e dal basso costo del mezzo; estremo artificio, nell'immagine sperimentale o lirica, consentito dalla malleabilità elettronica". Di queste tendenze la rassegna "Un anno di video italiano" offre nuovi esempi interessanti: oltre al lavoro ben noto di videomaestri come Gianni Toti, presente con Squeezangezaùm, e a testimoniare che il monitor può non essere soltanto uno schermo cinematografico rimpicciolito. Si vede la sperimentazione d'una tecnica che mescola elettronica e paintbox in Trucco di Riccardo Caporossi, protagonista insieme con Claudio Remondi della ricerca teatrale italiana: in un universo grigio, due uomini senza volto si fronteggiano seduti a due tavoli, si fissano immobili e lontani come per un confronto o una sfida; a poco à poco, uno dei due prende a sminuirsi, svuotarsi, sparire, sino a ridursi a un involto grigio posato sulla sedi a.. Si vede la qualità documentaria in Frammenti di vite clandestine di Silvano Agosti, che in immagini virate in colorij irrealistici o solarizzate racconta con strazio e dolcezza esistenze emarginate: le vecchie d'un ospizio intente a cantare o recitare poesie infantili o Biocare con un bambolotto come con un nipotino; un barbone romano di casa in piazza Navona; un uomo che dice d'aver incontrato la morte, -oscurità, buco nero e profondo, attraente"; una donna, operaia ossessionata d'una fabbrica per la lavorazione de) pollame; un trentatreenne che ha scelto la castità dopo anni di prostituzione; i bambini del Cottolengo. Si vede il lirismo in Nativity di Theo Eshetu, con fotografia anche di Angelo Be¬ vilacqua: le immagini d'un presepe artistico, mescolate, a immagini di mare, di terra, inaridita dalla siccità, di insetti, ovuli, particelle, feti e astronauti, galoppo di cavalli, volo d'uccelli a stormo, re-, stituiscono un'idea poetica della nascita. Si vede la teatralità in Moti del cuore di Ninni Bruschettà: il confrontarsi amoroso dei personaggi del testo teatrale 11 battello degli amanti trova un dinamismo peculiare nella collocazione dei corpi nello spazio, nel movimento altalenante che in ogni inquadratura ne esprime e simboleggia l'inquietudine. Si vede anche fiction, ne La staticità di un corpo di Ottavio Mai: dove i principii scritti della dinamica servono bene a accornpagnare il passaggio d'un uomo (è Tonino De Bernardi) dall'inerzia del sentimento coniugale allo slancio d'amore per un ragazzo. E si vedono cinque minuti perfetti in Weltgenie di Alberto Signetto: nel deserto spopolato e abbandonato deiLingotto, sul testo d'una poesia di Gottfried Benn su Nietzsche a Torino, in un unico lungo carrello indietro che sfiora personaggi, apparizioni, situazioni, sensazioni d'un mondo senza più storia alla fine del millennio. Lietta Tornabuoni Una immagine di «Weltgenie», il video di Alberto Signetto

Luoghi citati: Bologna, Milano, Roma, Torino