Aiutare o fotografare, ecco il dilemma

Aiutare o fotografare, ecco il dilemma Così per sport di Gian Paolo Ormezzano Aiutare o fotografare, ecco il dilemma Il quotidiano sportivo francese L'Equipe ha pubblicato una confessione di un suo fotografo: «Mai avrei scattato fotografie come quelle della gente orribilmente schiacciata contro la rete a Sheffield». Non per raccapriccio, o per nobile paura di violare l'intimità della morte: «Semplicemente — ha spiegato — perché avrei buttato per terra la mia macchina fotografica e mi sarei precipitato a cercare di fare qualcosa per quei poveretti». E' una lezione, forse. Sicuramente è un tema. Con diramazioni legali, al di là delle implicazioni morali: se in un certo frangente il fotografo scatta, il giornalista annota, anziché accorrere presso chi ha bisogno di aiuto, si tratta di omissione di soccorso? Di recente, su un campo italiano di calcio, un giocatore-medico ha lasciato il gioco, nonostante il monito dell'arbitro (-Lei non rientra più»j, per andare a soccorrere un presunto infartato. Se però quelle terribili fotografie di Sheffield servissero a salvare qualche vita in futuro, portassero a stadi migliori, a utili paure, a migliori comportamenti'/E'eticamente, per non dire giuridicamente, configurabile l'omissione di documentazione, se questa è provvida per l'umanità? RUGBY — Sempre cose britanniche: il miracolo costante del rugby. Niente recinzioni, la gente non invade. Anche in Inghilterra, anche dove la folla è fatta dagli stessi tipastri che inquinano il football. Quelli in campo si picchiano per tutti. In Irlanda, l'Ulster e l'Eire. che si odiano politicamente, religiosamente eccetera, giocano a rugby nel medesimo campionato, la Nazionale comune gioca ora a Belfast e ora a Dublino, e tutto va sempre bene. Quando nella cittadina di Rugby lo studente Ellis, «stanco di uno stupido gioco chiamato football, si mise il pallone sotto il braccio e corse per il campo sfuggendo ad amici e avversari», come recita la lapide nel posto sacro, il Nostro non sapeva che, inventando il nuovo gioco, sfuggiva anche a tante altre cose. AUTOMOBILI — Due storielline automobilistiche. La prima è la voglia «di un'auto grossa, una Mercedes Benz» espressa in una dichiarazione televisiva, alla fine di un torneo vinto negli Usa, da Natalia Zvereva, brava tennista sovietica, numero 8 al mondo. Le davano un assegnane, lei in buon inglese diceva che tanto i soldi finiscono alla sua federazione: «Ma adesso vado a Mosca a protestare, è un'ingiustizia». E'già in -credito- di settecento milioni. Ha erbaggio, specie pensando che la sua dichiarazione, alla rete televisiva Nbc, è stata usata per criticare il suo Paese. La seconda storiellina è nostrana. E'quella del presidente del Coni. Arrigo Gattai, il quale, spiegando le due auto Thema annualmente usate da lui, ha detto che dopo centomila chilometri, ritenendo il veicolo insicuro, lo restituiva al parco-macchine federale, di solito fornitore degli atleti. Non ha detto, e non ha pensato, ne siamo certi, «che si schiantino pure loro...», ma senz'altro Primo Ncbiolo lo ha pensato, ed ha parapsicologicamente lavorato a trasmettere il pensiero. RITARDI — Cosa sta succedendo nella stampa sportiva italiana? La Sampdoria ha guadagnato mercoledì scorso il diritto a incontrare il Barcellona nella finale di Coppa delle Coppe, e ancora non abbiamo letto il titolo di un'intervista allo spagnolo Victor, ora sampdoriano ed ex barcellonese: «Io conosco bene il segreto per battere il Barcellona». Un brutto segno per la nostra stampa sportiva. O forse il titolo è apparso c noi, distratti o mitridatizzati o suonati, non l'abbiamo visto. Un bruttissimo segno per noi.

Persone citate: Arrigo Gattai, Gian Paolo Ormezzano, Natalia Zvereva, Rugby, Sheffield

Luoghi citati: Barcellona, Belfast, Dublino, Eire, Inghilterra, Irlanda, Mosca, Ulster, Usa