Truffa petroli, atto secondo

Truffa petroli, atto secondo In appello a Torino 111 imputati per l'evasione di 400 miliardi Truffa petroli, atto secondo TORINO — Si torna a parlare dello scandalo petroli, di quella maxitruffa che all'inizio degli Anni Settanta costò allo Stato qualcosa come 400 miliardi di imposte evase. Ieri mattina è incominciato in un'aula bunker delle Vallette il processo d'appello contro i 111 imputati rimasti in questo giudizio. La partenza, come avviene sempre in queste occasioni, è avvenuta al rallentatore: l'intera mattinata è stata occupata dall'appello degli accusati e dalle prime schermaglie procedurali presentate dai difensori. n clima in aula era molto diverso da quello che aveva caratterizzato l'inizio del giudizio di primo grado, nell'86: altra tensione, altro interesse. Ieri sembrava di assistere piuttosto ad una rimpatriata tra vecchi commilitoni. Baci e abbracci si sprecavano sotto lo sguardo un po' a disagio dei carabinieri di scorta. Vuoto lo spazio assegnato al pubblico, il maxiscandalo petroli interessa ormai solo una ristretta cerchia di persone. Tra gli imputati presenti, i petrolieri Pietro Chiabotti, Paolo Mantovani (presidente della Sampdoria), Primo Bolzani, Franco Buzzoni e Bruno Musselli, uno dei registi del colossale contrabbando condannato in tribunale a 7 anni di carcere. Assenti l'ex capo di Stato Maggiore della Finanza, Donato Loprete (in primo grado ha avuto 8 anni) e l'ex comandante generale dello stesso Corpo, Raffaele Giudice (3 anni e 10 mesi). Assente, tra i politici, Sereno Freato (che fu collaboratore di Aldo Moro). Il nome di Freato riporta alla memoria uno dei capitoli più inquietanti dello scandalo: il conto che Moro avrebbe trasferito nel '76 in Svizzera per paura di un golpe e poi fatto tomare in Italia tramite Musselli. Una storia che è costata cara anche a Eleonora Chiavarelli, vedova di Moro, condannata in pretura a Torino a 6 mesi per falsa testimonianza. In primo grado furono condannati 88 imputati su 156 rinviati a giudizio. Un verdetto che allora, ai primi di maggio '87, fece molto discutere, n tribunale era stato troppo «morbido» o i rappresentanti della pubblica accusa troppo «colpevolisU»? In particolare non aveva retto al vaglio dibattimentale quella storia di corruzione, tangenti, intrighi, per promuovere ai vertici della Finanza chi avrebbe chiuso un occhio sui traffici dei petrolieri: il gen. Giudice e l'ing. De Nile dell'Utif. Il processo riprende domani, con altre eccezioni e proseguirà sino a fine luglio. Nino Pietropinto

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