Volti e magie della terra di ghiaccio

Volti e magie della terra di ghiaccio A TORINO UNA MOSTRA RACCONTA ARTE E CIVILTÀ DELL'ISLANDA Volti e magie della terra di ghiaccio TORINO — Erik il Rosso, le Saghe, gli Scaldi, i geyser, i ghiacci, un monte che nasconde nel suo cuore un lago d'acqua calda incastonato tra pareti di verglas; le cose che sappiamo dell'Islanda sono poche e remote, fissate sui vetrini di una lanterna magica. Appartengono al mondo dei silenzi e dell'esplorazione, talvolta possono suonare inesplicabili, come la lingua arcaica e plastica, la più ricca di segni alfabetici e di suoni vocalici tra quelle indoeuropee. L'idioma misterioso dell'infanzia della storia. Sappiamo anche che l'Islanda conta 240 mila abitanti, i quali leggono più libri di qualsiasi altra collettività europea; Reykjavik, la capitale, è stata sede di sfide scacchistiche e di storici incontri di grandi potenze. Ma quell'isola al 67° parallelo Nord continua a conservare, per l'Europa moderna, l'aspetto di un fossile, come si legge nel catalogo della mo;:;.-a «Terra di ghiaccio. Arte e civiltà dell'Islanda», ospitata al Museo nazionale della Montagna di Torino (fino al 18 giugno). La mostra è frutto di un lavoro triennale, con la collaborazione organizzativa della Repubblica d'Islanda e della Regione Piemonte. Iconografia, arte, arredo, costumi, geologia, natura, alpinismo, esplorazioni: una rassegna monografica rispecchiata in un catalogo, coordinato da Aldo Audisio, direttore del museo, e curato da Enrico Benedetto, giornalista specializzato in regioni artiche, cosi ricco di contributi specialistici da diventare un prezioso ritratto dell'isola del fuoco e dei ghiacci. Ricordate Viaggio al centro della Terra di Jules Veme? Si svolgeva sotto un vulcano islandese. Come se l'isola fosse un topos romanzesco, da cui partire per risalire alle origini del mondo. Chinare lo sguardo su una mappa islandese significa vedere uno sviluppo centrifugo: la civiltà, la cultura si sono insediate sulle fasce costiere; nessuna carrozzabile attraversa completamente le lande, gli altopiani, le morene, i ghiacciai. Penetrando dalle coste verso l'interno si approda a tanti capolinea dell'avventura, il cuore dell'isola sprofonda in un buco nero geologico, in quella che il catalogo chiama 'la grande voragine dell'ignoto'. I pezzi più pregiati della mostra sono dei manoscritti antichi. L'Islanda li aveva dati in prestito solo per un'altra mostra, a New York nel 1982. Tra essi figura un Islendingabòk, edito nel XVII secolo. E' il Libro degli Islandesi di Ari BorgUsson il Sapiente, il più antico scritto storico, che risale agli anni 1122-33. Rac- conta che Reykjavik fu fondata da un vikingo, IngòlfUr Arnarson, condannato per omicidio in Norvegia e fuggito in Islanda con la famiglia Un altro manoscritto raccoglie la più importante e famosa tra le saghe islandesi, la Njàls, scritta attorno al 1300. E' così fitta di personaggi e di vicende che Jònas Kristjansson, nel catalogo della mostra, la paragona al fogliame variegato di una foresta in autunno o a un frutto che è dolce perché sta cominciando a marcire. Le atmosfere incantate popolano ogni frammento della mostra. Il mondo magico dei racconti popolari islandesi è affollato di due tribù: la Gente Nascosta (Huldufàlk) e i Fuorilegge, che hanno i loro regni nell'altrove che si estende al di là delle zone civilizzate, nei grandi spazi disabitati oltre ì fiumi di lava. Quello è anche il dominio delle gigantesse, dei fantasmi e degli Jólasveinar, i Ragazzi di Natale, che compaiono per la prima volta in una ballata del XVII secolo, la Ballata di Gryla. Sono tredici; scendono dai monti uno al giorno, prima di Natale: il Leccacucchiaio. il Leccatazza. Divorasalsicce, Raschiapentole. Soffia, Tacchino, Spione, Uncinacarne, Elemosinacandele... H mondo degli incantesimi è quello che traspare nei paesaggi romantici di stampe, acquarelli e tele, a cavallo tra Sette e Ottocento, provenienti dal Museo nazionale d'Islanda: lande deserte, vapori di nebbie, dirupi e picchi, sorgenti calde, intemi di capanne, cascate, ghiacciai. Queste suggestioni, illuminate di una malinconia fredda e trasparente, ritornano nel bianco e nero delle collezioni imprestate del Museo fotografico di Reykjavik: cavalli e barche, case di campagna in torba e pietra, gli antichi mestieri della filatura o della cardatura, un'Islanda fin de siede immersa in atmosfere autunnali, stagliata su orizzonti infiniti. Dice una canzone dei poeti STildi: -Mi hanno guidato lontano, lungo sentieri scoscesi, Uor.'ia, questi occhi d'Islanda: Alberto Papuzzi Una gigantessa (dal catalogo «Terra di ghiaccio»)

Persone citate: Alberto Papuzzi, Aldo Audisio, Arnarson, Enrico Benedetto, Jules Veme, Jònas Kristjansson, Spione, Tacchino