E la folla andò in delirio per Maranello di Gian Paolo Ormezzano

E la folla andò in delirio per Maranello E la folla andò in delirio per Maranello Non esiste in nessuno sport un tifo così maniacale come quello per la vecchia scuderia - Piloti e meccanici applauditi da un pubblico fervido e rispettoso come al mausoleo di Lenin a Mosca DAL NOSTRO INVIATO IMOLA — Quello che segue è un tentativo di racconto di cosa sta accadendo intorno, dentro, addosso alla Ferrari in questi giorni imolesi. La premessa è che Qualsiasi riferimento a precedenti, nel campo dello sport e non solo, è approssimativo per difetto. Qualsiasi stereotipo di tifo, di passionalità, di partecipazione, è nulla. Qui siamo alla macerazione savonaroliana con fasti rinascimentali e odi torquemadiani verso i nemici, gli eretici. Imola ieri, per la prima seduta di prove del Gran Premio di San Marino di domani, presentava un autodromo pieno in tutte le tribune, fuorché nei posti dei Vip snobbosi che arrivano soltanto l'ultimo giorno, pieno sulle collinette strategiche, occupato da afflati, mistiche, rituali, sabba eccetera, aù opera di gente che deve essersi stabilita qui, nei cosiddetti punti cruciali, dalla sera del 26 marzo, il giorno di Mansell su Ferrari primo a Rio de Janeiro. Al di là di cartelli, striscioni, di applausi a Berger (pole position di giornata, e vien voglia di dire: come da copione), a Mansell, evocazioni medianiche di Villeneuve, insomma esecuzioni scritte e orali e gestuali tipici, c'era proprio il senso di un immenso amore. Crediamo che in Italia non esista, non possa esistere, non debba esistere una passione più assurdamente grande, più biecamente totale, più nobilmente assoluta di que¬ sta per la Ferrari. Ci chiediamo: se domani un'auto italiana ma non Ferrari, e con pilota italiano, vince a Imola il Gran Premio, se poi vince il campionato del mondo, cosa accade nella tifoseria automobilistica italiana? La risposta: quest'auto con questo pilota verrà fischiata, perché non si chiama Ferrari. •Quare nescio, sed exerucior», scriveva Catullo a proposito di un suo difficile enorme amore: non so perché, ma ne sono turbato. La frase va bene qui, per quella cosa lì. Ieri abbiamo voluto vivere, convivere per quanto possibile il mistero gaudioso della Ferrari. All'autodromo poco dopo l'alba, dietro il pullman dei suoi meccanici, applauditi come papi da folle li da mezzo secolo. Nel box recintato, con una specie di dehors da caffè sulla zona di scorrimento per le auto, bipedi anche celebri e da tutto il mondo a cercare una foto, un saluto, patendo una spinta, una mano addosso a imporre uno spostamento, un ordine da bramini a paria. Nella mobilehome dove i piloti ferraristi riposano e mangiano pane e mortadella, uno sfilare, davanti alle presidiatissime portine, fervido e rispettoso come soltanto vedemmo a Mosca verso e dentro il mausoleo di Lenin. Fotografie, implorazioni, applausi, isterismi contenuti, rappresi, schiumanti all'interno anziché ali 'esterno dei corpi. Cento giornalisti a mendicare dichiarazioni, odiati da quelli che neppure que¬ sta mendicità possono esercitare. Berger: «Finalmente ho potuto guidare senza problemi. Miglior tempo, tutto bene. Eppure le prime prove non erano state promettenti, mancava velocità». Oh, uh, ah. Mameli «Problemi di bilanciamento, qualcosa che non andava nella parte anteriore, troppa rigidità». Boh, beh. Fiorio: «Berger tutto bene, ma non per caso, abbiamo lavorato come matti su tanti inconvenienti. Speriamo che continui à piovere». Wao, hurrà, ole. Mansell: «Auto mia da sistemare nell'assetto. Ci lavoreremo». Oh yes. Berger (a un amico): «Non riesco a capire come Mansell possa guidare un'auto come la sua, così rigida». Barnard: «E va bene, spartisco la soddisfazione di Berger, accetto di dire che la sua auto era davvero a posto». Gasp, mumble-mumble. Castelli: «La benzina ghiacciata non sarà forse tutto quel vantaggio che dicono gli altri, senza il gran caldo, perché il suo volume non sarà troppo ridotto rispetto al solito». Ah, beh, sì, beh. Il quesito finale è per solenne intensità inferiore soltanto a quello sul dove vadano le mosche d'inverno: dove vanno i ferraristi da campo quando non ci sono Grandi Premi, dove sono andati fra ieri sera e oggi, visto che sull'autodromo è caduta tanta acqua, ben più bastarda che lustrale? Gian Paolo Ormezzano

Luoghi citati: Imola, Italia, Maranello, Mosca, Rio De Janeiro, San Marino, Villeneuve