Garantismo all'italiana di Paolo Mieli
Garantismo all'italiana Meglio un boss libero che un innocente in carcere Garantismo all'italiana Ieri, mentre il collegio dei giudici presieduto da Corrado Carnevale annullava ancora una volta una sentenza contro il capo della 'ndrangheta Giuseppe Piromalli e quattro dei suoi, il sindacato unitario che rappresenta tutti i giudici della Cassazione è sccso in campo per deprecare con veemenza una recente campagna di stampa che, a detta del sindacato, invoca «una graduazione del garantismo a seconda del titolo del reato e della personalità, vera o presunta, dell'impalato». Cos'ha provocato questa insolita, del tutto eccezionale, presa di posizione della giunta della sezione di Cassazione dell'Associazione nazionale magistrati? Il fatto che per ben due volte in meno di un mese Giorgio Bocca su "Repubblica» ha puntato l'indice contro il «garantismo rigoroso» che rischia di disar¬ mare lo Stato nella guerra contro la mafia. Ha scritto Bocca che non si può «combattere la mafia dando via libera agli azzeccagarbugli sia giudicanti che in toga avvocatesca»; che si è assistito a «processi di mafia in cui il culto del formalismo era impudente favoreggiamento della mafia»; che «il rigorismo formalistico del giudice dì Cassazione Carnevale che manda sistematicamente assolti mafiosi notori, assassini di chiara fama, applicato al reale stato di guerra è a favore unico della mafia, non di un chimerico perfezionismo garantista della nostra giustizia». E ancora: che «grazie ad alcune sentenze supergarantiste della Cassazione e delle corti d'appello veniamo a supere che Cosa nostra non esiste, che la Cupola è un 'invenzione dei serial televisivi, che Tommaso Buscata se IV inventata probabilmente per esibizionismo». Per domandare infine: «Si crede davvero che la giustizia consista nel far volare qualche straccio, nel condannare qualche killer mentre i grandi padrini vengono assolti o mantenuti in carcere come in un grand hotel!». Parole che stanno ad attestare una rabbia, un'indignazione civile che fanno onore a Giorgio Bocca. Ma che se fossero stale pronunciate appena qualche anno fa con il nome di Fioroni al posto di Buscetta e con il termine terrorismo al posto di mafia avrebbero provocato da parte dello slesso Bocca (stavolta contro chi si fosse permesso di profferirle) una manifestazione di sdegno di altrettanta se non maggiore intensità. E non solo da parte di Bocca. E' questa — va ammesso Paolo Mieli (Continua a pagina 2 in quarta colonna)
Persone citate: Bocca, Buscetta, Corrado Carnevale, Fioroni, Giorgio Bocca, Giuseppe Piromalli
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