L'esilio di Pannella di Marcello Sorgi

L'esilio di Pannella Che cosa c'è dietro il paradosso radicale di tenere il congresso a Budapest L'esilio di Pannella La scelta «transnazionale» non convince tutti - Mellini: io sto zitto, ma i nostri elettori a chi devono rivolgersi? - La Faccio: i giovani temono per il posto - Negri: se volevo far carriera non andavo nel psdi ROMA — Il treno partirà venerdì, fermandosi città per città a raccogliere i radicali in attesa e attraversando di notte il confine. Sabato a mezzogiorno, quando la locomotiva si affaccerà nella vecchia stazione di Budapest, Marco Pannella, che sarà ad aspettarla, dovrà solo decidere se fare come il pifferaio magico della favola nordeuropea, e trascinare il suo esercito verso il mare, o come Garibaldi, chiamando i suoi mille iscritti a una nuova impresa. Annunciata, sospesa, rinviata per due anni, la fine del partito radicale prima maniera arriva per davvero con questo congresso in esilio: il primo che si ricordi dai tempi della clandestinità imposta dal fascismo, l'estremo paradosso di un partito che per dimostrare che in Italia la democrazia è •finta' va a tenere le sue assise in un Paese in cui l'autoritarismo mostra solo le prime crepe. «Per noi l'esilia era già comincialo qui. in Italia — spiega Pannella — conia cortina di ferro imposta dal sistema dell'informazione e della politica ufficiale-. -Partiamo, ma certo non ci ritiriamo sull'Aventino — avverte Giovanni Negri, per due volte segretario — e se qualcuno pensa di essersi liberato di noi. si metta il cuore in pace: tor- neremo'. Budapest era un approdo naturale, era già deciso da tempo anche lo scioglimento del partito, -e oggi si sorprende — insiste il leader storico del pr — solo chi non conosce gli ultimi anni di politica radicale'. In effetti, seguendo l'itinerario che porta al congresso, si scopre un nuovo personaggio: Pannella -in esilio in Italia', che cerca cittadinanza altrove, fra Strasburgo e il Terzo Mondo, stringe amicizie con i thatcheriani, si affaccia alle conferenze internazionali Africa-Caraibi - Pacifico - Comunità europea, mette il naso nei colpi di Stato del Burkina Faso. Quando il leader radicale, deciso ad esportare il «pannellismo», si affaccia per la prima volta al Parlamento europeo avverte un certo disorientamento. Ma bastano pochi mesi del solito lavoro infaticabile, fra interpellanze, raccolte di firme e confe¬ renze volanti, per vedere la novità. La ragnatela, che tutti a poco a poco cominciano a chiamare ironicamente la 'maggioranza Pannello', mette insieme metà del gruppo thatcheriano del Parlamento europeo con pezzi di socialismo francese, la stima di Mitterrand e l'amicizia dell'ex presidente del gruppo conservatore sir James Scott Hopkins, l'inizio di penetrazione nel -disgelo» dell'Est, dalla Jugoslavia all'Ungheria, con l'intervento vero e proprio nel futuro del continente africano. Pannella, all'estero, è diventato amico personale, -grandfrère-, -fratello maggiore', dell'ex presidente del Burkina Faso Thomas Sankarà, ha nominato vicesegretario del partito radicale il suo ex ministro degli Esteri Barie Guissù, ha stretto rapporti familiari col suo successore, dopo il colpo di Stato, Blaise Compaore. Ed è riuscito ad avere collaborazione dal gruppo democristiano al gran completo, avversario a Roma e a Strasburgo prodigo di complimenti. La legge per consentire ai candidati di nazionalità diverse di presentarsi ovunque in Europa, la proposta di consentire al Parlamento europeo di darsi regole costituzionali, il blocco del cambiamento del sistema elettorale a sei mesi dal voto, la convocazione (caduta nel vuoto) degli Stati generali per eleggere il presidente della Commissione: in un'assemblea priva di veri poteri, queste quattro mosse, appoggiate dalla solita maggioranza trasversale, hanno avuto un effetto concreto. 'Spinelli era un santone, io ottengo dei risultati-, s'è lasciato sfuggire Pannella, paragonandosi a uno dei «padri storici» dell'Europa in un momento di grande soddisfazione. . Poi, a poco a poco, la nostalgia dell'Italia s'è fatta sentire. L'Europa può andar bene, è un ambiente piacevole, ma in Italia, a lasciar libera la piazza, si rischia. Pannella non lo avrebbe mai ammesso, ha continuato fino all'ultimo a dire che i successi elettorali più recenti, da Catania al Friuli, sono suoi, se l radicali non avessero cominciato a ricordarglielo. Severamente, s'è fatto avanti Mauro Mellini, uno della stagione storica del divorzio e dei primi referendum: 'Io non ho mai condiviso questa storia dello scioglimento del partito, non sono mai venuto all'estero, neppure iìi Jugoslavia al consiglio federale, né verro a Budapest — ha detto —. Afe ne starò zitto fino a dopo le elezioni, poi parlerò. Ma gli elettori radicali, se vogliono farsi vivi prima, a chi devono rivolgersi?'. Sommessamente, anche la pattuglia dei parlamentari ha domandato consigli e chiesto il via libera per il passaggio nelle liste degli altri partiti: 'L'unità dei radicali si realizza sul piano transnazionale — ha spiegato l'ex presidente del gruppo parlamentare Francesco Rutelli —; il partito come tale in Italia non esiste più; ma chi di noi è interessato a lavorare qui per l'alternativa ha scelto la sua strada, per vedere se da tanta frammentazione può nascere qualcosa di nuovo-, E candidamente, solo Adele Faccio ha ammesso che il momento è difficile, che in qualche modo si tratta di ricominciare. I radicali hanno bussato a tre porte, i laici, i socialdemocratici e i Verdi, ma una sola s'è aperta. «C'è la sensazione di perdere spazio — sostiene la Faccio —. I giovani la avvertono di più. Per me, Pannella, Spadaccia o Mellini il rischio di uscire dal Parlamento non esiste. Per altri come Rutelli e Calderisi, arrivati in fretta in cima al¬ l'albero della cuccagna, rimane il problema di salire più in alto». Negri reagisce: 'Qualche moralistone, stupidone e un po' miope ce l'abbiamo anche noi. Ma vi pare che se volevo fare carriera andavo coi socialdemocratici?-. Così, dietro la facciata, un filo d'inquietudine attraversa il treno radicale in partenza. Pannella lo sa ma, come sempre, ha deciso di giocare la sua scommessa fino in fondo. Ai suoi compagni di partito ha detto chiaro e tondo che non si torna indietro. A chi ha espresso il dubbio che al fondo di tutto ci sia la vecchia rivalità fra lui e Craxi, ha risposto che è Bettino ad aver cambiato sponda, -a fare le campagne pro-ergastolo, pro-carcere per i drogati. Se vuole ritirarsi per un po'in Tunisia, sfogarsi e al ritorno cambiare idea, si può sempre ricominciare-. Poi è salito su un aereo ed è tornato a Strasburgo, a incontrare il Dalai Lama. E a elli gli ha chiesto, prima di partire, se non si senta solo: 'Certo — ha replicato — sono solo come all'inizio, quando feci il divorzio. Se mi considero, sono nulla. Se mi paragono, mi sento tanto. In trent'anni, ne ho visti che mi volevano ammazzare e poi sono passati come cadaveri...-. Marcello Sorgi