Una sentenza divide Palermo di Francesco La Licata

Una sentenza divide Palermo Polemiche fra i giudici dopo l'assoluzione della «cupola» della mafia Una sentenza divide Palermo I boss erano stati condannati nei primi due grandi processi - Il maxiter, che riguarda altre inchieste, potrebbe condizionare gli appelli PALERMO — -Le sentenze non si commentano. Se non si condividono si impugnano-, dice il giudice Giovanni Falcone, sfuggendo ai trabocchetti dei cronisti in cerca di reazioni al giudizio emesso dalla corte d'assise del maxiter, presieduta da Giuseppe Prinzivalli. A Palazzo di Giustizia qualcosa è accaduto: quella sentenza, che il boss Michele Greco ha definito «con tutti gli attributi', ha lasciato il segno. Sono in tanti a chiedersi se l'episodio è da considerarsi un fatto isolato, circoscritto. Se quelle assoluzioni sono il frutto di un atteggiamento che riguarda il giudice Prinzivalli e solo lui o se si tratta del risultato di una vera e propria corrente di pensiero che e portata a ribaltare tutti i principi che avevano consentito il fiorire della «stagione dell'antimafia». E' arrivato l'autunno? Siamo alla fine della -grande illusione-?, per dirla con le parole di Giuseppe Di Lello, giudice istruttore di quello che fu il pool antimafia. E' davvero la vittoria della piovra? Sono bastati pochi anni perché si ritornasse alle vecchie posizioni e si vanificassero intuizioni, risultati e sforzi costati il sacrificio di tanti uomini dello Stato? Forse un quadro dell'attuale situazione processuale può aiutare a capire quale sia la posta in gioco a Palermo. I processi che si stanno celebrando, quelli che si sono celebrati ed altri che si celebreranno fra breve sono la più macroscopica conseguenza di una particolare stagione che ha visto da un lato la mafia arrogante e potente tentare di avere il sopravvento sulla società civile e finanche sulle istituzioni; dall'altro una reazione dello Stato senza precedenti. Da questo scontro l'emergenza mafia, le grandi retate e i maxiprocessi che tante polemiche hanno suscitato per le loro dimensioni e perché per la prima volta venivano istruiti sulla scorta delle rivelazioni dei pentiti. Adesso, a che punto sono? Vediamo caso per caso. Maxiprocesso. E' nella fase dell'appello, dopo una sentenza di primo grado che diede credito ai grandi pentiti, Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno, Vincenzo Sinagra, Vincenzo Calzetta ed altri. Quella corte comminò 19 ergastoli e svariati secoli di carcere, riuscendo tra l'altro nella difficile impresa di rientrare nei termini previsti dalla procedura pur gestendo un dibattimento che non aveva precedenti nella storia giudiziaria. L'appello è in corso nell'aula bunker. Maxibis. E' il secondo grande processo alla mafia, scaturito dal filone originale (le dichiarazioni di Buscetta e Contorno) ma integrato dalle dichiarazioni di un altro pentito: Vincenzo Marsala, figlio di un boss che raccontò ai giudici anche l'intreccio tra mafia e politica in provincia. La sentenza fu ritenuta una stangata per la mafia. L'appello si sta celebrando ed è in fase avanzata: il giudi¬ zio è atteso per i primi di maggio. Maxiter. E' il processo che ha provocato il recente «scandalo»: 124 imputati accusati di costituire un unico gruppo di mafia responsabile di alcuni omicidi e del traffico internazionale degli stupefacenti. I pentiti? C'erano tutti, anche l'ultimo in ordine di tempo, Giuseppe Calderone. Ma il presidente Prinzivalli a volte ha creduto, a volte no. Sei ergastoli sono arrivati, ma sono arrivate anche molte assoluzioni con formula piena. Ed ecco il punto. Perché, si chiedono in molti sebbene gli elementi processuali fossero uguali a quelli del maxi e del maxibis, si sono registrate tante assoluzioni e con formula piena? Il timore è che. in sintonia con la prima sezione della Corte di Cassazione, a Palermo si stiano affermando tesi in contrasto con le teorie che hanno portato alle condanne dei primi maxiprocessi. Tesi che tolgono credibilità ai pentiti e mettono in dubbio la unicità del di¬ segno criminale di Cosa Nostra. Il timore, inutile nasconderlo, è impersonato dal giudice Prinzivalli che ha già al suo attivo più di una sentenza clamorosa: l'assoluzione per i boss accusati della strage di piazza Scaffa (in quella occasione la polemica fu ripresa anche dallo scrittore Leonardo Sciascia) e l'assoluzione per venti dei ventiquattro boss della cosiddetta mafia di Borgetto, mandati alla sbarra da un pentito rintracciato addirittura in Germania. Il timore e che gli sforzi della magistratura inquirente possano andare ad infrangersi sul muro ipergarantista dei giudici dei dibattimenti. Troppo recenti sono ancora gli esiti dei processi per l'uccisione del capitano dei carabinieri Basile e per la strage Chinnici: dalla Sicilia partono gli ergastoli che la Cassazione annulla per ben due volte. Ma e ancora più emblematica, forse, la sorte subita dal processo per la strage di piazza Scaffa, Prinzivalli assolve con formula piena, il presidente dell'appello assolve, si, ma per insufficienza di prove. La Cassazione annulla l'appello e dà ragione al giudice di primo grado. Che succederà, si chiedono molti, quando sarà la volta dei processi all'ex sindaco Vito Ciancimino e per gli omicidi Mattarella e La Torre, ultime propaggini di quel grande fiume che e stato U primo maxiprocesso? Francesco La Licata

Luoghi citati: Borgetto, Germania, Palermo, Sicilia