Morto Charles Vanel, comprimario di primo piano

Morto Charles Vanel, comprimario di primo piano Aveva 96 anni, lavorò con Carnè, Bunùel, Clouzot, Melville, Rosi - Tra i suoi film: «Vite vendute» e «Lo sciacallo» Morto Charles Vanel, comprimario di primo piano CANNES — Charles Vanel, decano degli attori francesi, si è spento l'altra riotte nell'ospedale Sunny Baitele di Cannes, dove era slato ricoverato. Vanel, nato a Rennes, aveva 96 anni. Non dobbiamo ricordarlo nelle vesti del vecchissimo protagonista di Si le soleil ne revenait pas, che Claude Goretta aveva ricavato da un romanzo misticheggiante di Ramuz, riducendolo a un mediocre dramma ecologico, manierato e stucchevole; ma in quelle, ben altrimenti corpose, sfaccettate, ricche di umanità, dei molti film che aveva Interpretato nei decenni precedenti. In quel film infatti, realizzato alle soglie dei 95 anni, Charles Vanel era stato un po' la replica imbalsamata di se stesso e dei suoi personaggi, un uomo privo di calore e di vita. Mentre prima il suo carattere si era manifestato appieno, creando delle figure a tutto tondo che rimangono nella memoria. Era nato a Rennes nel 1892 e ben presto aveva calcato il palcoscenico, con qualche incursione cinematografica negli Anni Dieci e qualche affermazione più significativa nel decennio seguente. Ma è con l'avvento del sonoro, in quello straordinario clima "realista» e «poetico» del cinema francese degli Anni Trenta, che Vanel si afferma attore dalle molte facce, duro e volitivo, ma anche tenero e sentimentale. Sotto la guida di J'alien Olivine r — c he gli fece interpretare un personaggio di grande calore umano in La bella brigata (1936) —, di Maurice Tourneur, di Feyder, di Marcel Carnè, di Christian-Jaque e di molti altri, egli seppe tratteggiare un vero e proprio campionario di caratteri incisivi. Raramente protagonista, il più delle volte comprimario o attore di secondo piano, Vanel ci ha lasciato un indimenticabile Javert nei Miserabili (1933) di Raymond Bernard, uno sfaccettato personaggio di malvagio in II corriere dello Zar (1936) di Richard Ei- chberg, e soprattutto un inconsueto e intenso innamorato in La legge del Nord (1939) di Feyder. Dopo la seconda guerra mondiale, avviandosi verso la sessantina, Vanel parve giungere a una maturità d'espressione, ad un maggior approfondimento psicologico dei personaggi, a una più controllata recitazione, da tratteggiare figure e caratteri di notevole evidenza drammatica. Basti pensare al capomafia Turi Passalacqua di In nome della legge (1948) di Germi, più «vero» d'un autentico siciliano, o al Jean di Vite vendute (1952) di Clouzot, il camionista amico di Yves Montand che morirà in un feroce diverbio con costui. Due interpretazioni, soprattutto quest'ultima, di alto livèllo: due caratteri cosi incisivi da conferire a quel volto rugoso, a quei gesti parchi, a quelle parole scarne, quasi monosillabiche, una forza drammaturgica rara. Lo si vide ancora in numerosi fi'-Tì girati in Francia' n Ita¬ lia — da II caso Maurizius (1953) di Duvivier a Maddalena (1954) di Genina, da / diabolici ( 1954) di Clouzot a Caccia al ladro (1955) di Hitchcock, da La selva dei dormati (1956) di Buhuel a La verità (1960) di Clouzot a La steppa (1962) di Lattuada — in parti secondarie ma straordinariamente efficaci. E lo si vide, nel 1963, nel ruolo di protagonista di Lo sciacallo di Jean-Pierre Melville, certamente la sua interpretazione migliore, d'una intensità, una malinconia, una autentica sofferenza esistenziale. Come se in quel personaggio di vecchio, giunto alla fine della vita, Vanel avesse ritratto se stesso. Invece continuò per altri 25 anni, con risultati spesso sorprendenti, anche se a volte un po' di maniera. E fu, tra l'altro, il padre dei Tre fratelli (1981) di Rosi: uno di quei personaggi così prettamente suoi da correre il rischio del eliche, e tuttavia riscattati sul pirr: > d'una umanità sofferta e autentica. GianiJ Rondolino Charles Vanel con Yves Montand in «Vite vendute» di Clouzot

Luoghi citati: Cannes, Clouzot