Non bisogna aver paura dell'orchestra Rai in tv di Ugo Buzzolan

Non bisogna aver paura dell'orchestra Rai in tv Le 4 Sinfoniche sacrificate in nome dell'audience Non bisogna aver paura dell'orchestra Rai in tv Sbagliato non far «vedere» la musica - Elogi per «Samarcanda» I killer delle orchestre. E' strano come la Rai, disponendo di quattro eccellenti orchestre sinfoniche, seguite da un pubblico affezionato e acclamate quando fanno una tournée all'estero, non le usi mai sul video. E sì che passano fior di concerti negli Auditorium: a Torino è in corso uno splendido ciclo sul decadentismo tra '800 e '900; a Milano qualche sera fa c'è stato il grande Magnificat di Petrassi, presente l'autore, festeggiatissimo. Passano fior di concerti che dovrebbero trovare posto sul teleschermo a beneficio di tanti spettatori che vogliono ascoltare e vedere — anche il vedere è importante — e per un'ideale costruzione di una storia della musica dal vivo. Ma i concerti in tv sono rari ed emarginati di mattina o di notte, e men che meno compaiono quelli delle sinfoniche Rai. Adesso si apprende che l'azienda mira, in modo vampiresco e strisciante, ad esautorare le orchestre per distruggerne due o tre (con relativi cori). Uno dei motivi: -Non fanno abbastanza indici di ascolto». Il che è ridicolo: prima non le utilizzano — mai, per nessun programma — poi dicono che non tirano l'audience. Questi smantellatori delle orchestre Rai — che pure profondono miliardi per va. :età colossali, banali o indecorosi — vanno fermati in tempo, e va aiutato chi, tra mille difficoltà, s'adopera per salvarle (con relativi cori). Ma non si decidono a farsi avanti sponsor illuminati che anziché foraggiare Baudo e Bongiorno vogliano ergersi a paladini di un patrimonio prezioso per l'umanità come la musica, e difenderlo dall'assalto proditorio dei killer? Fragole a Samarcanda. Di quando in quando, una trasmissione da elogiare. Ottimo l'ultimo numero di Samarcanda con un reportage sulla droga non fatto dì chiacchiere e di aria fritta, ma di dati precisi sui luoghi di produzione e sui boss e sugli intrallazzi e complicità internazionali del narcotraffico; e con un altro reportage sull'inquinamento quotidiano dei cibi che ci arrivano in tavola — compresi fragranti cestini di fragole conservate fresche con sostanze tossiche — di fronte a cui certe crociate contro il fumo reo di ogni male, crociate che co¬ minciano a spuntare anche in tv, rischiano di diventare solo segnali di fanatismo. Ridateci il mostro. Tutte le domeniche mattina c'è un ciclo di gialli Anni 30 di cui è protagonista Boris Karloff per la prima volta nella sua carriera nel ruolo positivo di un infallibile detective cinese. Intriganti i filmetti a dimensione teatrale e pieni di quell'irresistibile fascino che emana il cinema hollywoodiano di serie B; direi impeccabile Karloff se non fosse inaccettabile da chi l'ha visto sin dall'infanzia come simbolo dell'Efferatezza, del Mistero, dell'Orrore, indimenticabile Frankenstein e indimenticabile Mummia della storia del cinema, e della nostra vita. Il mostro che si redime perde d'interesse. La macchina al suo posto. Prosegue lo show della cosiddetta macchina della verità. Grazioso, divertente marchingegno con tanti fili e tanti pennini che registrano i trasalimenti delle persone più emozionabili: il suo posto giusto sarebbe quello di un baraccone di lunapark, a curiosità e sollazzo delle folle domenicali. Ugo Buzzolan

Persone citate: Baudo, Bongiorno, Boris Karloff, Grazioso, Karloff, Petrassi

Luoghi citati: Milano, Torino