Tanti sì alla svolta di Trentin di Stefano Lepri
Tanti sì alla svolta di Trentin Il leader della Cgil ha detto che anche gli operai possono sbagliare Tanti sì alla svolta di Trentin Ottaviano Del Turco: per il sindacato gli Anni Settanta non torneranno più, cade il dogma della classe e nasce una nuova solidarietà - Giorgio Benvenuto: il rifiuto del massimalismo riavvicina le tre confederazioni - Mario Colombo: finalmente si abbandona una «indistinta politica delle masse» ROMA — 'Compagni, gli Anni Settanta non torneranno mai più: è questo il senso della svolta, una vera svolta culturale, che abbiamo fatto": all'indomani della conferenza di programma della Cgil, Ottaviano Del Turco, segretario generale aggiunto, è soddisfatto ed emozionato mentre tenta di farne un bilancio. L'«operazione-verità» condotta da Bruno Trentin e da lui in pieno « ma non preordinato- accordo riscuote consensi, ed è una novità, anche dalle altre due grandi confederazioni sindacali. -E' un vero miracolo della politica italiana-, continua Del Turco, con vanto e un poco di ironia: ormai ci si è abituati a una politica che è lotta di tutti contro tutti, tra i partiti della sinistra spesso più che tra gli altri, e invece nella Cgil -comunisti e socialisti, demoproletari e senza tessera, radicali e cattolici di sinistra si sono riconosciuti in una stessa lineache non è né generica né conciliante, anzi demolisce vecchi tabù. Il vecchio dogma della solidarietà di classe, ormai vuoto all'interno e inzeppato di corporativismo cieco o di estremismo inconcludente, cede il posto a una solidarietà -su basi etiche, civili, democratiche- laicamente da costruire caso per caso -perché i confini della classe lavoratrice, i confini del lavoro sono mobili-, cercando di rintracciare un interesse collettivo sopra all'esasperazione di ciascun interesse particolare. I lavoratori che scioperando interrompono un servizio pubblico non possono più giustificarsi affermando che gli utenti capiranno, perché sono lavoratori anche loro. E' questo il motivo, come ha detto Trentin, per cui i camalli di Genova devono dialogare con i lavoratori delle aziende utenti del porto. -La nostra solidarietà — continua Del Turco — non è quella che vuole fare tutti uguali, ma quella che riconosce le diversità di ciascuno da ciascuno-. Un individualismo di sinistra fa capolino in qualche modo tra le coordinate culturali della relazione di Trentin. In concreto, per la prima volta la Cgil non si oppone a forme di contrattazione individuale del salario, sia pure entro certi limiti. All'intransigenza politica si sostituisce un'intransigenza morale. I socialisti della Cgil ritengono che dalla conferenza di Chianciano sia uscita una linea compiutamente riformistica (in modo implicito, ne rivendicano la primogenitura). Anche per Giorgio Benvenuto, segretario generale della Uil, «con il rifiuto del massimalismo da parte del suo leader Bruno Trentin la Cgil ha abbandonato la strada della protesta per quella della proposta. Ora le tre confederazioni sindacali sono su una lunghezza d'onda comune'. Alla Cisl non è sfuggita la nuova attenzione della Cgil ai diritti dell'individuo, al lavoratore come persona: il segretario generale aggiunto Mario Colombo dichiara che -le conclusioni di Trentin costituiscono una svolta che rende più probabile la ripresa del cammino unitario tra le confederazioni-. Finalmente "si abbandona una indistinta politica delle masse-. Lo «strappo» della Cgil, simile in partenza a quello del pei, sembra riuscito me¬ glio. Ma è davvero possibile che siano tutti contenti? 'No — risponde Del Turco —, quelli che io chiamo i guardiani della rivoluzione non sono stati contenti". Di fatto, cade il mito dell'unità della componente comunista. Trentin ha difeso con rigore il diritto al dissenso dell'ala massimalista capeggiata da Fausto Bertinotti, ma ha anche stabilito con chiarezza che la linea della Cgil è un'altra; combattiva, eppure diversa. Tutto risolto, comincia una stagione nuova? -Proprio perché si tratta di una svolta vera — dice Del Turco — sarà necessaria una battaglia politica per attuarla. Temo i riflessi condizionati dell'apparato burocratico del sindacalo. Temo la generazione sindacale cresciuta negli Anni Settanta,. he, siccome crede che prima o poi quei tempi torneranno, nel frattempo non vuole sporcarsi le mani in accordi con la controparte-. -E' duro a volte — conclude il segretario generale aggiunto della Cgil — convincere la gente che il processo della storia non è circolare. Questo modo di vedere le cose conduce di sconfitta in sconfitta. Dopo questa svolta vorrei che non ci fossero più tra noi dirigenti sindacali che si comportano verso i lavoratori come il pifferaio di Hamelin, portando tutti quelli che gli vanno dietro ad annegarsi nel fiume". Stefano Lepri
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