L'antico culto dei bottoni
L'antico culto dei bottoni L'antico culto dei bottoni L'origine dello sfizioso oggetto si perde nella notte dei tempi. Qualcuno azzarda l'ipotesi che, forse, quelle pietre preistoriche con due buchini al centro, erano i bottoni dei cavernicoli. Ma, se così non fosse stato, più certo è che, per chiudere gli abiti, i nostri avi usavano la parte più larga delle ossa delle zampe del pollo che «cucivano» alle pelli con strisce di cuoio. Ma se anche questa tesi non è convincente (resta difficile intravedere nelle zampe di un pollo la bozza di un bottone) allora bisogna arrivare sino al Medioevo prima, e al Rinascimento poi, quando gli abiti di gala erano ornati dai tondini di metallo più o meno prezioso . «Attenzione», dice Vittoria de Buzzacarin, «parliamo di bottoni della moda e non della corsetteria che hanno un'altra storia». E se in quei casi i bottoni erano puramente ornamentali, in giacche, giubbe, casacche e gilet per uomo avevano la funzione che hanno tutt'ora: chiudere gli abiti. Da principio erano in metallo, poi col tempo gli artigiani inventarono bottoni con miniature sottovetro, incorniciati di rame, che venivano fissati all'asola con mente tappe importanti, si arriva ai primi del Novecento, quando in Italia la produzione e il mercato di bottoni erano più che fiorenti, per passare agli anni dello «jais nero» che accompagna la «bijouterie noire» di gran moda all'epoca. Interessantissime poi le plastiche che hanno permesso (galatite, bakelite, na chiudono gli stivaletti e le scarpe e verso la fine del secolo s'iniziava l'era del «cozoro», un materiale ricavato dai semi di un frutto australiano che i boemi (signori incontrastati dei bottoni in legno, osso, stoffa) trovarono adatto ad ogni lavorazione e colorazione. Andando avanti nei decenni, saltando probabil¬ una catenella, utilizzabili quindi per più capi. E' verso la fine del '600 che in Inghilterra nascono le prime botteghe artigiane e nel '700 le prime fabbriche che danno vita ad un fiorente mercato. E' di quell'epoca la madreperla e di poco dopo gli smaltati e i ricoperti di tessuto e filo. Nell'800 i bottoni a palli¬ celluloide) per la loro duttilità, le forme più svariate, soprattutto negli Anni Trenta. Ne sa qualcosa la stilista Elsa Schiapparelli che sugli abiti ha fatto danzare cavallini e clown di bottoni, disegnati da Salvador Dalì. Negli Anni Cinquanta ecco un altro colpo d'estro: la mitica Chanel si distingue scegliendo per la sua eleganza perle montate su metallo. E se negli Anni Settanta i bottoni hanno dormito un lungo sonno ora non più. Tornano belli ed intonati più che mai, insomma -alla grande» su tutte le collezioni di più o meno famosi stilisti. Un giusto riconoscimento ad un oggetto che ha fatto la fama di molti. «Negli Anni Cinquanta-, ricorda Vittoria de Buzzacarin. -i nostri artigiani andavano alle sfilate di Parigi, adocchiavano i bottoni proposti e al ritorno in Italia li ricreavano». Un artista del bottone era Giuliano Fratti che aveva il laboratorio in via Montenapoleone a Milano. Fratti racconta sempre di quando un famoso sarto venne da lui per scegliere una serie di bottoni e ne vide uno nero che lo colpì, ma in quel momento non aveva un abito che si adattasse.
Persone citate: Buzzacarin, Elsa Schiapparelli, Fratti, Giuliano Fratti, Salvador Dalì
Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Milano, Parigi
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