Gli sconfitti dell'89 con rabbia: tutta colpa di Robespierre

Gli sconfitti dell'89 con rabbia: tutta colpa di Robespierre La Rivoluzione francese nelle memorie degli esiliati, dopo la Restaurazione: un'originale ricerca di Sergio Luzzatto Gli sconfitti dell'89 con rabbia: tutta colpa di Robespierre ALLA Restaurazione, in Francia, la monarchia borbonica ebbe la mano pesante nei confronti di quei membri della Convenzione rivoluzionaria che, oltre ad aver votato per la condanna a morte di Luigi XVI, avessero anche aderito e dato appoggio a Napoleone durante i cento giorni seguiti alla fuga dall'isola d'Elba. Fu così che circa 150 convenzionali furono esiliati a vita. La maggior parte di essi trovarono rifugio a Bruxelles, sebbene si trattasse di rifugio recalcitrante ad accoglierli con un minimo, se non di cordialità, almeno di pietà umana. Quei profughi, infatti, si trovarono circondati da un ambiente ostile, che quanto meno li ignorava, e inoltre maniacalmente inseguiti dalla sorveglianza di tutte le polizia d'Europa. E' questo gruppo di ex rivoluzionari, sul quale era finora quasi inesistente una letteratura critica, che Sergio Luzzatto ha fatto oggetto di una ricerca originale, Il Terrore ricordato, condotta con tutti i crismi di una documentazione di prima mano e della più attenta acribia; e lo ha studiato e fatto rivivere, nelle sue distinzioni interne, attraverso il prisma dei loro ricordi. Le distinzioni sono importanti: tra quegli ex rivoluzionari ve n'erano che erano stati girondini, altri generici montagnardi ed altri ancora accesi giacobini. Non si creda infatti che, secondo uno schema generico quanto impreciso, la Montagna fosse stata tutta composta da giacobini: questi ultimi ne avevano rappresentato soltanto la parte più radicale; gli altri, pur distinguendosi nettamente dai girondini, erano stati assai più moderati e non avevano aderito al Terrore. Ciò spiega come, anche nell'esilio, quei profughi continuassero a dilaniarsi in divisioni, odi. antipatie e idiosincrasie reciproche, retaggio di un periodo infuocato che aveva visto scorrere tanto sandistinte categorie, dovendosi piuttosto seguirne le fisionomie e le prese di posizione singolarmente, nelle ragioni personali che spiegano, in questo o quel convenzionale, la scelta e l'atto della memoria. Un materiale, dunque, da trattare con criteri qualitativi piuttosto che inseguendo male intese obbiettività quantitative. Certo, nella persistenza della dialettica tra Monta¬ gna e Gironda, oltre che nella collaborazione offerta a Napoleone da certi convenzionali, che non avevano esitato ad accettare cariche e cordoni imperlali, va identificata la gue. E ciò giustifica appieno il sano criterio adottato da Luzzatto nel ricostruirne le vicende durante il loro esilio, quando afferma l'impossibilità di raggrupparli meccanicamente in vera sorgente delle durature incomprensioni. Eppure qualcosa continuava ad unirli, persino al di là delle distinzioni tra girondini e montagnardi: la difesa della guerra rivoluzionaria, innanzi tutto, viatico indispensabile al successo della Rivoluzione; e poi lo stesso regicidio, considerato come meritato, e in ogni caso inevitabile frutto delle circostanze. Ma è sul Terrore e sulle figure di Ro¬ bespierre e di Saint-Just che continua a riversarsi l'odio, non solo, naturalmente, dei girondini, ma anche degli stessi montagnardi più moderati. Nella valutazione pesantemente negativa del significato storico dell'esperienza robespierrista la memoria montagnarda trovava un importante punto di contatto con la memoria della Gironda. Espulsi dal presente, fu in quello stesso passato che veniva rinfacciato come crimine, che alcuni tra i convenzionali trovarono l'estrema ragione di vita: preziosa arte della memoria, capace di prolungare tale passato — sia pure con le sue ombre, per alcuni molto fosche — riempiendo in qualche modo il vuoto di un presente altrimenti insopportabile. Sottili i giochi del ricordo e dell'oblio, che costringono lo storico ad applicare ai ricordi degli ex convenzionali in esilio il beneficio dell'inventario. C'è chi ricorda per ribadire, chi ricorda per capire, ma anche chi ricorda per dimenticare. Sfilano in questi diversi atteggiamenti uomini notevoli, che avevano avuto una parte importante nelle vicende rivoluzionarie: da Bailleul a Barbaroux, da Barère a Baudot, da Billaud-Varenne a Boissy d'Anglas, da Brissot a Cambon, da Carnot a Chasles, da Chodieu a David, da Dubois-Crancé a Gregoire, da Lanjuinais a La Revellière-Lépeaux, da Lepelletier a Levasseur, da Sieyès a Thibaudeau. Nell'insieme, le memorie degli ex convenzionali in esilio vanno da un atteggiamento di rivendicazione dei fatti rivoluzionari a quello più diffuso della presa di distanza e della delusione, se non addirittura della condanna: per alcuni, infatti, la lezione da trarre da quell'esperienza è che le rivoluzioni sono Inutili, e quindi dannose: dopo che negli anni successivi al 1789 si era imposta una barriera ad ogni possibile gradazione, la precedenza della pedagogia sulla politica rappresenta la rivincita del gradualismo sull'impossibile palingenesi in un giorno solo; la primavera del mondo ottenuta grazie al colpo di vento che libera l'albero dai frutti bacati lasciandogli i sani, si era evidentemente rivelata utopistica. Libro affascinante, questo di Luzzatto; del quale sarebbero anche da ricordare con qualche ampiezza, se lo spazio lo consentisse, alcuni capitoli assai suggestivi, come quello sulle reazioni degli ex convenzionali ai primi storici della Rivoluzione come Thiers e Mignet, o l'altro sul mercato delle memorie, che si diffonde nella Francia della restaurazione e che comporta l'affiorare di una pletora di mestieranti del ricordo, con interpolazioni, rifacimenti e addirittura falsificazioni e invenzioni di memorie; e infine il paragrafo sui professori della Terza Repubblica e sul loro modo di studiare la Rivoluzione francese. Paolo Alatri Sergio Luzzatto, -Il Terrore ricordato. Memoria e tradizione dell'esperienza rivoluzionaria-, presentazione di Michel Vovelle, Marietti, VI II-174 pagine, 19.000 lire. La conquista del Palazzo delle Tuileries (20 giugno 1792)

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