L'espressivo pennello di Ettore Fico di Angelo Mistrangelo

L'espressivo pennello di Ettore Fico Ad Alessandria le tele del pittore che donava ad Arpino «spirali di assoluto» L'espressivo pennello di Ettore Fico ALESSANDRIA — L'arte piemontese ritorna nelle sale eli Palazzo Guasco, in via dei Guasco 49. con 35 dipinti e pastelli di Ettore Fico. Promossa dal Comune e dalla Cassa di Risparmio di Alessandria, questa personale rappresenta 50 anni di pittura, che dalla frequentazione dello studio di Luigi Serralunga si e trasformata per dare corpo a una figurazione dal robusto impianto compositivo, come nella -Natura morta- esposta alla Quadriennale di Torino del 1964. Accanto alla salda definizione degli oggetti su di un tavolo, si potevano allora osservare -Il pesce d'oro» di Martina e il -Carnevale- di Francesco Casorati. Tabusso e le -Due figure in un giardino» di Mauro Chessa, Campagnoli e Ajmone. Ramella. i bucrani di Soffiantino, l'astratto-informale Ruggeri. Amici e artisti da sempre, compagni di pomeriggi primaverili nella quiete della casa di Castiglione Torinese, tra il glicine e il girovagare del fedele Moretto, tra un barattolo di colore e una tela accesa dai rossi di una salvia. Fico appartiene a questo nostro tempo di imprese tec- nologiche, ma nelle sue opere si avverte un pieno, costante, determinante incontro con la natura, con silenzi di albe luminose, di giardini al tramonto, con il rarefarsi della luce e l'avanzare delle ombre sul cancello, sull'albero di susine, sul tavolo blu. Da queste atmosfere emergono i segni indelebili di un mondo di impercettibili vibrazioni, di fremiti vitali. perché — ha detto Arpino — -il suo glicine, la sua lavanda, certi scorci di prati appartengono alte nostre visioni autentiche, ma vertiginosamente salgono in spirali di. assoluto, clic riscattano il buio, il veleno, la nera terrestrità della nostra vita-. L'itinerario espositivo, accompagnato dal catalogo della Fabbri Editori, con critica di Pino Mantovani, si snoda dalla materica pennellata di -Paesaggio invernale» (1964) alla "Sedia» del 1970; dalla suggestione della -Natura morta con aragosta» del 1971 all'interno dello studio sino a -Porta rossa. Omaggio a Reycend» del 1977, dall'accen '^ne del -Campo di Papaveri del 1983 a-Giardino e muro bianco» del 1989. Impressioni, rievocazioni, sensazioni, sono proprie del linguaggio di Fico, di quell'essere espressione del tessuto culturale torinese, di quel suo ritrovare le segrete cadenze di una frase, di un glicine che il «tocco» del pennello rende mediante l'incanto della cascata dei viola lievi e diafani, mentre scandisce paesaggi vividi di rossi, di verdi, di gialli e, a tratti, l'arcobaleno compare all'orizzonte per poi dissolversi, incorporeo nel blu del cielo. Dedicata a Luigi Carluccio, questa mostra documenta la vicenda di Fico che ha esordito nel 1936 agli «Amici dell'Arte», per trovare, in seguito, riscontri alle rassegne del Circolo degù' Artisti, dove nel 1955 gli fu assegnato il Premio Follirii, alla Quadriennale di Roma, alle gallerie -La Bussola» e «La Parisina» a Torino. Paesaggi, giardini e colori, costituiscono il bagaglio di un artista che ha attraversato le avanguardie tra le due guerre, che ha guardato, essenzialmente, alla pittura quale tramite per trasmettere i sogni dell'uomo, le sue attese, l'aprirsi di un sorriso nello stupore del giorno che s'alza a cancellare l'angoscia del vivere. Angelo Mistrangelo II pittore Ettore Fico nel suo studio. I suoi paesaggi sono visioni della campagna piemontese

Luoghi citati: Alessandria, Castiglione Torinese, Roma, Torino