Piero for President di Emio Donaggio

Piero for President Chiambretti Piero for President Questo Chiambretti di nome Piero piace. Pressoché irresistibile, dilaga. Moltitudini di sessantottini, vedono in lui la provocazione dell'effimero sempre sognata per combattere il logorio della borghesia moderna. Milioni di telespettatori lo accolgono come lo spirare di un grande vento dissacratore che non affonda vascelli, ma disperde comunque coreograficamente le nubi casalinghe. Ormai da tempo è semplicemente Chiambretti. La popolarità ha cancellato il banale Piero che lo precedeva. Anche sul «Radiocorriere» è soltanto più Chiambretti, mentre Biscardi mantiene senza scampo l'Aldo, Kalambay fa addirittura Patrizio e Sumbu, con molta ostinazione Odeon si dice Tiwù. A Pasquetta (era Show natalizio «slittato») di Chiambretti s'è visto «il suo meglio- nello sport, più di come si soleva fare per «Drive In», meglio di quanto si è celebrato «Biberon». Diabolico Calimero di fede granata, s'è scagliato in mezzo al campo con giusta ferocia verso i calciatori bianconeri e con autentico sprezzo del pericolo tra quelli napoletani. Non ha avuto rispetto neppure per Maradona. Che poi, nel privato, va preso cosi: per i fondelli. Chiambretti, chi era costui? Per Sacchi, allenatore dei diavoli rossoneri, è come dire Belfagor: un satanassino fastidioso che non sta alle regole e quindi pur sempre da considerare diavolo. Per Maradona, uno choc: ma come? Io viaggio in jet privato e arriva un pedone trafelato a farmi 11 verso? Chiambretti. Una marca di acido televisivo, nel senso di quel vetriolo che vendono oggi. Un tempo i gangsters lo gettavano in faccia alle amanti infedeli e le deturpavano per sempre: corpi di Marilyn con le sembianze Boris Karloff; adesso, dopo il primo lancio corrosivo, si sentirebbero dire: «Ancora un po', giusto per completare la ceretta», visi da Olivero Beha sul tailleur di Athina Cenci. Ogni epoca televisiva, ha il suo tipo di acido. Il tipo Chiambretti, nello sport, è stato senz'altro agevolato dallo statuario Galeazzi (che fa Giampiero e si arrabbia ogni quattro anni durante le telecronache olimpiche di canottaggio) e dall'immarcescibile Pizzul che, nelle cronache, perde sempre più spesso il Bruno ma per via dell'impassibilita che sa mantenere anche in presenza di tragedie belghe. Nella vita quotidiana televisiva, siamo invece noi a fare del nanetto scalciante un gigante giustiziere. Belfagor infatti, non ci perdona la nostra ansia di protagonismo, la smania di videoconcorrere, il forsennato e mai domo impulso di fare ciaociao con le manine davanti alle telecamere. Più sono le nostre gaffes. più lui ci esalta. E più noi andiamo a rotoli, e più lui svalanga giù con i detriti televisivi più riprovevoli. Contento. Sentito dire in giro che Chiambretti andrebbe bene dentro «Greenpeace», sarebbe un buon timoniere deU'«Arca», certo un barista più alcolico del Minoli di «Mixer», e tacciamo di «Domenica in», ma perché non scaraventarlo a «Lascia o raddoppia"?», e al seguito dei pompieri, nel pronto soccorso di «Camice bianco», censore di un giorno in Pretura, quotidiano confessore di segreti con la Sampò e... Chiambretti. Questo Chiambretti che piace e dilaga anche in queste righe. Chiambretti for President! Parafrasando Che Guevara. si può auspicare: ■■Dobbiamo creare non uno, ma cento, mille Chiambretti». Forse. Emio Donaggio

Luoghi citati: Pasquetta