La moglie tradita di Mayerling

La moglie tradita di Mayerling CENT'ANNI DOPO, UNA BIOGRAFIA RILANCIA LA PROTAGONISTA DIMENTICATA La moglie tradita di Mayerling Fu trascurata dagli storici la bella Stéphanie, sposa dell'arciduca Rodolfo che uccise la giovane amante e si sparò - Ora un libro racconta la sua storia, svela retroscena, illumina meglio alcuni personaggi - L'imperatore Francesco Giuseppe, la mitica Sissi e la ricerca d'una fidanzata per il focoso figliolo - «Spesso succedeva che il principe non rientrasse prima dell'alba e in uno stato deplorevole» - Dopo il «giallo», una nuova vita PARIGI — Un profilo perfetto, un viso aggraziato, più affascinante di quanto appaia nelle foto e nelle incisioni d'epoca. Stéphanie, altezzosa e quasi bella, è la moglie tradita nel giallo di Mayerling. Anche nel centenario della tragedia che, più di molle altre, scosse il trono degli Asburgo, l'hanno trascurata, come pure i registi che dalla vicenda si lasciarono ispirare. Stéphanie era la consorte dell'arciduca Rodolfo, l'erede al trono austriaco che il 30 gennaio 1889 concluse con il suicidio i suoi giorni in quel famoso padiglione di caccia, avendo accanto a sé, compagna nella morte, la baronessina Maria Vetsera, l'amante di diciassette anni. A Stéphanie gli storici, alleile i più meticolosi, non hanno dedicato che un'espressione formale di compatimento; è già molto che non le abbiano addebitato colpe nascoste, come a dire che. se si fosse data un po' più da fare, Rodolfo avrebbe probabilmente rinunciato al tour de force da un'alcova all'altra, che lo impegnava quasi quanto la passione per la caccia. Forse, insomma, quella tragedia non sarebbe avvenuta. E' giunta ora nelle vetrine parigine una biografia alla quale una ricercatrice paziente e accurata come Irmgard Schiel è riuscita a infondere quasi il tono di un'arringa. Con il titolo Stéphanie, princesse heritière, dans l'ombre de Mayerling, edizioni Duculot. la Schiel dà la parola a Stéphanie un secolo dopo Mayerling e la fa risplendere in copertina, con la bellezza classica d'un cammeo. La principessa, detta ai tempi delle nozze con Rodolfo — celebrate il 10 maggio 1881 — -la rosa del Brabante», per la bellezza un po' acerba, non era un asparago. Tale invece parve a Rodolfo quando se l'era trovala davanti la prima volta. Abituato a bellezze sode e un po' abbondanti, che nell'approccio andavano per le spicce, Rodolfo aveva guardato la ragazza con perplessità. Al padre, l'imperatore Francesco Giuseppe, e alla madre. Elisabetta, la mitica Sissi, aveva poi detto: «E' secca, lunga e piatta come un asparago». Reperire una moglie per il focoso Rodolfo non era stata impresa da poco. A Dresda, alla Corte dei Sassonia, aveva conosciuto la principessa Mathilde, e non ne era rimafilo per nulla entusiasta. Giorgio di Sassonia e sua moglie. Anna di Spagna, gli erano sembrati cosi bigotti da atterrirlo; Mathilde, grassa e sciocca, vestita di nero come un parroco, gli aveva aveva fatto venire in mente «un salsicciotto». Francesco Giuseppe voleva comimque che la successione fosse garantita. Spedi il figlio a Madrid; la regina Isabella aveva due figlie, due in- fante. Maria de la Paz ed Eulalia Francisco. Rodolfo scoprì che la regina di Spagna era più brutta di quanto non avesse immaginalo e le figlie rassomigliavano troppo alla madre. Trovò anche qui un pretesto per accomiatarsi e rientrare in Austria. Quella notte Rimaneva da compiere un sondaggio alla Corte del Belgio, anche se gli Asburgo avrebbero preteso per l'erede al trono qualche cosa di più prestigioso dei Coburgo. Stéphanie, figlia sedicenne di Leopoldo II e della regina Marie-Henriette, era un discreto partito. Questa volta a Rodolfo non restava via d'uscita. L'imperatrice Elisabetta era a Londra, in una turbinosa girandola di mondanità, a destreggiarsi fra un invite della regina Vittoria e una caccia al cervo, quando ricevette un telegramma. Con i funesti presagi che contraddistìnsero la sua esistenza, Elisabetta esitava ad aprirlo, poi, leggen¬ dolo, sospirò: -Il principe ereditario si è fidanzato con la principessa Stéphanie ' del Belgio». «Dio sia lodato, almeno non è una sventura!", commentò accanto a lei la contessa Fcstctics. L'inquieta Sissi era a Parigi quando un altro telegramma le annunciò che le nozze del figlio erano fissate per ilio maggio. Questo frequente uso del telegrafo per apprendere notizie di famiglia, la dice lunga sui rapporti, quasi inesistenti, fra Rodolfo e la madre. Ma se lo sposo era uno scapolo assetato di avventure, la futura sposa era abbastanza sprovveduta, con un'educazione che l'aveva fatta un po' freddino, quasi insensibile a qualsiasi segnale le giungesse dall'altro sesso. Collezionista di delusioni nell'adolescenza, ne ebbe una, cocente, la prima notte di matrimonio, notte a cui ne seguirono altre peggiori. La nascita d'una bimba, il 2 settembre 1883, chiamata Elisabetta per compiacere Sissi, non salvò il matrimonio, compromesso dal fatto che Stéphanie non avrebbe potu¬ to avere altre gravidanze, per cui un erede maschio era impensàbile. Dal 1881 al 1883, Stéphanie e Rodolfo vissero a Praga, dove il principe s'impratichiva nel comando militare, ma in genere trascorrevano l'estate a Laxenburg, dov'era nato Rodolfo e dove vide la luce anche la piccola Elisabetta. In quel periodo non mancarono sprazzi di gioia. «Stéphanie è come se non fosse successo nulla, fiorente come sempre, scriveva Rodolfo. e la piccina è un terremoto, pesa sette libbre, ben costruita, robusta, con molti capelli sul capo, molto vivace, strilla tremendamente, e succia moltissimo e senza tante cerimonie". Riferendosi a Rodolfo — Irmgard Schiel ha ben lavorato negli archivi, tra i carteggi, soprattutto dalla parte della famiglia reale belga — Stéphanie annotò con malinconia: «Moito spesso succedeva che il principe non rientrasse prima dell'alba e in uno stato deplorevole. In queste condizioni la vita in comune era diventata impossibile, tut¬ to il mio essere vi si opponeva». La reazione di Stéphanie davanti ai torti subiti e a ciò che dovette «trangugiare prima e dopo Mayerling", appare umana e logica. Rodolfo traspare da ogni riga lontano dal ritratto che a Vienna tendevano a conservare di lui, e anche dal giudizio indulgente di autori, come Giuseppe A. Borgese che negli Anni Venti, ricostruendo i fatti di Mayerling, scrisse: "Gli stravizi di Rodolfo restano in massima parte ipotetici, mentre e documentato il suo ponderoso e quasi incessante lavoro quotidiano. Le cure per l'enciclopedia austroungarica durarono fino all'ultimo suo respiro-. L'allarme E' un riferimento a quell'impresa editoriale che nell'ultima dispensa riveduta dal principe, la numero 77. conteneva, si dice, le figure di due trasporti funebri, di un giovane e di una fanciulla, cosi come la prima parte del fascìcolo avrebbe recato il titolo Tod-Trauer tmorte-luttoi, ma sia Rodolfo, sia la Vetsera erano ossessionati dai presagi, come gli Asburgo. Stéphanie era stata la prima a lanciare un segnale d'allarme sulle deteriorate condizioni fisiche e morali del marito, ma nessuno si curo di ascoltarla e le sue angosciose lamentele finirono per seccare Francesco Giuseppe. Il lampo di Mayerling per Stéphanie è liberatorio, sbocco violento e traumatizzante a una situazione insostenibile. Fu urgente togliere di mezzo la salma della Vetsera. seppellire Rodolfo nella cripta di famiglia, dimenticare. Nel clamore dello scandalo. Stéphanie rimase nell'ombra. Si salvo dalla nemesi degli Asburgo con un grande sforzo; in fondo non faceva parte di quella famiglia clic l'aveva spesso considerata un'intrusa. Con il secondo marito, Elemer Lonyay. sposato nel 1900. trovo la serenila, quasi la felicità supponendo che esista. Mori ottantenne all'inizio del 1945 nel castello di Owszvar. in Ungheria. Sua figlia, Elisabetta, sposatasi nel 1902 con il principe Otto WìndischGraelz, divorziò per unirsi in matrimonio nel 1948 con il deputato socialdemocratico Lcopold Petznek. Stéphanie e la figlia resistettero, come del resto la madre della Vetsera, alle profferte degli editori assetati di rirelazioni. Per Stéphanie fu forse più difficile rifiutare: che sapesse tenere la penna era dimostrato, oltre che dalla pregevole attività intellettuale degli anni di vedovanza, quando coltivò pittura e musica, anche da un libro. Lacroma, cosi intitolato dal nome dell'isola dalmatica cara a Massimiliano e a Rodolfo. Riuscì cosi a confinare in un angolo dell'anima -l'ora più buia della lunga notte degli Asburgo-, come diceva, alludendo a Mayerling. l'ultima imperatrice Zita, scomparsa la settimana scorsa e sepolta a Vienna nella solita cripta, vicino a Cecco Beppe, Sissi. Rodolfo e a tutti gli altri della saga imperiale. Renzo Rossotti Stéphanie del Belgio adolescente. A destra, la principessa ritratta accanto al marito, l'arciduca Rodolfo, figlio dell'imperatore Francesco Giuseppe e della mitica Sissi