Una gran bella famiglia il più onesto è un ladro di Masolino D'amico

Una gran bella famiglia il più onesto è un ladro Commedia di Ayckbourn a Rona con un bravissimo Sergio Fantoni Una gran bella famiglia il più onesto è un ladro Il regista Però trasferisce in Emilia la vicenda di Walter e dei suoi parenti uniti dal crimine ROMA — Purché tutto resti in famiglia, che nell'allestimento della Contemporanea 83 ha felicemente debuttato l'altro ieri al Teatro Quirino di Roma, appartiene alla produzione più recente di Alan Ayckbourn e accentua quella nota amara già avvertibile sotto l'umorismo dei testi degli Anni Sessanta e Settanta finora visti qui da noi. Con gli anni l'ottica in cui il cinquantenne autore contempla il suo oggetto di studio preferito, ossia il medio e piccolo borghese britannico, solitamente di provincia, nelle sue piccole ambizioni e nei suoi piccoli sotterfugi, si è venuta facendo più disillusa, e gli episodi narrati, spesso riti sociali (pranzi di amici, gite sul fiume, riunioni di assessori comunali, prove di filodrammatiche), hanno cominciato a contenere fatti violenti, talvolta addirittura delitti. La famiglia che campeggia nel titolo del lavoro odierno possiede e gestisce una fabbrica di mobili la cui direzione passa dal vecchio patriarca ormai anziano e sclerotico al genero Walter, uomo retto e grande lavoratore. La festa in onore di Walter viene sciupata dall'arrivo di un investigatore privato, la figlia più piccola del nuovo direttore è stata infatti scoperta mentre taccheggiava in un supermarket e ha aggravato le cose fornendo false generalità. Walter affronta la circostanza con l'intransigenza consueta, ma rovesciando la pietra scopre un brulichio di vermi infetti: tutta la famiglia infatti a sua insaputa è dedita a traffici illeciti, spesso addirittura a danno della ditta; e quella che era partita come un'opera moralizzatrice, non potendo ovviamente Walter sancire il crollo dell'azienda e l'arresto di tutti i suoi numerosi con- giunti, finisce per diventare una riorganizzazione e un rilancio dell'attività comune nel segno dell'illegalità. La commedia è quindi innanzitutto la storia dell'educazione di Walter alla filosofia dei suoi parenti d'acquisto, e ha momenti capitali come il dialogo col suocero nel bagno di costui, ovvero la scena in cui la figlia ladruncola e drogatella spiega senza trovare obbiezioni di fare quello che in casa fanno tutti (padre escluso); o ancora quella con le donne che con disinvoltura uccidono, in un altro bagno, l'investigatore ormai depositario di . troppi segreti scottanti. Dal riassunto si sarà capita la ragione per cui ad onta di gravi difficoltà di cui diremo subito, questa commedia è apparsa importabile, il tema dell'unità familiare nel segno del crimine risulta in¬ fatti tutt'altro che ostico agli italiani, e trasferendolo in una innominata, grassoccia cittadina dell'Emilia il gustoso adattamento di Roberto Buffagni e Nanni Garella non fa una grinza; già in altre occasioni il regista Franco Però aveva dimostrato come il dialetto sia talvolta prezioso per recuperare quel calore e quel senso di verità che le traduzioni tanto spesso smarriscono. Meno riuscita la soluzione al secondo problema, che è di questo testo in particolare. Autore che di solito racconta con linguaggio tradizionale ma con una trovata o come forse si può dire meglio con una scommessa scenica, ogni volta diversa, Alan Ayckbourn concepì A Small Family Business in funzione di una scenografia molto complessa, consentitagli dal più grande dei tre palcoscenici del National Theatre, di cui allora (1987) era uno dei direttori. Qui coesistevano gli spaccati di ben due case a un piano, di cui vedevamo contemporaneamente ingressi, tinelli, cucine e camere da letto, e l'azione si svolgeva qua e là: lunghi tratti, ovviamente, in un ambiente solo, ma scene brevi o parti di scena in luoghi diversi. Una struttura simile è improponibile nel nostro contesto, in cui gli spettacoli sono costretti a viaggiare, Però ha quindi chiesto allo scenografo Antonio Fiorentino la semplicità, ossia un luogo in grado di diventare i vari luoghi richiesti successivamente. La conseguenza non danneggia le scene madri, ma ci sono momenti che risultano troppo esili per giustificare i siparietti e l'affanno degli attori, costretti ad accelerare il ritmo per star loro dietro (la fretta indebolisce per esempio un'occasione di grande effetto come l'assassinio dell'investigatore), n copione può quindi sembrare zoppicante, mentre non lo è affatto. In testa agli ottimi interpreti Sergio Fantoni, che spiritosamente si integra in un gruppo affiatato i cui punti di forza sono Enrico Ardizzone patriarca finto svampito, Ruggero Cara investigatore sudaticcio, Annalisa Costantino orribile adolescente, Stefano Lescovelli perso dietro ai suoi hobbies; bene anche Bruno Armando, bene la grintosa e piccante Imma Piro, bene il coro delle altre donne, Marina Zanchi, Paola Piccinato, Laura Panti, e Claudia Della Seta, in una parte forse un po' piccola per il suo talento. Pubblico lieto dopo la prima parte (Ih 10'), un pò stanco dopo la seconda (Ih 5'); ma con le repliche il meccanismo migliorerà. Masolino d'Amico Fantoni nell'amara commedia di Alan Ayckbourn

Luoghi citati: Emilia, Roma