Tra i segreti dei vulcani di Giovanni Bianconi

Sica: «Appalti ai Costanzo? Decida il ministro Vassalli» Il commissario spiega perché ha dato il nulla osta all'impresa Sica: «Appalti ai Costanzo? Decida il ministro Vassalli» «I costruttori catanesi sono solo indiziati e non imputati in un processo di mafia» ROMA — La lettera di Sina e del 30 settembre '88, indirizzata al ministro della Giustizia Vassalli. In poche righe l'AJto commissario antimafia scrive che «nulla osta» a che una ditta dei fratelli Costanzo (sospettati dai magistrati siciliani di collusioni con le cosche) partecipi alla costruzione del carcere catanese di Bicocca. Ma. aggiunge Sica, l'ultima decisione spetta al ministro: -In relazione a quanto precede valuterà la Signoria Vostra l'opportunità di intervenire o meno presso la competente Direzione generale perché si dia luogo alla realizzazione dell'opera di cui trattasi». E' una storia cominciata più di un anno fa, sulla quale ora i radicali hanno presentato un'interrogazione parlamentare. Chiedono che Sica smentisca di aver avallato un appalto a favore di Carmelo Costanzo, perché un simile episodio, metterebbe -pesantemente in discussione la credibilità- dell'Alto commissario nella continuazione del suo lavoro. Dagli uffici di Sica rispondono che essendo i fratelli Costanzo soltanto indiziati e non imputati in un processo di mafia, non c'erano gli estremi per escluderli dall'appalto. E quel carcere, per il quale l'appalto era stalo già assegnato ad una loro ditta, andava completato al più presto, cosi come chiedevano con insistenza i giudici catanesi. Scrive Sica al ministro guardasigilli: «Come ella certamente sa. si rende assolutamente necessario disporre in tempi brevissimi della prevista speciale struttura di massima sicurezza della casa circondariale di Bicocca, sita in Catania, per fronteggiare le esigenze connesse alla prossima celebrazione di importanti processi contro esponenti di rilievo della criminalità organizzata colà detenuti-. ■■La fattibilità dell'opera — prosegue l'Alto commissario — è già stala verificata nel mese di marzo del corrente anno da codesto dicastero, che aveva anche provveduto ad aggiudicare l'appalto dei lavori all'impresa Ceap...». E' una ditta che fa capo ai Costanzo, la quale aveva già provveduto, nel 1981, a costruire il carcere di Bicocca. Assegnato l'appalto, arrivano però le confessioni del pentito della mafia catanese Antonino Calderone. Parla a lungo dei Costanzo, li definisce molto vicini a) clan di Nitto Santapaola. Gli interrogatori del «pentito» finiscono sui giornali, e a quel punto Nicolò Amato, direttore generale delle carceri, blocca l'assegnazione dei lavori -al fine di poter esaminare l'opportunità di procedere all'approvazione del contratto-. Amato si ri- volge al ministro Vassalli, che gira il quesito a Sica: quella società dei fratelli Costanzo è o no in odore di mafia? Siamo ormai a settembre, e all'ufficio istruzione dì Palermo è in corso il secondo round dello scontro fra il consigliere Meli e il giudice Falcone. Il primo vuole trasformare i Costanzo da indiziati in imputati veri e propri, il secondo preferisce attendere. A carico dei cavalieri del lavoro resta soltanto una comunicazione giudiziaria seguita alle rivelazioni di Calderone, niente di più. Poi, dopo la sentenza della Cassazione che spezzetta il processo fra le varie procure dell'isola, gli atti vengono trasmessi a Catania. Sica svolge tutti questi accertamenti e conclude: per la società Ceap -non vi sono effetti interdillìvi ai fini della partecipazione a gare per l'esecuzione di opere pubbliche». Appena esce la notizia si scatenano le polemiche. Perché Sica dà il «nulla osta» ai Costanzo e sei mesi dopo chiede la cancellazione dall'albo delle imprese del conte Cassina? La risposta dei collaboratori dell'Alto commissario è sempre la stessa: per non avere appalti bisogna essere imputati, e non solo indiziati, di reati gravi come quello di associazione mafiosa. E i Costanzo non lo sono. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Catania, Palermo, Roma