Sulla scia dei colossi europei di Attilio Monti

Sulla scia dei colossi europei Sulla scia dei colossi europei MILANO — Libri, quotidiani, settimanali, periodici specializzati, cartiere, pubblicità: con il passaggio dell' Espresso alla Mondadori si realizza la più grande concentrazione editoriale del nostro Paese. Una volta assorbito il gruppo di Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo, la casa editrice di Segrate, il cui principale azionista è Carlo De Benedetti, realizzerà un fatturato consolidato annuo superiore ai 2400 miliardi, collocandosi ai primi posti in Italia e assumendo una posizione di rilievo in Europa dietro i colossi Bertelsmann, Hachette, Maxwell e Murdoch. L'operazione, che sarà approvata a metà settimana dai consigli di amministrazione dei due gruppi, rappresenta il tramonto di uno degli ultimi editori «puri» italiani e conferma il grande interesse dei gruppi industriali e finanziari verso il mondo dell'informazione. Quest'ultimo è uno dei settori economici dove si realizzano i profitti più alti. L'editoria è diventata strategica per le multinazionali non solo perché crea consenso, forma e condiziona l'opinione pubblica, orienta i consumi, ma anche poiché è un grosso business. Secondo un'analisi di Mediobanca l'editoria è il campo dove si guadagna di più in Italia: nell'86 l'utile sul capitale investito è stato pari al 12,7% nelle imprese editoriali contro l'8,8% degli altri settori. Non è dunque casuale se la Fiat, De Benedetti, Berlusconi e Gardini hanno tanti interessi in questo settore. I processi di concentrazione, poi, non sono solo italiani: tra l'86 e l'88 la tedesca Bertelsmann ha raddoppiato le sue dimensioni superando gL'JBSOO miliardi di lire e la francese Hachette è cresciuta dell'80%. Negli Stati Uniti è recente la fusione di due gruppi multimediali come Time e Warner. Proprio ieri il gruppo Hersant ha acquisito una quota del giornale spagnolo Diario 16. Insomma i giochi imprenditoriali nell'informazione sono almeno di livello europeo. Di questo si è da tempo reso conto De Benedetti, presente sia nel capitale dell'Espresso sia in quello della Mondadori. Lo scorso autunno, in un convegno a Venezia, l'ingegnere aveva raccontato il suo approccio al mondo dell'informazione. -Nel 19S3 — sosteneva — l'Espresso aveva la necessità di migliorare le proprie strutture finanziarie inadeguate a sostenere lo sviluppo richiesto. L'azione intrapresa con l'ingresso del mio gruppo ha consentito di rafforzare L'assetto azionario e di portare l'azienda in Borsa con benefici estremamente positivi in termini di stabilità e capacità di finanziamento. Lo stesso percorso è stato seguito per Mondadori che all'inizio dell'85 era in gravissima crisi. H passaggio dell'Espresso alla Mondadori, e quindi la concentrazione a Segrate del 100% di Repubblica, del settimanale Espresso, della dozzina di quotidiani locali della Finegil e della concessionaria di pubblicità Manzoni, è forse un segno dei tempi. Rappresenta la fine dell'editoria «pura», quella dove bastava una buona idea e pochi capitali come è successo all'Espresso di Scalfari e Caracciolo, a favore dell'editoria imprenditoriale, influenzata da azionisti che sono sì editori, ma soprattutto finanzieri e industriali. Anche di questo De Benedetti è cosciente. Sempre a Venezia, così spiegava la sua filosofia: "Il cosiddetto editore puro è una realtà marginale o un'utopia poco realistica nello scenario internazionale dell'industria dell'informazione. L'imprenditore dell'informazione che intende affrontare in modo competitivo questo scenario deve disporre di una struttura molto solido. E operativamente cosa succederà? E' un po' presto per dirlo. Ma già qualcosa si può intuire e non è certo senza significato che i giornalisti di Repubblica e dell' Espresso, passati di fatto ad un altro editore, abbiano deciso uno sciopero, chiedendo maggiori garanzie sul loro futuro. I problemi per integrare i due gruppi sono molti: ad esempio non è più possibile pensare a una concorrenza tanto esasperata come quella tra i due settimanali Espresso e Panorama. Fagocitato il gruppo di Scalfari e Caracciolo nella Mondadori chi resta a difendere la bandiera degli editori «puri»? L'inossidabile Edilio Rusconi e l'ultraottantenne cavalier Attilio Monti. Resisteranno? Rinaldo dianola

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