Un milione scende in piazza di Fulvio Milone

«Raffaele Cutolo era pagato dai servizi segreti deviati» Pandico, il pentito della camorra, ritratta tutto sul caso Cirillo «Raffaele Cutolo era pagato dai servizi segreti deviati» «La de fu vittima di una macchinazione del Sismi» - «Nella trappola cadde anche il pei» NAPOLI — Raffaele Cutolo? 'Nicnt'allro che un provocatore, un uomo al soldo dei servizi segreti deviati che montarono il caso Cirillo». E la de? «Il partito fu vittima di una macchinazione ordita dagli 007 del vecchio Sismi». Nella trappola cadde anche il pei che pubblicò sul suo giornale, l'Unità, un falso documento sulle trattative per la liberazione di Ciro Cirillo, l'ex assessore regionale rapito dalle Br nella primavera '81. E i politici coinvolti in quest'assurda storia di ricatti e promesse mai mantenute? •I loro nomi furono fatti da Cutolo ai suoi comparielli, e chissà se il boss ha mai detto la verità». Ieri mattina, durante la sesta udienza del processo Cirillo, Giovanni Pandico, pentito ante litteram della camorra, si è rimangiato tutto, o quasi. L'ex «segretario particolare» del capo della -Nuova camorra organizzata», un tempo cosi sicuro di sé davanti al giudice istruttore, ha cambiato registro e seminato altri dubbi in una vicenda già piena di misteri. Ha negato con tanto zelo da mettere in dubbio perfino l'esistenza di un riscatto di un miliardo e 450 milioni intascato dalle Br per liberare l'ostaggio. Eppure alcune banconote segnate furono trovate dalla polizia in un covo dei terroristi. Quanto all'altro miliardo e mezzo, che secondo il giudice istruttore Alemi sarebbe finito nelle casse della camorra, Pandico ha giurato che si tratta di pura fantasia. Durante l'istruttoria, però, l'imputato aveva ammesso che nelle sue stesse tasche erano finiti 250 milioni. 'Fandonie — dice ora —. Fui costretto ad autoaccusarmi da Pasquale Barra, un falso pentito che era d'accordo con Cutolo». Pandico confessa solo ora di avere inventato alcuni episodi per ordine di Barra che minacciava di fare arrestare i suoi familiari con false denunce. -Ad esempio — spiega al presidente della corte Pasquale Casotti — non è vero quanto dissi al giudice Alemi, e cioè che Silvio Gava, padre di Antonio, era andato a trovare Cutolo anche nel carcere napoletano di Poggiorcale. Perché mi han fatto dire queste menzogne? Chiedetelo a Barra e a Cutolo». Questo Pandico che per anni si è proclamato depositario di tutti i segreti della camorra e che ora sembra un liceale smarrito manda in bestia il presidente. Si contraddice, sbaglia date e ripete spesso -non so». 'Ma insomma — sbotta Casotti —, lei ha sempre detto di essere stato il consigliere di Cutolo, e invece non sapeva nulla». E Pandico, risentito, ribatte: »Io non ero nel carcere di Ascoli Piceno quando le trattative erano in corso. Quello che so mi è stato raccontato da Cutolo. Non è colpa mia se quello mi ha detto fesserie...». Ma il pentito sembra insicuro anche quando parìa di episodi vissuti in prima persona, come la preparazione del falso documento sulle trattative rifilato a marzo dell'82 all'Unità. 'L'idea — racconta — ci venne durante una riunione in carcere, alla quale partecipammo io, Cutolo e i camorristi Panilo e Medda. Don Raffaele era fuori di sé. Diceva che la de non aveva mantenuto la promessa delle contropartite in cambio del suo intervento per salvare Cirillo: era indispensabile una rappresaglia». Fu cosi che, secondo Pandico, sarebbe nata la decisione di fabbricare le prove del coinvolgimento della de nelle trattative per la liberazione di Cirillo. Rivela anche che, dopo avere tentato invano di far uscire dal carcere il documento in una scatola di cioccolatini, diede egli stesso l'incarico all'avvocato Errico Madonna, imputato nel processo, di preparare un altro falso. Il legale di Cutolo avrebbe poi consegnato il «rapporto» del ministero dell'Interno al faccendiere Luigi Rotondi, informatore della polizia che amava spacciarsi per agente segreto. "Lui avrebbe pensato a consegnare il documento a Marina Maresca. la giornalista dell'Unità». Chiede il presidente: -Lo coinvolgeste nonostante fosse un noto collaboratore della questura?». E Pandico, dopo un attimo di esitazione: -Lo minacciammo di morte. E poi fu pagato». Fulvio Milone

Luoghi citati: Ascoli Piceno, Napoli