I popoli ribelli di Gorbaciov di Domenico Quirico

I popoli ribelli di Gorbaciov Dalla Georgia al Baltico, dai tatari agli armeni; le spine etniche di Mosca I popoli ribelli di Gorbaciov Karabakh e Abkhazia incendiano il Caucaso -1 tedeschi rivogliono una repubblica sul Volga - Anche l'Ucraina chiede autonomia 'L'internazionalismo proletario ha cancellato il problema delle nazionalità': per settantanni è stato uno degli slogan preferiti della propaganda dello Stato che, in nome del socialismo, aveva saputo far convivere cento popoli diversi, Le migliaia di georgiani che a Tbilisi sfidano i carri armati invocando l'indipendenza, sono soltanto l'ultimo tassello della «rivolta etnica» che da tre anni incendia le frontiere strategicamente più delicate dell'Urss, l'autentica bestia nera di Gorbaciov. L'intricato mosaico etnico che Stalin aveva costruito a colpi di knut, correggendo la geografia con la deportazione di massa di interi popoli, e che i suoi successori avevano conservato affidando le province a proconsoli corrotti ma fedeli, è in frantumi. La sfida nazionalista dei popoli soggetti ha dato vigore al nazionalismo russo, ad associazioni come Pamiat. razziste, reazionarie e antisemite, un fantasma che sembrava sparito dalla storia sovietica. Sul Baltico i falchi della percstrojka. Agosto 1939: per i popoli di Lituania. Estonia e Lettonia è la data della vergogna. I due dittatori. Hitler e Stalin, si spartirono l'Est europeo. In cambio della mano libera sulla Polonia concessa alle truppe naziste. Stalin ebbe in dono le tre piccole Repubbliche del Nord che. nelle convulsioni della fine dell'impero russo, si erano costruite una fragile indipendenza. Stalin, applicando la tattica che avrebbe poi sperimentato su larga scala nell'Europa orientale, dapprima impose guarnigioni militari; poi, su offerta di partiti comunisti fantoccio, consentì all'annessione. Nel dopoguerra, come punizione per aver parteggiato per gli «invasori» tedeschi, arrivò il pugno di ferro: repressione culturale e religiosa e soprattutto migliaia di colorii russi. Ma neppure Stalin è riuscito ad aver ragione della diversità di queste regioni, espressa anche in un miracolo economico che suona come una condanna per la stagnazione del resto del Paese. Il nazionalismo baltico ha subito intuito le possibilità di manovra che derivavano dalla svolta di Gorbaciov. Nell'ottobre '88 sono nati i fronti popolari: ■Vogliamo sostenere la percstrojkahanno proclamato i fondatori, in realta hanno scavalcato i limiti della riforma varando un progotto di Costituzione che e una sfida alla sovranità di Mosca. Guerra di religione nel Caucaso. Il -padre dei popoli» e sul banco degli accusati anche per la tragedia del Caucaso dove soltanto l'apocalisse del terremoto ha Imposto una tregua piena di tensione alla «guerra» per il Karabakh che oppone la cristiana Armenia e l'islamico Azerbaigian. Fu infatti Stalin che con un ukaze regalò agli azeri l'enclave cristiana del Karabakh. Ai primi venti della glasnost, nel febbraio '88, gli armeni hanno chiesto il ritorno alla madrepatria di questa «colonia». La risposta degli azeri è stata il massacro di Sumgait, un pogrom che ha segnato tra le due nazionalità una fe¬ rita di sangue che sarà difficile rimarginare. E nel Caucaso c'è un altro Karabakh, potenzialmente ancora più esplosivo: l'Abkhazia, un piccolo territorio con poche migliaia di abitanti di religione musulmana che chiedono di staccarsi dagli infedeli georgiani e diventare Repubblica. Una richiesta che ha scatenato il nazionalismo della Georgia. I tedeschi e la Repubblica perduta. Sono circa due milioni, gli ultimi discendenti di quelle famiglie tedesche che contribuirono a trasformare la Russia di Caterina II da un impero asiatico in una moderna potenza europea. Una minoranza che aveva saputo superare senza troppi danni anche l'Incendio deUa Rivoluzione conquistandosi nel '24 il diritto ad avere sulle rive del Volga una sua Repubblica. Ma nel 1941, quando la Wermacht cancellò l'alleanza scellerata tra i due dittatori, l'ira di Stalin si abbattè sulla minoranza tedesca. Accusati di essere potenziali traditori, furono deportati nel Kazakhistan: una odissea terribile che lasciò dietro di sé migliaia di morti, immolati nei gulag. Negli ultimi anni l'Ostpolitik ha consentito a decine di migliaia di tedeschi (50 mila solo lo scorso anno) di ottenere asilo nella Germania Federale. Ma quelli che tO^V.ono restare in Urss chiedono di tornare sulle rive del Volga e riavere il loro «Stato» perduto. Anche se pare che il Cremlino non sia del tutto sfavorevole, come risolvere il problema di togliere trentamila chilometri quadrati alla Repubblica russa, madre dell'impero? I tatari sognano la Crimea. Sono gli ultimi eredi dell'Orda d'Oro che terrorizzò per secoli le steppe russe. Durante la guerra alcuni di loro, sognando una impossibile libertà, si arruolarono nell'armata di Pavlov a fianco dei tedeschi. Stalin 11 punì cacciandoli nelle steppe desolate del'Uzbekistan. Non hanno mai dimenticato la loro penisola e, nell'87, un manipolo di tatari ha cominciato a manifestare sulla Piazza Rossa. Le manganellate degli agenti e i fogli di via non sono bastati a sconfiggere la loro tenacia. Una piccola parte ha potuto tornare alla spicciolata in Crimea, ma il governo ha detto no alla creazione di una Repubblica autonoma. La polveriera Kazakhistan. Nella Republica, la più grande dopo quella russa, immenso gulag dove Stalin rinchiuse le minoranze ribelli, la scintilla della rivolta è stata la sostituzione di un chiacchierato proconsole dell'era brezneviana, Kunaev, con un commissario inviato da Mosca, Kolbin. Kunaev era uno dei boiardi cui era stata affidata la gestione della periferia dell'impero, ma aveva una qualità la cui importanza il Cremlino non ha saputo valutare: era kazaco, mentre Kolbin era un russo. Il prezzo e le conseguenze della rivolta nel dicembre '86, nonostante la glasnost, sono ancora un mistero. E proprio alla delicata frontiera con il grande fratello comunista, la Cina, intanto un'altra minoranza, i kirghisi, non ha dimenticato la fiera resistenza che tra le sue montagne inaccessibili oppose agli zar. Ucraina e Bielorussia, fedelissime insoddisfatte. Nel rapporto segreto sui crimini di Stalin, Krusciov ha raccontato che gli ucraini evitarono la sorte di tatari, calmucchi, ceceni, ingusci, balcari e tedeschi soltanto perché -erano troppo numerosi e non c'era nessuna località dove deportarli». E un mitico guerrigliero ucraino, Stepan Bandera, a metà tra il brigante e il patriota, impegnò duramente gli spietati pretoriani di Beria ancora per anni dopo la fine della guerra. Pur se gli slavi dell'Ucraina e della Bielorussia sono stati privilegiati nella distribuzione delle cariche anche al vertice dello Stato russo, il ricordo del loro passato indipendente non si è mai sopito. Da Kiev, anche recentemente, sono giunti echi di malumori e di richieste di una maggiore autonomia. E Ucraina e Bielorussia non dispongono forse di due seggi all'Onu come Stati indipendenti? Domenico Quirico Tbilisi. I dimostranti vegliano nella notte nelle strade della capitale (Telefoto Epa)