I «conti in tasca» al teatro europeo di Masolino D'amico

I «conti in tasca» al teatro europeo L'Aquila, confronto internazionale dell'Elart I «conti in tasca» al teatro europeo Con Bernard Dori e i dirìgenti delle maggiori istituzioni tournée per 25 settimane. In Francia il governo spende per la cultura un miliardo di franchi l'anno, il 10% dei quali va a finanziare il teatro. Fra le istituzioni teatrali quelle a carattere nazionale ricevono circa 266 milioni di franchi l'anno, divisi fra la Comédie Francaise, il Theatre National de Chaillot, quello dell'Odèon, quello della Colline e quello di Strasburgo; ci sono poi 28 centri drammatici minori (250 milioni di franchi), e varie compagnie private (135 milioni di franchi). Il Paese più amante del teatro è comunque la Germania. Gunther Ruhle di Francoforte ha brevemente spiegato le ragioni storiche di tale situazione, passando quindi a descrivere quell'invidiabile sistema, ricco di 33 teatri statali (quasi tutti «triplici», cioè con opera, prosa e balletto) e 74 municipali, i primi finanziati dal governo, i secondi localmente; e poi di 19 teatri regionali finanziati dalle regioni, e di una cinquantina di teatri che si limitano a ospitare spettacoli altrui. I grandi teatri pubblici hanno anche mille dipendenti, e prendono sovvenzioni adeguate; il più famoso di quelli privati, la Schaubuhne di Berlino Ovest, città che spende per i suoi teatri 130 milioni di marchi l'anno, ne riceve dallo Stato 92. Le nostre cifre e la nostra efficienza sembrano lontanissime da questi modelli. Da quelle allegate alla famosa proposta di legge tuttora in corso vediamo per esempio che nel 1987-88 il Teatro Stabile di Roma (8000 abbonati) ha avuto poco più di otto miliardi di sovvenzioni, e in cambio ha allestito 248 recite DAL NOSTRO INVIATO L'AQUILA — Un convegno promosso dall'Elart e intitolato -Confronto intemazionale sul teatro pubblico di prosa e lirico' ha riunito all'Aquila per tre giorni (6-9 aprile) autorevoli esponenti della gestione teatrale in quattro dei Paesi in attesa di passare a vincoli più stretti col paventato 1992, e cioè oltre all'Italia, la Francia, la Germania Federale e il Regno Unito. Numerosi gli interventi, né del tutto assenti, come nei congressi è inevitabile che avvenga, le chiacchiere; ma per una volta protagonisti sono stati i fatti, o meglio, le cifre. In altre parole, dagli ospiti stranieri — che erano qualificati, comprendendo alti funzionari del National Theatre inglese, di alcuni importanti teatri stabili tedeschi, e per la Francia soprattutto Bernard Dort, critico e ora direttore della sezione teatro e spettacolo del ministero della Cultura — abbiamo appreso con interesse quanto denaro pubblico viene erogato per le attività in questione, e con quali risultati. Il National Theatre, ora Rovai National Theatre, per esempio, riceve oggi circa 8 milioni di sterline (un po' meno di venti miliardi) l'anno di sovvenzione dall'Aris Council, ossia circa il 50r>< di quanto gli serve per chiudere in pari il bilancio, il resto venendo dai biglietti, da sponsor privati, e dagli incassi di attività collaterali. In cambio manda avanti a Londra e durante tutto l'anno tre sale con un totale di 2500 posti, mettendo in scena da 6 a 9 testi diversi ogni 8 giorni e tenendone in prova altri 5; per il 1989 sono anche previste per un totale di 6 testi. Nello stesso perìodo il Piccolo di Milano (10.000 abbonati), con 4 miliardi e 300 milioni circa, ha fatto 297 recite di 12 lavori; Genova (13.000 abbonati) con 3 miliardi e 400 milioni circa ne ha fatte 292 di 5 lavori. Il Piccolo ha 55 dipendenti fìssi e 250 stagionali, Roma ne ha 244 fissi e solo 17 stagionali, Genova 68 e 67. I nostri operatori (come Maurizio Scaparro per il Teatro di Roma, come Paolo Emilio Poesio per il Teatro Regionale Toscano) hanno pertanto, ed era prevedibile, chiesto più denaro, ma hanno anche auspicato una migliore coscienza sul come spenderlo. Immemore degli anni in cui La Scala faceva la concorrenza agli altri enti lirici italiani come lei sovvenzionati dallo Stato ingaggiando cantanti a prezzi che quelli non si potevano permettere, Carlo Maria Budini ha dal canto suo denunciato il modo sicuramente assurdo con cui assessori alla cultura assetati di fama personale fanno salire il cachet di stelle da aggiogare al carrozzone dell'effimero, danneggiando scioccamente le iniziative del teatro pubblico della stessa città. Ma, unico fra gli intervenuti italiani, ha anche avanzato qualche proposta positiva su come trovare altro denaro, illustrando l'accordo della Scala con la Rai per produrre home-videos di opere liriche. Date le note necessità di tagli, e anche sentito Massimo Bongiackino che ha tolto qualche illusione circa gli sponsor privati, mal troppo amanti del teatro in Italia, sembra infatti il caso di rimboccarsi le maniche. Masolino d'Amico

Persone citate: Aris, Bernard Dori, Carlo Maria Budini, La Scala, Maurizio Scaparro, Paolo Emilio, Poesio, Theatre National