Roubaix, culto del massacro

Roubaix, culto del massacro CICLISMO Oggi, da Parigi verso Nord la corsa dei giganti Roubaix, culto del massacro DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — L'unico punto fermo è Fignon, vincitore della Milano-Sanremo, e nella Parigi-Roubaix di oggi, la numero 87, tutta la Francia punta lui, parigino, per la vittoria che le manca dal 1985 di Marc Madiot. Nessun altro corridore di qualche nome grosso ha vinto, quest'anno, qualche prova classica: Indurain spagnolo il Criterium Internationale, Van Hooydonck belga il Giro delle Fiandre, Solleveld olandese la Gand-Wevelgem. E chi sono? Si dice qui che la Roubaix ha diritto ad un «gigante*, indipendentemente dagli 1,93 di Van Hooydonck: e che comunque chi la vince gigante diviene. Sono 265 chilometri e mezzo da Compiegne a Roubaix, dove dopo tre anni è ripristinato l'arrivo al velodromo storico: non per rigurgito di nostalgia, ma perché è scaduta la sponsorizzazione della grande agenzia di vendite per corrispondenza che voleva la corsa conclusa nel suo cortile. Ce ne sono, di chilometri, 56 e mezzo di pavé, dei quali 39 di pavé orribile, e questo relativamente agli ultimi 100 della corsa, che i cubetti di porfido affiorano anche prima. Partono 176 corridori, 28 sono italiani, ma non c'è l'Italiano che possa stare nel pronostico. La meteorologia dice sole e freddo. Vuole crederle Fignon, un solare, la odiano Kelly, Vanderaerden Van der Poel e De Wilde, tipi da favore in caso di tempesta. L'anno scorso vinse Demol belga ignoto. Per noi ciclofili questo appuntamento è duramente rituale. Celebriamo qualcosa di assoluto per noi, di relativo al resto del mondo. Cosa può capire lo sportofilo di oggi, ancorché onnivoro, di questa corsa, che rintraccia una logica — vince il migliore — alla fine di terrificanti assurdità lotteristiche? Come può seguirci in questo culto del massacro? Cosa può capire di accorgimenti ciclistici minuti, per il superamento con il minimo dei danni del pavé di Napoleone III? E cosa può fregargliene una volta capitili? Cosa sa di cerchioni di legno antico o di lega del duemila? Che senso sportivo ha im¬ Non ci sono favoriti d'obbligo, ma i francesi sperano in Fignon - Quasi sessanta chilometri sul terribile pavé, con polvere o fango - Quattro formazioni italiane al via, ma con pochissime speranze postare, come fanno 1 francesi, una speranza valida, se realizzata, per riempire metà stagione ciclistica, sul fatto che faccia bello, visto che il loro Laurent Fignon, occhialuto, sarebbe handicappato dalla pioggia? Nessuna risposta. Grande Roubaix, già ieri per oggi, perché sì, e basta. Roche, l'Irlandese che nel 1987 vinse Giro, Tour e Mondiale, nel 1988 niente, osa pensarla sua, alla luce del successo nel Giro dei Paesi Baschi finito ieri l'altro, ed è — dice — il pensiero massimo che un ciclista possa concedersi. Le quattro squadre italiane presenti — Ariostea, Carrera, Malvor e Del Tongo —, con Baffi, Bontempi, Pagnin, Lietti e Cipollini che pedala per Fondrìest, il suo capitano malato — hanno a priori il merito della presenza alla funzione, alla messa nera per il fango e la povere di carbone. La ParigiRoubaix è come il recente funerale dell'imperatore Hirohito, bisogna presenziare al rito di morte per far sapere che si è pienamente vivi. Vincere è un'altra cosa: ma qui, davvero, conta anche e ancora partecipare. Decisione, o almeno scrematura della corsa, per scegliere chi può vincere, attraversando la foresta di Arenberg, al chilometro 160, i 2500 metri più orrendi di tutto il ciclismo. In diretta su televisioni che non siano della repubblica italiana. La Francia ha celebrato ieri, rinnoverà più intensamente oggi il rito della corsa mostruosa e magica, dedicando ad essa il 90 per 100 del proprio potenziale di fruizione di eventi sportivi. E, ad esempio, la Roubaix ha occupato e in certi casi riempito le prime pagine dei giornali politici. Passione di vigilia per Fignon, che l'anno scorso fu terzo e primo morale, nel senso che lo misero fuori gli incidenti. Fignon capeggia con Van Hooydonck la Coppa del Mondo, dopo Sanremo e Fiandre: e oggi sono altri punti. Ciclisti incerti su come tenere il manubrio sul pavé: mani vicine o lontane? Se ne discute come dì una scelta di governo. Anzi, di più. Gian Paolo Ormezzano STRAMBANO NEL SEGNO DI NGUGI Milano. Confermando il suo eccellente stato di forma e la sua imbattibilità attuale, il keniano John Ngngi si è imposto anche nella Stramilano agonistica percorrendo i 21.097 metri del circuito cittadino (pari a una mezza maratona) in un'oro 1 '24" e distanziando Panetta di 29". In campo femminile (km 10) successo della neozelandese O'Connor in 34*16" con la Faccio, seconda, staccata di 34". Oggi si disputa la Stramilano non competitiva