Una talpa fra i narcodollari di Vincenzo Tessandori

Una talpa fra i narcodollari Comincia domani il processo per il traffico di droga che provocò una crisi politica in Svizzera Una talpa fra i narcodollari DAL NOSTRO INVIATO BELLINZONA—Il camion era in ritardo. Ogni cinque minuti l'uomo controllava l'orologio. Nella tasca del giaccone teneva un foglietto: la contromarca per ritirare la «roba». «Se è capitato qualcosa, siamo fregati', pensò. Era buio e faceva freddo, l'area di servizio Mówenpinck cu Bellinzona Nord appariva semideserta quel tardo pomeriggio di sabato 21 febbraio 1987. Sam De Rosa stava per concludere il più grosso business della sua carriera. Almeno così aveva assicurato a Nicola Giulietti, un turco con radici italiane che rappresentava alla borsa della droga la famiglia di Haci Mirza. facoltoso uomo d'affari di Istanbul. Dalla foschia spuntò un articolato Iveco con targa turca. Le formalità furono brevi. A Vakkas Izgi e Mehemet Mutlu, gli autisti. De Rosa mostrò il pezzo di carta sul quale spiccava, scritto a mano, il numero 9977. -Va bene. Abbiamo la merce-. Dall'autotreno vennero scaricate alcune casse di pompelmi -speciali': prezzo 18.500 dollari al chilo. Invece del gradevole succo, contenevano complessivamente 80 chili di morfina base e 20 di eroina. La droga proveniva dall'Iran, era stata confezionata a Scutari e aveva attraversato mezza Euro- Un agente s'infiltrò nell'organizzazione mafiosa - Nello scandalo che fece tremare la finanza elvetica anche il marito di Elizabeth Kopp, costretta a dimettersi da vicepresidente della Confederazione pa, Italia compresa. Si concludeva così non un ricco affare ma un'»indagine mascherata»: De Rosa non faceva parte di una famiglia della mafia americana assetata di droga ma era un agente della Dea iDrugs Enforcement Administration), la polizia nordamericana che combatte il traffico di stupefacenti. L'inchiesta non solo si concluderà con l'arresto dei trafficanti e un processo in assise che incomincia domani a Bellinzona, ma provocherà uno scandalo per il quale Elizabeth Kopp, neovicepresidente della Confederazione elvetica e ministro della Giustizia, dovrà dare le dimissioni e chiudere la carriera politica. Nella retata seguita alla consegna della merce sull'autostrada, la polizia sorprende all'Hotel Excelsior di Lugano il ricco Mirza e Giulietti, che già sognano altre transazioni con De Rosa perché Tehert n ha fatto sapere di voler acquistare una partita di missili americani Tow e 50 batterie antiaeree Oerlikon Gdf 005: un business da mille miliardi di lire e gli iraniani vorrebbero pagare una quota con tre tonnellate di eroina. Manette anche per gli autisti e per Gaetano Petraglia, 50 anni, salernitano. E' Petraglia l'origine involontaria dell'indagine. Nel 1986 aveva preso contatto con Gaetano Corti. 46 anni, un agente di cambio di Bellinzona che, in 20 anni di alacre lavoro, per sua ammissione aveva trasferito dagli Usa nei forzieri delle banche ticinesi dollari per circa 2500 miliardi di lire. Ma era anche rimasto invischiato in una storia di riciclaggio di dollari della mafia americana, la cosi detta «pizza connection- che ha interessato le magistrature italiana ed elvetica. Lo avevano sospettato di essere il titolare del conto «Wall Street» del Credito Svizzero di Bellinzona dov'erano stati versati milioni di dollari -sporchi». Nessuno provò che fosse lui «Wall Street», in Italia venne condannato a 4 anni e assolto in Ticino. Nessuno sapeva che fosse un informatore. Così, quando Petraglia, a nome della holding Mirza, gli prospettò l'affare, raccontò tutto alla polizia elvetica. Venne decisa l'«indagine mascherata», qualcuno si sarebbe inserito nell'organizzazione. Occorreva un volto credibile e dalla Dea arrivò la proposta di far interpretare all'agente K. R. la parte del mafioso rampante desideroso di metter su un florido commercio. Sam De Rosa prese contatto con Giulietti, si accordò, andò sul Bosforo, conobbe Mirza, il boss, il quale gli disse che la droga arrivava dall'Iran ma che non c'erano problemi perché lui aveva conoscenze -molto in altoe, soprattutto, era in buoni rapporti con Ali Akbar Hashemi Rafsan.iani, presidente del parlamento iraniano. L'affare appare subito grosso e De Rosa spinge per concludere. Un giorno, mentre è ancora a Istanbul, si sente in pericolo perché Giulietti gli dice che sono arrivati anche due poliziotti elvetici dell'antidroga: lo ha informato il capo della sezione narcotici il cui nome appare sul libro paga del gruppo Mirza. La faccenda è complessa, De Rosa riesce ad attirare i disinvolti turchi in Svizzera. Tratta con decisione. «£' robaccia', dice dopo aver fatto analizzare nei laboratori della polizia il primo campione. •La prossima sarà migliore-, gli assicurano. Si trova l'accordo, in una cassetta di sicurezza dell'agenzia dell'Unione Banche Svizzere di Bellinzona viene depositato il denaro per il pagamento: un milione di dollari e un milione e 100 mila fianchi svizzeri. Una chiave la tiene De Rosa l'acquirente, l'altra Mirza. La «roba» arriva da Teheran su una Mercedes. Occorre soltanto attendere il momento giusto per il trasporto. In un primo momento si è pensato di mascherare la droga sotto un carico di noccioline, ma da qualche tempo, causa il disastro nucleare di Cernobil, le derrate alimentari vengono sottoposte a controlli molto severi. Così vien deciso di infilare la «merce» sotto un carico di lastre di vetro destinate a una ditta di Dotzingen, in Svizzera. Il 14 febbraio l'iveco varca la frontiera con la Bulgaria, poi la Jugoslavia, l'Italia e, il 18, è a Ponte Chiasso. L'indomani viene scaricato il vetro, poi Izgi e Mutlu si dirigono all'area di servizio di Mòewenpick dove li attende De Rosa. Il giorno successivo alla porta della loro camera nell'albergo Unione di Bellinzona busserà la polizia. Mirza, uomo pratico, collabora con Dick Marty, procuratore di Bellinzona: non gli costa molto, eppoi non si sa mai. Racconta del suo passato a Zurigo, dei rapporti con funzionari dell'Unione Banche Svizzere, le tecniche del riciclaggio del denaro. Nomi, date, circostanze: tutto quello che serve per un'inchiesta. E l'inchiesta è quella sui narcodollari che fa tremare banche e banchieri d'Oltralpe. Fra i nomi delle molte società salta fuori quello delia «Shakarchi trading», una finanziaria di proprietà del libanese Mohamed Shakarchi. Fino al 27 ottobre 1988 presidente è stato l'avvocato zurighese Hans W. Kopp. E' il marito del ministro della Giustizia. Malgrado le pressanti richieste della stampa, madame Kopp ignora l'ipotesi delle dimissioni. Anzi, diventa vicepresidente della Confederazione, ma dodici giorni dopo l'elezione deve gettar la spugna. Stavolta a insistere sulle dimissioni non erano stati i giornali ma gli gnomi di Zurigo, i rispettabili, petenti banchieri, preoccupati per lo scandalo. 'Una decisione coraggiosa, presa nell'interesse del Paese-, commenta Otto Stich, presidente della Confederazione. Herr Kopp non è coinvolto nel processo, domani alla sbarra ci saranno Mirza, Giulietti, i due autisti e Petraglia quali 'Colpevoli di violazione aggravata della legge sugli stupefacenti- per avere 'Quali membri di una banda trafficato una quantità di stupefacenti atta a mettere in pericolo la salute di parecchie migliaia di persone-. Vincenzo Tessandori