Apollo a Praga

Apollo a Praga IN UNA BOTTEGA COLOR CANNELLA Apollo a Praga Un giorno camminando per Praga, passando per una di quelle piccole e bellissime vie della Città Vecchia cha da Piazza Venceslao vanno verso la Moldava, prima di arrivare al ponte di Carlo IV per poi risalire al Castello attraverso la Mala Strana, camminando cosi, dicevo, mi trovai a guardare da una porta a vetri verso l'interno di una bottega color cannella dove erano esposti molti oggetti del passato, che ora, in quei Paesi dell'Est, si vendono come antiquariato nei negozi di Stato. Queste botteghe sono affascinanti'non solo per quello che la fortuna ti potrebbe far trovare, ma anche per quell'atmosfera storica che in tali luoghi gli oggetti ispirano. Guardavo cosi le cose esposte, sfogliavo libri di qualche secolo, albi fotografici di regni e imperi tramontati, decorazioni teresiane e zariste, stampe, tabacchiere, vasi liberty, collane d'ambra, filigrane d'argento con pietre dure, pipe di schiuma e di ceramica: tutti oggetti che un tempo non tanto remoto erano in qualche casa borghese o nei castelli della Moravia e della Boemia. Allora, quattro o cinque anni fa, queste cose in vendita erano convenientissime e anche ne era permessa l'esportazione. Quel giorno mi fermai un lui po' in questa bottega a curiosare fino a lusingare il desiderio di comperare tutto, proprio tutto, e poi, magari, per ogni oggetto scrivere una piccola sua storia. Coirne una fiaba. E quando entravano i turisti di passaggio, per lo più tedeschi, e vedevo passare dentro le loro borse un oggetto scelto e pagato, mi pareva avessero portato via qualcosa che rirenevo mi appartenesse, tanto mi sentivo innamorato di questa bottega color cannella. Certamente era una sensazione un poco sciocca. Acquistai dapprima le tre stampe che erano appese in mostra e che sembrava non interessassero allatto i turisti, erano dentro cornici di tiglio intagliate e tinte di nero. Sono tre soggetti mitologici dipinti da R. Wilson e incisi uno da A. Kcgona e due da S. I.uison; stampate a Bassano presso Remondini calcografo e editore sul principio del XIX secolo. I temi sono: / figli di ISiobt Milititi da Apollo, AL ioni: dn/nrata alla lilla dei taditrerc Ji dice tratto dall'acqua e, la terza, CeLidotte che piaiigt Amelia percossa dal /ululine. Dal punto di vista artistico non sono certo dei capolavori, ma da quello artigianale hanno una fattura abilissima ed efficace. E per me queste tre stampe remondiniane hanno anche un valore affettivo di non poco conto e chi ha letto il mio racconto Storia di Tònle può capire il perché. Certamente erano giunte a Praga, o nei pressi di Praga, quasi duecento anni prima portate da quei venditori di stampe tesini ai quali i Remondini davano credito e tanta fiducia. Comperate da qualche persona di buon gusto che le preferivi-alle «Battaglie napoleoniche», dagli eredi saranno state cedute al negozio statale per una pipa di tabacco. Ora, per pochi dollari, sono ritornate ai luoghi di partenza, o meglio di origine, e i miei nipoti le guardano con tanta curiosità. Comperai anche un albo fotografico rilegato con una copertina d'avorio, dove è raccontata la storia di una famiglia: anziani baffuti con le fedine, e le giubbe abbottonate fin sotto il mento, alteri e nobili nell'aspetto; giovani alfieri in divisa bianca, l'elsa della sciabola sull'avanbraccio, la mano destn> posata su un portavasi dovi; si trova il berretto con il fregio. Fanciulle con collane di perle, grandi camicette ricamate, occhi neri e sognanti; e ancora bambini con occhi malinconici, i pantaloncini a metà polpaccio, scarpe alte con bottoni e berretti alla marinara; bambine con i grandi cerchi di legno in una mano e nell'altra il bastone per farli correre. Ancora un quartetto d'archi di due giovanotti e due signorine; uomini come il sottoprefetto von Trotta; ufficiali nella bella e sobria divisa d'artiglieria: quella che all'Esposizione Mondiale di Parigi nel 1S89 ottenne il primo premio come la più bella tra tutte le monture degli eserciti. Sfogliandolo mi veniva da pensare: -E magari qualcuno di questi giovanotti e di questi militari, tra il 1915 e il 191S, sarà venuto a finire i suoi giorni tra le mie montagne, dove le lapidi ancora lo ricordano». Altre cose ancora mi lusingavano, ma sopra un tavolo, tra vecchie cartoline illustrate, riviste d'epoca, stampe litografiche inglesi scopersi due fAunclxner tuilender, calendari monachesi. del secolo scorso, e mentre ne sfogliavo uno e sillabavo tra me l'ostico carattere gotico, una signorina francese, o che parlava france¬ se, prese quello che era rimasto sul tavolo e si affrettò alla cassa. Mi rimase questo del 1888, stampato a più colori, certamente a mano e in non elevata tiratura, su carta simile a quella dei vecchi registri catastali e quindi ancora in buonissimo stato. Ha fregi, segni zodiacali, stemmi araldici, lo stemma della Casa di Baviera e, naturalmente, le lunazioni, gli equinozi e i solstizi, i santi giornalieri, segni esoterici. Nelle due prime pagine sono indicati, con darà di nascita e di matrimonio, tutti i componenti della famiglia reale, a cominciare dal regnante Otto I, succeduto al fratello Luigi II il 13 giugno 1886: ecco, questi nomi ci riportano immediatamente al raffinato Ludwig di Luchino Visconti: c'è una parte dell'Europa di cent'anni fa in questo vecchio calendario, quando ancora Elisabetta, la Sissy, era una ragazza di quattordici anni e la principessa Isabella, a vent'anni, era andata sposa al principe Tomaso di Genova. Ma quello che rende inusitato questo calendario è che nelle ultime pagine ci sono ••consigli segreti sotto il nocedi Monaco» per mantenersi in salute e ricette dove non solo entrano erbe e, infine, loJagdkrt/ender, il calendario della caccia, contornato con una bella incisione verde oliva, ! con raffigurato il cervo di Sant'Ubertus, con la croce luminosa fra le corna, e poi cinghiali, cani, volpi, caprioli, anatre, gufi, poiane, lepri, scoiattoli. Dentro questa cornice di selvatici troviamo i tempi dei divieti, ossia i periodi dell'anno durante i quali non è permesso cacciare la specificata selvaggina. Il cervo non si poteva cacciare dal 15 ottobre al 2 \ giugno; il camoscio dal 30 novembre al 25 luglio, la lepre dai 2 febbraio al 1 5 settembre e così via per tutta la selvaggina da pelo: tasso, volpe, capriolo, marmotta, castoro. Da ciò un cacciatore appena esperto e un naturalista subito capiscono che i tempi di divieto includono i periodi dell'accoppiamento e delle nascite. Questo valeva anche per la selvaggina da penna: fagiani, urogalli, galli force-Ili, pernici bianche, coturnici, tordi, colombacci eccetera. Una regola semplicissima e chiara, tacile da seguire anche perché quelle cacce erano come un rito non solo per i nobili, ma anche per tutti i montanari. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Luchino Visconti, Mario Rigoni Stern, Moravia, R. Wilson, Remondini, Tomaso Di Genova

Luoghi citati: Baviera, Europa, Parigi, Praga