Meno disoccupati in Usa

Meno disoccupati in Usa Sono scesi al livello minimo degli ultimi quindici anni Meno disoccupati in Usa Ufficialmente sono il 5% della forza lavoro (ma in realtà sarebbero di più) - Nel 73 erano il 4,9%, nell'80 erano saliti al 12 - Con Reagan 18 milioni di nuovi posti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — La disoccupazione negli Stati Uniti è scesa a marzo dal 5.1 al 5 per cento, il livello minimo degli ultimi 15 anni, un calo che ha sorpreso sia l'amministrazione sia i mercati. Ma l'inatteso dato, pubblicato ieri, non ha prodotto effetti negativi: non ha fatto cadere la Borsa, che dopo una breve flessione iniziale si e ripresa, e non ha portato a un forte apprezzamento del dollaro, che si è fermato poco sopra i 132 yen e gli 1.87 marchi. I! motivo: il timore che il calo sia foriero d'inflazione e scemato grazie alla netta frenala dei nuovi posti di lavoro. 180 mila, la meta circa del consueto, segno che l'attività economica ■•allenta. 1 pareri degli economisti concordano: la disoccupazione è al minimo o quasi, e in questo mese o a maggio dovrebbe aumentare leggermente, alleviando le pressioni dei salari. Dal dicembre del '73. quando scesero al 4.9 per cento, i disoccupati in America non erano cosi pocra. Nell'80. essi superarono ii massimo del dopoguerra, sfiorando ii 12 per cento. Ma con Reagan, l'occupazione esplose, portando la manodopera verso i 120 milioni di persone: il vanto maggiore dell'ex presidente fu di aver creato circa 18 milioni di nuovi posti dì lavoro in otto anni. America del miracolo economico e del pieno impiego dunque? Sul primo punto la risposta e unànime: sì, anche se lì miracolo sembra prossimo a finire. Sul secondo, i giudizi :-,ono discordi: molti economisti affermano che la disoccupazione in realtà è superiore, e che i nuovi posti di lavoro sono in prevalenza -da serie B- sgradevoli e mal pagati. Le critiche non sono del tutto infondate Mentre in Italia la disoccupazione e calcolata sulla base deila manodopera potenziale, in America lo è sulla base delle domande di impiego presentate agli uffici di collocamento. Restano perciò esclusi dal calcolo degli Usa coloro che cercano lavoro per altre vie, o che rinunciano a cercarlo. TI ministro del Tesoro italiano Amato dichiarò un giorno che se si invertissero i metodi, l'Italia avrebbe il 3 per cento di disoccupazione in meno e l'America avrebbe il 3 per cento di disoccupazione in più. L'economista Charles Schultze della Brookings Institution, che fu consigliere di tutti i presidenti democratici da Kennedy a Carter, è d'accordo: -Per esempio, c'è un serbatoio di circa due milioni di disoccupati a vita che noi continuiamo a ignorare- proclama. Secondo Schultze, il fenomeno più grave è tuttavia quello del degrado dell'impie¬ go. «Prendiamo i 180 mila nuovi posti di lavoro di marzo» osserva. -Di essi. 110 mila sono nel settore terziario, ben 55 mila in quello sanitario. Per i due terzi, i nuovi occupati sono commessi, camerieri, piccoli impiegati, infermieri. Si tratta dei posti che rendono di meno». L'economista lamenta la perdita crescente di attività produttive a favore dei servizi: «Certo, anche nel terziario si creano posti molto remunerativi: ma proporzionalmente rispetto agli altri si riducono sempre di più. Rischiamo di trovarci con un'America spaccata in due: una percentuale più ristretta di ricchi, una più larga di poveri. Ci vorrebbe un minimo di ristrutturazione industriale». Anche Schultze ammette tuttavia che il momento dell' occupazione è il più felice per l'America dal periodo di Kennedy, Johnson e Nixon. Per l'economista, il problema di fondo non è la mancanza di posti di lavoro, ma la carenza di strutture sociali. Schultze nota che un fenomeno nuovo si sta delineando nel Paese, quello dei -working poors-, i senzatetto che lavorano, gente regolarmente impiegata che non riesce però a fare fronte al costo della vita, specialmente nelle metropoli, dove gli affitti sono alle stelle. • Il fenomeno non esisterebbe — dice l'economista — se avessimo una edilizia pubblica». e. c.

Persone citate: Charles Schultze, Johnson, Kennedy, Nixon, Reagan, Schultze