Alla ricerca di una tuta blu di Francesco Cevasco

Alla ricerca di una tuta blu Perché nelle regioni del Nord l'impresa fatica a trovare operai Alla ricerca di una tuta blu A Milano su cento giovani in cerca di lavoro solo 28 sono disposti ad andare in fabbrica - Si allarga il divario con il Sud MILANO — Capelli bianchi o pelle nera: anziano o Immigrato (dall'estero). E' cominciata, anche in Italia, la mutazione genetica del'operaio-massa? E' vero che al Nord si sta esaurendo il serbatoio dei disoccupati disposti ad accettare un posto in fabbrica (39 ore di lavoro settimanali, un milione e 200 mila lire nette mensili)? A Milano settantadue persone su cento che si considerano disoccupate sono -disponibili a qualsiasi tipo di lavoro purché impiegatizio-. Come dire: io l'operaio non lo faccio. O a leggerla in un altro modo: al Nord sta nascendo la -disoccupazione di lusso». Nell'88 c'è stato un aumento degli stranieri arrivati in cerca di lavoro al Nord e un calo al Sud e al Centro. Che cosa significa? Una volta sarebbe stato letto cosi: nel Settentrione industrializzato ci sono più posti che nel Meridione «in via di sviluppo». E invece la differenza oggi è un'altra: al Nord ci sono meno «disoccupati» disposti ad occupare i posti vuoti, anche nell'industria. E lasciano libero il campo a chi ha esigenze più modeste. A Milano, ormai, nessuno cerca più un lavoro «per mangiare». Un osservatorio aggiornato è il -Centro per l'occupazione» organizzato dalla Cisl. Qui viene chi è in cerca di un posto. Si sente dire cosa fare per trovarlo e dice perché vuole entrare, o rientrare, nel mondo del lavoro. Nell'82 per cento dei casi la risposta non è -per sopravvivere-, ma per «acquisire autonomia e indipendenza, anche economica, dalla famiglia- e 42 volte su cento a questa motivazione se ne aggiunge un'altra: -Per dare un aiuto alla propria famiglia-. Dopo la caccia agli ingegneri, l'industria italiana dovrà aprire anche quella agli operai? -Attenzione a non esagerare — frena Renato Vallini della segreteria della Cisl lombarda, responsabile per il settore industriale—. E'vero che oggi registriamo i primi sintomi di una tendenza che potrebbe portare a una 7iuova ondata di immigrazione massiccia al Nord, magari anche dai Paesi extra-comunitari. Ma per adesso i dati possono essere interpretati con relativa soddisfazione, anziché con allarme-. Ed elenca i numeri della situazione lombarda appena elaborati dall'ufficio studi: nel 1988 è aumentato, rispetto all'anno precedente, il tasso di occupazione (42,3 per cento della popolazione attiva contro il 41,7); è dimila percentuale di disoccupazione (5,6 contro 7) in particolare femminile (9,6 contro 11,8). Dati che confermano l'allargarsi della forbice tra Nord e Sud. L'ultimo rilevamento dà una disoccupazione del 6,9 per cento della forza lavoro al Nord e del 20,6 al Sud. Anche se rilette con un sistema più aderente all'effettiva realtà del mercato del lavoro, come fa il settimanale Mondo Economico (togliendo dal numero dei disoccupati le casalinghe e gli studenti e aggiungendo i lavoratori in cassa integrazione) il divario resta evidente: 5,3 per cento al Nord, 15,1 al Sud. •Casi di aziende lombarde in difficoltà a trovare operai ce ne sono — continua Vallini — ma finora il problema non supera i confini del turn-over. Anche l'offerta di lavoro da parte di operai extra-comunitari c'è, tanto che anche noi abbiamo un funzionario Cisl dello SriLanka delegato ai rapporti con gli stranieri, ma siamo ancora lontani da una situazione di "disequilibrio" sociale-. Da Torino, -prima che sia troppo tardi-, è partita una proposta per -evitare una nuova ondata di massiccia immigrazione dal Sud e l'arrivo di manodopera straniera-. L'ha lanciata il segretario generale della Fim-Cisl, Raffaele Morese: -Le aziende trasferiscano massicce quote di produzione nel Meridione dove la disoccupazione è ancora al 20 per cento e il sindacalo in cambio dia maggiore flessibilità nell'uso della forza lavoro al Nord-. Da Milano Vallini non ha problemi a entrare in polemica con il collega torinese: «E' un'equazione che non sta in piedi. La flessibilità c'è già: dai turni, alle assunzioni a tempo determinato, agli orari fino a 40 ore settimanali, alle domeniche lavorate-. La ricetta della Cisl milanese è un'altra: -Rendere concorrenziali gli stipendi degli operai nell'industria con quelli del pubblico impiego-. Francesco Cevasco

Persone citate: Casi, Da Milano, Raffaele Morese, Renato Vallini, Vallini

Luoghi citati: Italia, Milano, Srilanka, Torino