Crack Ambrosiano, 35 a giudizio di Susanna Marzolla

Crack Ambrosiano, 35 a giudizio Conclusa dopo sette anni ristruttoria sul fallimento del Banco di Roberto Calvi Crack Ambrosiano, 35 a giudizio Saranno processati, fra gli altri, Gelli e Ortolani (il vertice della P2), Bagnasco, Tassan Din e l'ex signora della finanza Anna Bonomi Bolchini - L'accusa per tutti: bancarotta fraudolenta - Assolto «perché il fatto non sussiste» Carlo De Benedetti MILANO — Milleduecento miliardi, il più colossale «crack» del dopoguerra: per il fallimento del Banco Ambrosiano sono chiamate a rispondere 35 persone, per tutte (tranne una che deve rispondere solo di favoreggiamento) l'accusa è concorso in bancarotta fraudolenta. Ieri mattina i giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Brichetti hanno depositato il rinvio a giudizio che mette fine a un'inchiesta durata quasi sette anni. Circa duemila pagine che ripercorrono le tappe del fallimento dell'Ambrosiano, che ricostruiscono quel flusso di denaro che portò al dissesto della più importante banca privata italiana. Una storia in cui vicende e dissesti economici (alle spalle del presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi c'è, almeno agli inizi, Michele Sindona) si intrecciano alle trame politiche ed editoriali orchestrate dalla Loggia P2. L'elenco degli imputati comprende infatti gli ex amministratori e sindaci dell'Ambrosiano, i direttori del servizio esteri della banca, il vertice della P2 (Licio Gelli e Umberto Ortolani ), l'uomo della Loggia all'interno della Rizzoli, Bruno Tassan Din, l'ex prima signora della finanza italiana Anna Bonomi Bolchini, faccendieri e personaggi che si legarono a Calvi nel suo ultimo periodo di vita e da lui attinsero denaro a piene mani. E' il 1975 quando Calvi diventa presidente dell'Ambrosiano; è il 18 giugno del 1982 quando viene trovato cadavere (omicidio o suicidio? ancora non c'è una risposta certa) a Londra, sotto il ponte dei Frati neri, n giorno prima si era riunito il consiglio di amministrazione del Banco Ambrosiano che revocava i poteri a Calvi e chiedeva il commissariamento della banca nella speranza di porre freno alla bancarotta. Troppo tardi: due mesi dopo, il 25 agosto, veniva dichiarata l'insolvenza della banca e quegli amministratori si trovano adesso a doverne ri¬ spondere penalmente. Perché, secondo l'accusa, 'Concorsero con Roberto Calvi nella distrazione, nell'occultamento, nella dissipazione e comunque nella distruzione del patrimonio sociale dell'azienda, nella falsificazione dei relativi bilanci e libri sociali, nella distribuzione di utili fittizi e nell'effettuazione di sistematici acquisti di azioni del Banco». Di questa accusa devono rispondere gli ex membri del consiglio di amministrazione e sindaci: Orazio Bagnasco. Giacomo Di Mase, Federico Gallarati Scotti, Goffredo Manfredi, Stefano Marsaglia, Giampaolo Melzi d'Eril, Aladino Minciaroni, Carlo Olgiati, Enrico Palazzi Trivelli, Giuseppe Prisco, Roberto Rosone. Luigi Roteili, Mario Valeri Manera, Carlo Von Castelberg, Giuseppe Zanon di Valgiurata, Amatore Brambilla, Mario Davoli, Francesco Monti. A questi si aggiungono i responsabili dell'ufficio estero della banca che avevano cariche amministrative nelle con¬ sociate estere: Filippo Leoni, Giacomo Botta, Carlo Costa, Alessandro Mennini, Adriano Bianchi. Erano proprio le consociate estere, cioè quei «Banco Ambrosiano» in Perù, in Nicaragua (con Somoza), in Lussemburgo e alle Bahamas che servivano per tutte le operazioni più delicate gestite da Calvi con i soldi dell'Ambrosiano: erano state create «ad hoc» dal banchiere su suggerimento di qualcuno che se ne intendeva: Michele Sindona. "lo stesso — aveva raccontato Sindona — suggerii a Calvi di costituire una banca alle Bahamas pensando anche ad un sistema per far entrare lo Ior (Istituto opere di religione)». Nasce così il «Banco Ambrosiano Overseas» di Nassau con monsignor Paul Marcinkus nel consìglio di amministrazione. Questa banca, assieme alle altre consociate, era il canale utilizzato da Calvi per far avere, sotto forma di «fidi e finanziamenti a favore di società», denaro ai suoi «clienti» favori¬ ti. Innanzitutto gli uomini della P2. «Bellatrix» era il nome di una società costituita a Panama: aveva avuto «prestiti- dall'Ambrosiano per complessivi 184 milioni di dollari (al cambio attuale più di 250 miliardi). Quei soldi dovevano servire al terzetto Gelli-OrtolaniTassan Din per impadronirsi della casa editrice Rizzoli (di cui Tassan Din era amministratore delegato) e "portarla definitivamente sotto la sfera di controllo del vertice della P2~: l'operazione riusci solo in parte, la morte di Calvi e lo scandalo bloccarono l'ingranaggio. Nel condurre l'intera operazione Tassan Din potè sempre contare dell'appoggio della sua segretaria, Gabriella Curi, che sarà processata per favoreggiamento. Ma i «finanziamenti» al gruppo della P2 non si sono limitati all'operazione Bellatrix. Licio Gelli potè contare su un flusso di denaro, proveniente dall'Ambrosiano e finito su banche svizzere, di complessivi 82 milioni di dollari e 2 milioni e mezzo di franchi sviz¬ zeri (al cambio attuale circa 116 miliardi). Ancora più consistenti i «finanziamenti» per Umberto Ortolani: 224 milioni di dollari e 15 milioni di franchi svizzeri (complessivamente 326 miliardi lira più lira meno). Sono cifre che contrastano non poco con le affermazioni fatte l'altro giorno da Ortolani in tv: 'lo non ho avuto nessun rapporto mai, di qualsiasi genere con il Banco Ambrosiano, lo avevo solamente rapporti di carattere privato con il signor Calvi». E a Milano si dubita molto che Ortolani, come ha dichiarato, voglia davvero tornare. Più «modeste» in confronto al vertice della P2 le erogazioni a favore dei «faccendieri» Flavio Carboni (19 milioni di dollari) e Marco Ceruti ( 10 milioni di dollari). E, a dispetto del suo primato di «signora della finanza», anche gli accrediti ad Anna Bonomi Bolchini si sono limitati a 10 milioni di dollari, pagati in due rate: soldi che lei ha sempre sostenuto essere il pagamento di un «debito personale» di Calvi nei suoi confronti. Secondo i giudici, invece, provenivano dalle casse dell'Ambrosiano, e lei lo sapeva: da qui l'accusa di concorso in bancarotta. In questo vorticoso giro di denaro tutto sommato sembrano quasi briciole quelle finite al grappo di personaggi che ruotava attorno a Flavio Carboni e a cui Calvi ormai resosi conto che stava perdendo gli appoggi più influenti si appoggiò nell'ultimo periodo: Francesco Pazienza, Fausto Annibaldi, Gennaro Cassetta, Emilio Pellicani. Avevano creato una serie di societàfantasma (Realfin, Finanzco, Andros, Mertanil, Prato Verde, immobiliare Etruria) che attinsero anche loro all'Ambrosiano. Tre milioni di dollari un milione e mezzo, due milioni... le ultime elargizioni di un banchiere che era stato per molti una gallina dalle uova d'oro e che aveva così portato la sua banca al dissesto. Susanna Marzolla Roberto Calvi Paul Marcinkus Licio Gelli

Luoghi citati: Bahamas, Londra, Lussemburgo, Milano, Nassau, Nicaragua, Panama, Perù, Prato