Il posto dei burocrati e l'utopia del manager di Giovanni Trovati

Il posto dei burocrati e l'utopia del manager Dietro lo sciopero degli statali per il contratto Il posto dei burocrati e l'utopia del manager (Ostacoli e resistenze alla riforma del pubblico impiego) Gli statali scendono in sciopero oggi per sollecitare il rinnovo del contratto. Contano su un alleato sicuro, le elezioni di giugno. Sinora non si è mai visto una de c un psi disposti a scontentare tre milioni di lavoratori, c famigliari, alla vigilia di chiedere il voto. De Mita ha affermato di considerare il contratto per il pubblico impiego un momento caratterizzante del programma di governo, perché dovrebbe legare gli aumenti all'avvio dell'attesa riforma. Egli vorrebbe riportare alla sola contrattazione tra governo c sindacati tutta la parte economica, cancellando le troppe leggine che impediscono di tenere sotto controllo la spesa — su 100 lire di stipendio 70 provengono dai contratti, 30 da norme votate dai Parlamenti compiacenti — e distribuire il pubblico dipendente secondo le necessità. Ma le leggine bisogna cancellarle con altre leggi, e il provvedimento sulla mobilità attende il sì delle Camere. Manca il tempo. Quindi anche il contratto per gli statali si ridurrà ai soli aumenti, e gli impegni di lavorare di più e meglio saranno rinviati a un futuro che non si riesce a fissare. Gli stessi sindacati ammettono che la produttività è scarsa. Su un orario di 6 ore 38 minuti il giorno si passano in ufficio mediamente 4 ore 52 minuti. E' diventata prassi persino l'uscita per commissioni personali. Mi sono sentito rispondere al telefono che il funzionario era fuori per la spesa — «Bisogna pure che qualcuno provveda, se no con che cosa si fa da mangiare a casa?» — e che tardava perché evidentemente aveva incontrato traffico: «Roma, lei lo sa, non è Torino». I sindacati chiedono che si introduca nello Stato il criterio della managerialità. Il disegno di legge sui vertici della pubblica amministrazione all'art. 5 prevede che possano essere affidati incarichi a persone fuori ruolo nei limiti del 5 per cento dell'organico dell'alta dirigenza: si tratterebbe di poche decine di teste d'uovo scelte con un rapporto privatistico per la durata di cinque anni, rinnovabili. Dovrebbero dare uno scossone alla macchina dello Stato e stimolare una sana emulazione tra i dirigenti di carriera. C'è chi dubita che basti introdurre qualche manager per accrescere la produttività nel pubblico impiego. Il vicccommissario straordinario del Policlinico di Milano, Marco Campari, è del parere che neppure un De Benedetti potrebbe comportarsi da manager, perche gli mancherebbero gli strumenti: «Le regole del gioco sono tali che qualsiasi gestione manageriale è impossibile». Parole che trovano una verifica nella defatigante esperienza di Schimberni nell'Ente Ferro- vie. Pesano le norme troppo vecchie e soprattutto i vincoli che derivano dalla crescente ingerenza dei politici. Tra le «vere esigenze» della pubblica amministrazione, per modificare almeno in parte le regole del gioco, i sindacati pongono l'allontanamento dei politici e dei «dirigenti incapaci di interpretare il ruolo loro assegnato». L'art. 129 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, che risale al 1957, autorizza a dispensare dal servizio chi «abbia dato prova di incapacità o di persistente insufficiente rendimento». Chi lo ha applicato? Nessuna norma ha mai garantito la non liccnziabilità: ma già all'inizio del secolo Gaetano Mosca constatava che «si era arrivati a creare un 'ultra forma di proprietà privata, quella del posto che si occupa (...) in uno dei tanti pubblici servisi». Quando un magistrato di Roma, il mese scorso, ha aperto un'inchiesta sull'assenteismo ingiustificato nei ministeri, ipotizzando il reato di truffa, sono insorti i sindacati, tutti, e il ministro della Funzione pubblica, Cirino Pomicino. Si possono capire i sindacati, ai quali lo spirito di corpo a volte fa dimenticare le proclamate buone intenzioni. Si capisce meno il comportamento del ministro, che avrebbe invece dovuto rallegrarsi perche un magistrato lo aveva sollevato da un compito gravoso quanto doveroso. A meno che non abbia considerato offensiva quell'azione di supplenza, perche suonava come denuncia alla pubblica opinione della propria impotenza. Luigi Einaudi, che di amministrazione dello Stato era profondo studioso, diceva che «la forza di resistenza della burocrazia è assai più forte di qualunque fona propulsiva dei ministri»; Per migliorare la produzione si richiedono una competenza non improvvisala e il coraggio di essere impopolare. Giovanni Trovati

Persone citate: Cirino Pomicino, De Benedetti, De Mita, Gaetano Mosca, Luigi Einaudi, Marco Campari, Schimberni

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino