Torna a splendere l'oro del Reno

Torna a splendere l'oro del Reno Ridotte le scorie chimiche con un vasto impegno di risorse e tecnologia Torna a splendere l'oro del Reno Sandoz, Ciba-Geigy, Hoffmann-La Roche hanno cominciato a depurare gli scarichi all'origine invece che a valle - Due metodi di intervento LONDRA — Pochi giorni fa i rappresentanti dei governi dei 5 Continenti hanno firmato a Basilea un accordo per la regolamentazione del trasporto dei rifiuti tossici. Basilea era il luogo più adatto per questa riunione. Nel 1986 un incendio nei magazzini della Sandoz provocò la fuoruscita di 30 tonnellate di sostanze tossiche finite nel Reno con danni catastrofici. La conseguenza di questo incidente è stata di indurre le aziende a prendere provvedimenti anti-inquinamento. La Sandoz dichiara di avere speso, nel 1987,180 miliardi di lire per il trattamento delle scorie e di aver investito altri 58 miliardi in depuratori. La Ciba-Geigy ha previsto di spendere, nei prossimi anni, 730 miliardi. Comunque, le tre principali aziende chimiche di Basilea, la Sandoz. la Ciba-Geigy e la Hoffmann-La Roche, sostengono di aver preso provvedimenti fin dall'inizio degli Anni 70, quando tutta l'Europa vide alla televisione le immagini del Reno pieno di pesci morti per mancanza di ossigeno. ■■Ci sono state molte discussioni sul modo di liberarsi dei rifiuti tossici — dice Jurgen Volz, segretario generale della Riwa, l'associazione belga-olandese delle società idriche del Reno e della Mosa —. Le industrie chimiche sostenevano che fosse più economico trattare le scorie a valle-. Ma la disputa è finita, sostiene Volz. L'anno scorso ad una conferenza, un portavoce della Ciba-Geigy dichiarò che l'industria chimica doveva controllare i processi di fabbricazione ed i suoi prodotti se voleva essere accettata dalla collettività. Le industrie di Basilea oggi riconoscono la necessità di salvaguardare l'ecosistema (dall'inizio del secolo al 1984 l'80 per cento dei pesci è scomparso dal Reno) e l'acqua del fiume che disseta circa 20 milioni di persone. Oggi il Reno è più pulito che negli Anni 70. Il livello di mercurio è sceso sotto 0.1 microgrammi (un milionesimo di grammo) per litro e c'è una quantità di ossigeno sufficiente alla sopravvivenza dei pesci. Tra l'80 e il 90 per cento delle acque di scarico sono oggi trattate biologicamente. Le industrie chimiche hanno soprattutto investito in depuratori per rifiuti liquidi. Un impianto modello, che rende innocuo circa l'80 per cento delle scorie biodegradabili, opera in questo modo: • 1) Le acque di scarico, che sono tendenzialmente acide, vengono neutralizzate in serbatoi che contengono soda caustica o calce. Le sostanze alcaline sono depurate con acido solforico. • 2) Il liquido cosi ottenuto è trasferito in un altro serbatoio dove le parti più pesanti si sedimentano e vengono poi immagazzinate in un terzo serbatoio. • 3) Alle acque di scarico si aggiungono agenti chimici precipitanti che raccolgono le sostanze difficilmente biodegradabili. Si pompa poi dell'aria nel liquido per spingere i grumi in superficie dove vengono rimossi. Quindi i liquidi sono depurati in modo simile a quanto avviene per gli scarichi domestici. Si aggiungono microrganismi che scindono le sostanze chimiche in elementi innocui e si pompa dell'ossigeno per accelerare le reazioni. • 4) Infine, le scorie rimaste sono trasferite in uno speciale serbatoio dove sono addensate da catalizzatori, centrifugate per eliminare l'acqua e incenerite. Le ceneri sono interrate e gli effluenti ripompati nel Reno. Benché la presenza nel fiume di sostanze tossiche sia un decimo rispetto al passato, è ancora dieci volte superiore a quanto dovrebbe essere. Un altro fattore di inquinamento è il sale che arriva nel Reno dalle fabbriche e dalle miniere di potassio dell'Alsazia e che è in continuo aumento. Vicino al confine olandese la quantità di acido cloridrico nel fiume è di 400 milligrammi per litro, mentre dovrebbe essere di 20 milligrammi. Ciò significa che 50 tonnellate di sale attraversano il confine tra Germania e Olanda ogni giorno. Le tre aziende di Basilea sono coscienti che molto resta da fare anche se i loro scarichi rispettano gli standard fissati dalle autorità svizzere. L'obiettivo principale è di aumentare i trattamenti di sostanze in parte o del tutto non biodegradabili utilizzando forni inceneritori. Bruciare i rifiuti anziché gettarli nelle discariche evita possibili contaminazioni dell'acqua attraverso il terreno. Ronald Schlegel, productmanager alla WtE Umwelttechnik, una azienda di forni di Zurigo, spiega che in questo modo gran parte delle sostanze chimiche pericolose vengono decomposte. A Rotterdam, un forno è in grado di bruciare il 99 per cento dei rifiuti producendo gas relativamente poco dannoso. Ad una temperatura di 1400 gradi centigradi sono decomposti senza generare prodotti tossici, come la diossina. Questi forni hanno però alti costi di esercizio. E' necessario sostituire il filtro ogni 8 mila ore, con una spesa di 150 milioni ogni volta. Così costerebbe da due a dieci volte di più incenerire i rifiuti che gettarli nelle discariche. Secondo Jurg Straub, un amministratore della divisione per l'ambiente della Hoffmann-La Roche a Basilea, trattare i rifiuti costa da 350 a 900 mila lire alla tonnellata. Per questo motivo, dice Straub, -e meglio prevenire col controllo della produzione che cercare rimedio dopo-. Ci sono due metodi principali per ridurre le scorie, dice Gotti Eigenmann della CibaGeigy. Il primo é di ridurle durante la produzione. Ciò comporta l'ottimizzazione dei processi produttivi: reazioni chimiche più efficaci creano meno scorie. Bisogna inoltre evitare processi che generino sostanze insolubili. Il secondo metodo è di riciclare il più possibile. La Hoffmann-La Roche, per esempio, stima di riuscire a riciclare il 60 per cento dei solventi impiegati nella produzione, mentre la Sandoz sostiene che è in grado di riutilizzare più di 10 mila tonnellate di materiale di scarto ogni anno. Paul Abrahams ©FINANCIAL TIMES Metalli pesanti nel Reno Microgrammi per litro 84 85