Spara ad un suo allievo «Mi diceva pederasta»

Spara ad un suo allievo «Mi diceva pederasta» A Pescara, uccide il ragazzo e ferisce il padre Spara ad un suo allievo «Mi diceva pederasta» L'omicida dava ripetizioni alla vittima - «Era il mio incubo» PESCARA — -Mi prendeva sempre in giro, per me era diventato un incubo-. L'ingegnere aveva perso la testa per l'allievo sedicenne. Ma quel ragazzo non ne voleva sapere, anzi, si faceva beffe di lui. Cosi l'ha ucciso, con 16 colpi di pistola, nel cortile di casa. Ha sparato anche contro il padre del ragazzo, un commerciante di biancheria, ferendolo gravemente. Poi ha deposto l'arma su un muretto, e non ha opposto resistenza agli agenti. «Si, sono stato io. Arrestatemi-. Il delitto è accaduto domenica sera, a Pescara. L'omicida è Franco Ariano, un ingegnere di 46 anni, funzionario dell'Utif (Ufficio tecnico imposte di fabbricazione). Un uomo dalla vita «normale»; il lavoro, il matrimonio con Annarita Lipartiti (originaria di Torremaggiore, Foggia, e da cinque anni residente a Pescara). La vittima si chiamava Giovanni Di Lauro, aveva 16 anni. I motivi della tragedia sono emersi negli interrogatori dei sostituto procuratore Carmelo De Santis. Il magistrato ha sentito parenti e vicini delle vittime, e ha ricostruito i tasselli della vicenda. L'ingegnere Ariano e Gennaro Di Lauro, il padre di Giovanni, erano amici. Si conoscevano da tempo, si stimavano. Così quando il figlio incomincia ad avere qualche difficoltà a scuola, soprattutto in matematica, Gennaro Di Lauro decide di mandarlo a ripetizione dall'ingegnere. Le lezioni private hanno inizio circa un anno fa. Fin dai primi giorni l'ingegnere prova una certa attrazione per il suo allievo, gli usa at tenzioni evidenti. -E' vero — ammette ora Franco Ariano — ma lui mi aveva provocato. Le sue "avances" erano continue*. Quanto siano attendibili le giustificazioni dell'ingegnere non si saprà mai. Comunque quando l'uomo tenta di baciare il ragazzo, Giovanni scappa. E' scosso, turbato: si chiude in casa, per tre giorni non parla con nessuno. Poi il segreto diventa troppo pesante per tenerlo soltanto per sé. Giovanni si sfoga, racconta tutto. Prima ai cugini, poi ai genitori. Il padre si infuria. Si sente tradito nella sua fiducia verso l'amico, al quale aveva affidato il figlio perché lo aiutasse negli studi. Gennaro Di Lauro decide di affrontare l'ingegnere. I due litigano; il padre del ragazzo colpisce Ariano e gli frattura un braccio. La vicenda sembra finire lì. In casa Di Lauro torna la calma: Giovanni ha interrotto le sue ripetizioni. Quando per strada incontra l'ingegnere, rìde, lo insulta, lo prende in giro. E incomincia il tormento dì Ariano. -Non ne potevo più. Ogni volta quel ragazzino mi chiamava pederasta, e poi si divertiva, mi dileggiava. Per me era un inferno*. E l'ingegnere comincia a pensare di farla pagare cara, a Giovanni e al padre. H 20 gennaio scorso compra una pistola, una Beretta 91, calibro 9,21. Domenica sera, forse dopo l'ennesima *provocazione-, decide di farla finita. Attende il ragazzo e il padre nel cortile del palazzo in cui abitano, estrae l'arma e spara. Sedici colpi. Giovanni e Gennaro Di Lauro cadono al suolo, per il sedicenne non c'è più niente da fare. La madre si rende conto di quanto è accaduto, urla, si dispera. Scatta l'allarme; il primo ad intervenire è un agente di custodia, Sandro Castracane. Punta la sua pistola di ordinanza contro l'ingegnere, ma è inutile: Ariano si è già liberato dell'arma, posandola su un muretto. -Afa ti rendi conio che hai ammazzato un uomo?-, urla l'agente. L'ingegnere risponde come in trance: -Si, me ne rendo conto. Mi sono liberato da un incubo-. L'omicida viene condotto negli uffici della Squadra mobile. Gennaro Di Lauro, gravemente ferito, viene operato in ospedale. Il figlio giace morto su un lettino del pronto soccorso. I medici che curano l'uomo non disperano di salvarlo, ma la prognosi è riservata. Antonio Buccini

Luoghi citati: Foggia, Pescara, Torremaggiore