Nelle strade di Bastia la sfida del silenzio di Enrico Benedetto

Nelle strade di Bastia la sfida del silenzio Sfilano in ventimila per l'operazione «città morta» con pochi striscioni e senza slogan Nelle strade di Bastia la sfida del silenzio I nazionalisti: diamo a Parigi una lezione di civiltà - Un negoziante: vanno in carcere i ragazzini per una scritta sul muro, mai i sindaci per le ruberie - Un leader sindacale: smascheriamo chi ruba il pubblico denaro ai corsi DAL NOSTRO INVIATO BASTIA — Sfilano negozianti, casalinghe, avvocati, contadini, industriali. Gli operai non esistono su quest'isola, e gli studenti sono quasi tutti nelle università del Continente. E' un maggio '68 in stile corso. Tre le parole d'ordine che ieri diffondevano gli altoparlanti: silenzio, pace, responsabilità. Pochi striscioni, slogan ridotti, ma tante facce di moro con la benda bianca, il vessillo isolano. Sono quasi 20 mila, mezza città, e attraversano lentamente una Bastia deserta, con i negozi sbarrati, nessun bus, treni fermi. E' l'Operazione Città Morta, lanciata dai nazionalisti che — dopo 40 giorni di sciopero fra gli statali — per la prima volta gettano il loro peso in una lotta sempre più dura con il governo francese. Apre il corteo un ragazzino di 12 anni. Alano, che sventola impettito sotto i flash una grande bandiera. Dietro, l'unico grande drappo: 'Corsica. Per una soluzione globale». In quarta fila, Edmond Simeoni con lo stato maggiore dei nazionalisti. Ha raccolto più gente in una serata di temporale che i sindacati regolari lungo tutta una settimana. Chiede e ottiene di non avere fra i piedi agenti in assetto da guerra. Lascia i manifestanti, va dal prefetto Boucault, torna, spiega. Slogan, Sonde, sassaiole dei giorni scorsi hanno ceduto il posto a un silenzio che sgomenta la polizia. Chiaro il messaggio: 'Dopo tanto baccano e mercanteggiare su 50 o mille franchi il mese, oggi sfila il popolo corso, e darà a Parigi una lezione di civiltà». I ragazzi di Lupino — il quartiere-dormitorio sul por¬ to —, tuta paramilitare e fazzoletto sugli occhi, non si azzardano a estrarre i petardi: il servizio d'ordine li pesterebbe senza un attimo d'esitazione. Nelle ultime file, Felice Tornasi, negoziante. Bottegai in piazza che accusano il governo, un'atmosfera da maggioranza silenziosa: non sarete alle volte poujadisti? "Ho fatto 54 mesi di galera. Mi accusarono di avere ucciso un soldato, a Calvi, mentre piazzavo dinamite sotto la caserma della Legione Straniera. L'anno scorso è venuta l'assoluzione. Ora il mio caso verrà discusso a Strasburgo, nell'Eurocorie di Giustizia. Qui i bottegai non chiedono l'elemosina a Parigi, esigiamo un avvenire migliore per l'isola. Ho visto ragazzini finire in carcere per una scritta sul muro, ma nessun assessore o sindaco processato per le sue ruberie. Qualcosa, però, sta cambiando». In effetti le famiglie che da sempre gestiscono la Corsica, in queste settimane paiono sulla difensiva. Specie quando Simeoni, di sorpresa, annuncia come sia finito il tempo del vittimismo e occorra fare autocritica. Afferma Bernard Trojani, leader del sindacato nazionalista: «Per anni ci hanno ripetuto: l'isola non decolla a causa della violenza politica. Bene, dopo 10 mesi senza bombe, possiamo dire che i motivi vanno ricercati altrove. Smascheriamo chi intasca pubblico denaro sottraendolo ai corsi». Parolebomba, queste sì, per i grandi padrini dell'isola — Rocca Serra, Giacobbi, Zuccarelli — che scrivono lettere a Mitterrand ma si guardano bene dal farsi vedere in piazza. La «forza tranquilla» dei nazionalisti, ci dice Yves Stella, loro responsabile-propagan¬ da, è un avvertimento cifrato per Rocard: 'Vedete quanti siamo? Oggi tutto calmo, domani chissà... Ma i responsabili sarete voi. La strada da seguire è questa: concertazione in tutta l'isola, poi un dialogo Corsica-Stato per regolamentare i rapporti a livello globale». Sciolta la manifestazione, i dimostranti hanno scandito in coro 'Fnlc! Fine!». E' la sigla del terrorismo corso, che secondo Felice Tomasi annovera tuttora un centinaio di clandestini sull'isola. Solo un caso? La vertenza monetaria da ieri è soprattutto politica. La Cgt annuncia da domani, ottava settimana di sciopero, una «marcia sull'Hotel Matignon» e tutte le prefetture. 'Non siamo indigeni Kanak, Rocard non può trattarci come la Nuova Caledonia» insistono i nazionalisti. Enrico Benedetto

Luoghi citati: Corsica, Nuova Caledonia, Parigi, Strasburgo