«A Palermo la paura è di casa, non bisogna arrendersi» di Francesco La Licata

«A Palermo la paura è di casa, non bisogna arrendersi» Il pool antimafia è azzerato, Falcone rischia il trasferimento, in municipio c'è tensione: richiamo del pg Pajno «A Palermo la paura è di casa, non bisogna arrendersi» PALERMO — 'Sarà un caso, non ho elementi per essere più preciso, ma ogni volta che ci troviamo in prossimità di appuntamenti di una certa importanza, il clima di tensione si fa più pressante e ritorna la violenza, quella reale e quella parlata-. La frase è del professor Rino La Placa, segretario provinciale della democrazia cristiana e grande sostenitore della giunta Orlando. L'appuntamento importante al quale si riferisce è l'annunciato ingresso del pei nella giunta che alla contestatissima coalizione palermitana dovrebbe dare maggiore stabilità. E' previsto per il 10 aprile, giorno in cui due o tre comunisti varcheranno, per la prima volta nella storia deila città, la sala della giunta. E la violenza? Le minacce al giudice Gianfranco Riggio, mancato consulente dell'alto commissario, ma anche le minacce sotterranee che ogni giorno battono a tappeto la città con il dichiarato intento di smorzare gli entusiasmi di quanti ancora dimostrano impegno sul fronte dell'antimafia? Lo stesso La Placa è uno di questi. Subito dopo la scelta di «andare avanti sulla strada del rinnovamento con Orlando», qualcuno al telefono gli ha fatto sapere che la sua vita è in pericolo. E da due settimane anche lui vive «blindato». Così Palermo, tra paure autentiche, polemiche strumentali e smobilitazioni pilotate, vive ogni giorno i rischi della rassegnazione. Ne corre l'apparato investigativo della polizia debilitato da trasferimenti continui e da una faida interna portata avanti anche con mezzi solitamente usati dalla mafia: lettere, telefonate anonime e finanche minacce di morte inventate o costruite ad arte. O addirittura col sistema del sospetto, in base al quale più di un investigatore spesso è stato costretto a giustificarsi di essere vivo prima del «trasferimento cautelativo». Non corrono più rischi, invece, i pool antimafia di palazzo di giustizia. Quelli praticamente sono già stati azzerati: basta pensare alle richieste di trasferimento presentate da molti magistrati e ai nuovi metodi di lavoro. E' venuto me¬ no il fulcro centrale delle indagini il cui flusso ora si incanala per mille rivoli. Chi coordinerà, per esempio, le 12 Procure della Repubblica che si occuperanno dei fatti raccontati dal pentito catanese Antonino Calderone? E pensare che i pool erano nati proprio per garantire la possibilità di dare uno «sguardo unico» a vicende criminali apparentemente slegate e frammentarie. Ma avevano anche un'altra funzione: quella di sottrarre il magistrato alle pressioni esterne. Ora, in occasione delle minacce subite da Riggio, a ricordare tutto ciò è il procuratore generale di Palermo, Vincenzo Pajno: "E'stato proprio per spersonalizzare le inchieste antimafia — dice il magistrato — che volli, quando ero procuratore della Repubblica, la formazione dei cosiddetti pool. Era la migliore garanzia possibile per lavorare con una certa tranquillità-. E quando si fa riferimento alla vicenda di Gianfranco Riggio, aggiunge: "Il nwnero del mio telefono è sull'elenco. Non l'ho mai cambiato. Chiunque può telefonarmi, ma non significa nulla. Almeno per me-. Il procuratore conclude con un chiaro riferimento alla situazione attuale: -Non ho mai detto che sia migliorata. Nelle mie relazioni per l'inaugurazione dell'anno giudiziario ho sottolinealo come non si possa restare affatto tranquilli e che Cosa Nostra non è stala affatto sconfitta-. Qualche rischio di rassegnazione lo corre il giudice Giovanni Falcone. Sono ancora fresche le vicende della scorsa estate, ma non concluse. Il magistrato più scortato d'Italia non sa ancora quale futuro l'aspetta. A Palermo c'è libero un posto di procuratore aggiunto e lui ha fatto la domanda alla vigilia dell'entrata in vigore della nuova legge che sopprime la figura dei giudici istruttori. A quel posto concorrono anche altri magistrati, più anziani di Falcone. Ciò vuol dire che si ripeterà il problema sorto la scorsa estate: quale criterio per assegnare gli incarichi? Anzianità o professionalità? Solo che stavolta per Falcone è davvero l'ultima occasione per rimanere a Palermo, cuore della piovra. Se infatti dovesse «perdere», il giudice sarà costretto a cambiare città, a meno che non voglia occuparsi di giustizia civile. E se ne andrebbe proprio lui che di minacce ne ha ricevute con l'obiettivo di costringerlo ad andare via da Palermo. In un clima, dunque, poco favorevole all'ottimismo si cerca di vincere la paura diffusa. I giudici rinunciano a entrare nella polemica e si chiudono a riccio. Chi può parlare, lancia esortazioni a resistere. Dice il cardinale Salvatore Pappalardo, commentando la rinuncia di Riggio: -Non bisogna deflettere, demordere, né fare spegnere la speranza. Il bene non può essere soppresso dalla cattiveria umana. Dobbiamo dirlo ad alta voce perché la gente potrebbe abbandonare questa ancora e lasciarsi andare. Dobbiamo andare avanti, non possiamo tornare indietro e non possiamo star fermi-. Cosi la pensa anche La Placa:-In tempi come questi viene richiesto un supplemento di coraggio. Bisogna essere equilibrati ma fermi e determinati perché sia visibile a tutti la strada che si vuole seguire-. Francesco La Licata

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