Un paese, il terremoto, i soldi di Alberto Papuzzi

Un paese, il terremoto, i soldi COME CAMBIA IL MERIDIONALISMO DOPO LA MODERNIZZAZIONE Un paese, il terremoto, i soldi I miliardi per i danni hanno trasformato Sant'Angelo dei Lombardi - il sindaco: «Pochissime famiglie con reddito solo agricolo» - Una piscina da tre miliardi: «Avremo quello che l'Italia si gode già» - Contestate le inchieste giudiziarie sui fondi: «Lo Stato ha le mani bucate con tutti» - Rimozione collettiva delle vecchie culture • I giovani: «Perché dovremmo andarcene?» • Gli intellettuali: «Cancellata l'identità meridionale» DAL NOSTRO INVIATO S. ANGELO DEI LOMBARDI — Ritagliamo dalla geografìa dello Stivale un piccolo pezzo dì Sud, in cui si rovesciano come in un imbuto le contraddizioni del meridionalismo. Cinquanta chilometri sopra Avellino, tra monti dell'Irpinia precocemente verdi, Sant'Angelo dei Lombardi è il luogo da cui oltre un secolo fa Francesco De Sanctis partì per il pellegrinaggio narrato nel suo Viaggio elettorale. Capoluogo circondariale, conta 5400 abitanti, un terzo sparsi nelle campagne. Il terremoto del 23 novembre 1980 distrusse V80 per cento degli edifici e costò più di settecento morti. Dopo quasi nove anni, una recinzione vieta ancora il passaggio nel centro storico di età normanna in cima al borgo. Corazze di tubi Innocenti ingabbiano una grande chiesa e il palazzo municipale. Si attraversa il paese per strade in discesa, in parte ghiaiose; pochi i palazzotti rimasti in piedi. Si incontrano file di basse case prefabbricate, numerosi condomini freschi di calce e i grandi scavi polverosi di diversi cantieri edili. Da otto mesi è aperto un albergo quattro stelle, semivuoto, con discoteca. Manca una piazza. Un capannone in lamiera funge da chiesa. Da un piazzale ancora ingombro di calcinacci a fianco di questa chissà precaria, si abbraccia la Valle dell'Ofanta, verso Nusco e LionU sulle pendici boscose spiccano una decina dì aree industriali, come pezzi di Lego su un plastico dei trenini Marklin. L'insediamento più importante, con 104 occupati, è della Ferrerò. Si realizza quel programma di industrializzazione delle aree interne che è stato uno dei nodi controversi della politica ■meridionalistica: «la sfida di portare le industrie in montagna», come- dicono gli amministratori locali. Il terremoto non ha frenato la modernizzazione, anzi ne ha accelerato i processi, ara zie a 150 miliardi di finanzia mentì straordinari. «Questo flusso indemoniato di dena ro», come lo definisce Romualdo Marandino, grecista e latinista, leader dei movi menti meridionalisti locali negli Anni Settanta, ha provocato trasformazioni che normalmente richiedono de cenni. Prima del terremoto, la popolazione si divideva tra borghesia impiegatizia e società contadina. Oggi, invece, «è difficile trovare famiglie con reddito esclusivamente agricolo», come spiega Rosan na Repole,figlia di un generale, primo sindacu donna, a capo di un monocolore democristiano. «Quel 23 novembre rimasi 14 ore sotto le macerie, ricorda Marandino, quando mi tirarono fuori avevo una strana speranza: che il terremoto potesse significare l'uscita dall'arretratezza e dal provincia lismo. Una ricostruzione rea le. Invece ha accreditato il mi to di una industrializzazione che risolve tutto. Si sono ac quisiti i modelli di vita televisivamente emergenti e i figli dei contadini fanno tutti commercianti o gli imprenditori». «Essendo vissuta in paesi analoghi del Piemonte e del Veneto, posso dire con certezza che non ci sono più le diversità di un tempo, afferma la Repole. Un giovane di S. Angelo va in discoteca come un giovane del Nord. La differenza è una sola: qui di discoteche ne ha a disposizione una, lassù molte. Ma comporta menti e consumi sono i medesimi. Per quanto ci riguarda, il divario Nord e Sud é diventato un normale rapporto tra centro e periferia». Nel Liceo classico De Sanctis la fine delle lezioni è comunicata dal suono di una vera campana, con il suo ba tacchio e la cordicella. Gli studenti di terza, che non co noscono i pensatori meridionalisti, che non hanno circoli giovanili, che «quando non si studia si va al bar o in discoteca», nella stragrande maggioranza non si sognano di lasciare il loro paese. Spiegano che «realizzarsi fuori sarebbe già una partita persa». // Sud è diverso per gli altri, per i settentrionali, che parlano solo di mafia e camorra. «Anche tanti giovani settentrionali che cosa dicono? Che qui è Africa. Ma quanti sono venuti a vedere quest'Africa?-. Il business della ricostruzione, il suo indotto, gli sludi di fattibilità e le direzioni dei cantieri, il posto nelle nuove industrie, la piccola imprenditorialità assistita, le cooperative vere e quelle fittizie, la corsa al guadagno, il salto di classe, i nuovi consumi, i modelli giovanilistici sono proliferati, in una rimozione collettiva delle vecchie culture: quella artigiana dei maccheTonai e dei cardalani, quella alimentare del pesce salato, quella religiosa della processione dei misteri, ma anche l'attivismo politico e meridionalista delle associazioni e dei cìrcoli degli Anni Settanta, quando S. Angelo dei Lombardi era il collegio senatoriale di Manlio Rossi-Doria. La gente vuole credere che la trasformazione del proprio paese sia il ragionevole adeguamento a un trend di vita di cui godono gli altri italiani. Il dissenso degli intellettuali è una voce del tutto isolata. Giuseppe Juliano, cancelliere della pretura, autore di un saggio sulla Civiltà contadina e di un romanzo intitolato Cartolina precetto, avan¬ za un dubbio: «Oggi soldini se ne vedono tanti, ma una volta finita la ricostruzione, una volta esauriti i contributi, se le nostre industrie non saranno sul mercato, che fine faremo?». Ma la precarietà dello sviluppo, i suoi limiti, le sue ambiguità sono circondate da un antico pregiudizio, da un sottile disprezzo per ciò che non produce, uno strano mix di diffidenza contadina e di pragmatismo affaristico. S. Angelo marcia verso il benessere. Paese dimezzato, comunità schizofrenica, ma doiflaniente legittimati in questa marcia: dalle ingiustizie patite in decenni di povertà e arretratezza del Mezzogiorno e dalle ferite materiali e morali subite in quei novanta secondi del 23 novembre 1980. Come se essere meridionali ed essere terremotati significasse poter esibire una cambiale in bianco nei confronti dello Stato; anche nei confronti del Nord, più ricco e fortunato. Il caso della piscina. Alle pareti dell'ufficio tecnico mu¬ nicipale sono appesi i disegni di un progetto che ha suscitato polemiche (anche in relazione alle dispute parlamentari sull 'uso dei fondi per i terremotati irpini). Si tratta di una grande piscina comunale, con tre vasche, il cui costo potrebbe superare i tre miliardi. Le polemiche sono considerate pretestuose. Per tutti parla Michele Cetta, giovane capogruppo dell'opposizione comunista in Consiglio comunale: «Se a S. Angelo ci stanno i soldi per costruire una piscina comunale, vorrà dire che anche noi avremo qualcosa che tutta Italia si gode già». Il caso dei contributi bloccati dai giudici. L'autorità giudiziaria ha fatto partire una serie di indagini sulle dichiarazioni presentate dai terremotati per ottenere i risarcimenti pubblici. Una parte sarebbero risultate non veritiere. Il che ha bloccato l'erogazione dei fondi, con enormi problemi finanziari: costruttori edili, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, che si erano inde¬ bitati con le banche, ora non riescono a tirare avanti' al tribunale di S. Angelo sono giacenti 60 istanze di fallimento. Ma tutti sono nella stessa barca, tutto il paese è diventato un'enorme catena di Sant'Antonio. Ancora Cetta: «Che significa andare a vedere se uno il 23 novembre aveva 5 o 10 milioni in più o in meno di quanto dichiarato, quando poi lo Stato ha le mani bucate con tutti? Significa solo dare spazio a procuratori della Repubblica in cerca di pubblicità». Lo Stato inadempiente, lo Stato assente, lo Slato burocrate, lo Stato sopraffattore. Questo grande tema del pensiero meridionalista classico, che trent'anni di Cassa del Mezzogiorno e di interventi straordinari non hanno potuto cancellare dalle coscienze, ritorna in superficie come il ventre di una balena agonizzante. Nel mix schizofrenico che e S. Angelo dei Lombardi lo Stato e le sue istituzioni restano l'imputato numero uno. «Quando andiamo all'Ente Regione, dice il sindaco, noi non ci troviamo a trattare con il Consiglio regionale di tutta la Campania ma con il secondo Consiglio comunale di Napoli». Rivendica i meriti di una classe politica dell'Alta Irpinia «formatasi su un forte progetto culturale, perché la gente non continuasse a fare la valigia di cartone». Si contestano scelte di sviluppo in favore della zona costiera (Napoli e Bagnoli). Ci si dimentica che tra Contursi e Grottaminarda si svilupperà una nuova superstrada. Si denunciano le condizioni deprimenti della linea ferroviaria che collega Avellino con S. Angelo («meglio a piedi») . Si condannano come fatti romani le presenze malavitose che inquinano i rapporti con le pubbliche amministrazioni. Di fatto si stabilisce un'alternativa drastica: da una parte lo sviluppo di S. Angelo, dall'altra le iniquità dello Stato. Nel microcosmo del paese la modernizzazione è regolata da una legge aurea: lasciateci fare i nostri affari. Per la costruzione dell'ultima area industriale tra l'impresa aggiudicatrice e il costruttore effettivo c'è una fila di sette subappalti. Quanto alla panacea dell'industrializzazione, in diverse nuove aziende la manodopera è stata assunta, anche per problemi di dequalificazione, con contratti a termine o con contratti stagionali. Ma queste sono «storie nostre». Non era questa «l'occasione storica» di cui parlava Guido Dorso quando batteva le strade irpine. «Si è persa ogni coscienza della propria identità meridionale, annota Marandino, forse sarà una reazione al dramma del terremoto, una forma di alienazione di fronte alla precarietà della vita. Tutto si è ossificato». Le terre, l'agricoltura, i baroni e i contadini, gli avvocati liberali, i medici socialisti: è mai stata veramente cosi? Qual è realmente l'identità meridionale? Il comunista Cetta protesta: ••Dicono: da Roma in giù... Ai signori della Lega Lombarda io rispondo che non fa piacere a nessuno alzarsi la mattina per andare a bussare alle porte dei notabili. Si fa presto a dire clientelismo meridionale». Alberto Papuzzi Sant'Angelo dei Lombardi, novembre 1980. Un'immagine del terremoto. Nove anni dopo, si vedono ancora macerie («La Stampa»)