«Casa, dolce casa», specie se in cantina c'è il rifugio antiatomico

«Casa, dolce casa», specie se in cantina c'è il rifugio antiatomico «Casa, dolce casa», specie se in cantina c'è il rifugio antiatomico FORSE anche il nostro vicino di casa, all'insaputa di tutti, ne nasconde uno nel suo giardino. Stiamo parlando del rifugio antiatomico. Anche se molti lo conoscono soltanto grazie ai romanzi di Asimov, oggi, il bunker della sopravvivenza si sta lentamente diffondendo anche in Italia. E' vero che con il fenomeno della distensione il pericolo dì una guerra nucleare è diventato molto più remoto di un tempo, ma stando agli esperti, l'effetto Chernobyl ha riacceso l'interesse verso questo efficace scudo protettivo, al punto tale da convincere parecchie famiglie a trasformare cantine e tavernette in piccoli e artigianali caveaux, pronti a fronteggiare ogni sorta di calamità. A Torino, come del resto altrove, è difficile fare stime precise su quanti siano i previdenti che nel caso di terremoto, pioggia radioattiva o incendio sanno dove rifugiarsi. Chi ne possiede uno, non ci tiene a pubblicizzare la cosa, perché nel caso di necessità si ritroverebbe una coda infinita di amici che bussano alla sua porta. Reticenze a parte, si parla di cento, centocinquanta bunker unifamiliari, sistemati nei giardini delle ville che costellano la collina torinese. Non si può essere assolutamente certi, invece, su quanti locali seminterrati, tipo cantina, siano stati segretamente adibiti a rifugio anticalamità. Del resto la progettazione non comporta difficoltà eccezionali: basta rinforzare con una speciale intelaiatura i muri e rivestirli con cemento armato, blindare le porte, attrezzare poi questo Fort Ktiox versione casalinga di tutti gli optionals da sopravvivenza e il gioco è fatto. Tecnici del settore affermano che nella nostra città, alcuni condomini hanno deciso addirittura di costruirne uno collettivo nei locali cantina. I prezzi di un rifugio completo di ogni accessorio variano naturalmente in base alla sua capienza. Un modello per una famiglia di sei persone può costare intorno ai sessanta milioni. Il costo è proporzionale al contenuto tecnologica Sulla definizione antiatomico poi, è ne- cessaria una precisazione: dato che oggi l'ipotesi di una guerra nucleare si sta allontanando, il bunker salvagente viene chiamato soltanto ecologico. Il concetto di scudo protettivo per le radiazioni resta (ma si paria di una difesa contro casi appunto come Chernobyl, non di un rimedio anti-bomba) e il rifugio viene pubblicizzato con la sigla NBC abbreviazione di nucleare, batteriologico e chimico. Le calamità da cui ci si può difendere utilizzandolo sono: disastri nucleari civili (ricordiamo a Salsbury, in Inghilterra, il camion carico di armi nucleari rovesciatosi a poca distanza dalla Royal Navy ), inquinamento chimico (il dramma della diossina a Seveso) e infine il terremoto che purtroppo è una perenne minaccia per il 79 per cento del territorio italiano. Vediamo quali sono le principali componenti fisse del bunker. Via di accesso. Il bunker può essere collegato con l'abitazione mediante una sca¬ la o uno scivolo. L'importanza della rapidità con cui il rifugio deve essere raggiunto sta alla base della sua progettazione. Locale chiuso. Costituisce l'ingresso ed è progettato per impedire il contatto diretto con l'esterno, quindi il pericolo di infiltrazioni di gas, polvere radioattiva, batteri. Locale di decontaminazione. E' l'ambiente che serve a decontaminare da eventuali uscite all'esterno. E' dotato di una doccia e di equipaggiamento protettivo (tute, stivali, maschere e guanti) e di servizi igienici. Locale rifugio. Rappresenta la zona di permanenza che svolge la funzione di soggiorno, cucina, notte. E' attrezzata di ogni comfort. Locale tecnico. Un ambiente insonorizzato in cui si trovano un gruppo elettrogeno per la produzione autonoma di energia elettrica e accumulatori di emergenza. Porte blindate. Sono porte a chiusura ermetica in grado di proteggere contro le pressioni d'urto dell'aria, le schegge, la polvere e i gas e l'onda di calore. Sono corredate di un dispositivo di autóliberazione che facilita l'apertura della porta in caso di ostruzioni accidentali. Valvole di sovrapressione. Hanno la funzione di interrompere il passaggio dell'aria in caso di arresto dell'impianto di ventilazione e di mantenere la sovrapressione all'interno del rifugio (che deve essere di circa 10-15 millimetri) per impedire l'entrata di polvere, fumo e gas attraverso eventuali fessure dell'involucro e delle sue aperture. Valvole antiscoppio. In caso di aumento abnorme della pressione esterna preserva gli occupanti del rifugio e i dispositivi di ventilazione bloccando le condotte d'aria. Impianto elettrico. In caso di emergenza ha la capacità di alimentarsi autonomamente collegandosi con il gruppo elettrogeno. Sistema di ventilazione. Garantisce l'aria indispensabile ed è in grado di funzionare anche manualmente ed elettricamente. Filtri. Sono parte essenziale dell'impianto di aerazione e assicurano la purificazione dell'aria respirata separando e assorbendo pulviscolo radioattivo, batteri, gas e sostanze chimiche tossiche. Impianto idro-sanitario. E' costituito da un serbatoio di acqua che assicura una sopravvivenza di trenta giorni. Per quanto riguarda il vitto, nel locale dispensa ci sono viveri sufficienti a garantire una sopravvivenza di un mese. Impianto fognario. Gli scarichi dei servizi sono predisposti per il collegamento alla fossa di raccolta dalla quale vengono pompati nella rete fognaria o in caso di emergenza all'esterno. Alcune ditte torinesi specializzate nella progettazione di rifugi ecologici: • Ansitec: corso Lanza 88 tel.6505695 • Corinbac: corso Marconi 37 tel.6502512 • Piretta: via Valle Balbiana 33 Pino Torinese tel.842671 • Tozzini: corso Montecucco 21, tel.7714686/7495720 Emanuela Minucci sfeT Progetto di rifugio collettivo (45 persone e tre auto) redatto dall'architétto Carlo Zanotti

Persone citate: Asimov, Carlo Zanotti, Emanuela Minucci, Piretta, Salsbury, Tozzini

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Pino Torinese, Seveso, Torino