Dov'è il potere? Tutti lo cercano nessuno ce l'ha di Franca D'agostini

Dov'è il potere? Tutti lo cercano nessuno ce l'ha Un saggio di Barbiellini Amidei Dov'è il potere? Tutti lo cercano nessuno ce l'ha IL nuovo libro di Barbiellini Amidei ha un titolo molto promettente: Il potere. Come si conquista, come si conserva, come si perde. Afa sbaglierebbe chi pensasse di trarne effettive indicazioni pratiche su come conquistare e conservare il potere, e opportune regole prudenziali per impedirsi di perderlo. L'impressione generale è, invece, che l'autore abbia voluto dissuadere il lettore dal potere, o almeno mostraglierne i rischi, i limiti, l'intima inconsistenza. Le fonti sono una saggistica molto diversificata (Simmel, Santillana, Bentham, ma anche saggi scientifici e recentissimi, pubblicati su rivista) e conversazioni-interviste con uomini di potere, o quanto meno interessati all'argomento. Barbiellini adotta essenzialmente (con la realistica assennatezza di chi il potere lo conosce bene) la teoria classica, per cui il potere è prima di tutto economico e politico: la tesi, tipica degli Anni Ottanta, sul -potere dell'immagine- che precede ogni altro, è accennata doverosamente, ma non condivisa fino infondo, e se malfatta valere in senso negativo. E' vero che l'apparenza costituisce oggi una regola essemiale del potere, e ne è quasi una universale legittimazione (-in verità, problema centrale del potere, di ogni potere, è: apparire. Apparire legittimo, apparire giusto, apparire accettato, attraverso il consenso-). Ma è anche vero che i personaggi segreti e mai visti come Enrico Cuccia, eminenza grigia della finanza italiana — secondo Barbiellini —, sono ancora i veri detentori del potere, ed è vero che il semplice apparire (leggi -presenzialismo') non è mai una garanzia di successo; si tratta piuttosto di un abile ritmo di assenze e di apparizioni, prudenza e audacia, -esibizione e riservatezza'. Inoltre — ed è questo l'argomento de¬ cisivo — il potere dell'immagine ha una debolezza costitutiva, perché dipende dall'arbitrio del pubblico, è il pubblico a determinarlo, confermarlo, toglierlo. E' la stessa forza-e-debolezza che ha l'attore: ma si tratta di vero potere? Verso la fine del libro, Barbiellini descrive coloro che, al di là delle apparenze, sarebbero gli attuali uomini di potere: -l'opportunista-, -l'uomo dell'anticamera-, 'l'integralista-, -l'entrista-. Il clima da -il re è nudo- si precisa ulteriormente; smontando i meccanismi del potere ci si accorge che la composizione è semplice (e già solo per questo riprovevole): buone dosi di avidità, opportunismo, ipocrisia, falsità e più genericamente vizio. Qual è allora il potere apprezzabile, che merita cura e conquista? Verosimilmente, quello che non c'è più, o non ancora. Dice Barbiellini (e l'argomento ricorda molto Foucault): «il potere è altrove», dilegua non appena si ritiene di averlo afferrato e non si lascia descrivere se non quando è già finito; forse tutti sono propriamente -logoratidal potere, come dice la celebre lesi andreottiana, perché è probàbile che nessuno, in senso stretto, lo possegga fino infondo. Franca D'Agostini Gaspare Barbiellini Amidei, «Il potere», Rizzoli, 163 pagine, 22.000 lire.