«Il Faust sconosciuto»

«I! Faust sconosciuto» «I! Faust sconosciuto» tra parte conta sapere la lingua d'arrivo, non quella di partenza. •Io il tedesco lo mastico un po', ma non mi permetto il lusso di tradurre. Ricordo sempre che a scuola il mio professore diceva: "Tradurre è impossibile. Punto. Eppure si deve tradurre. Punto". L'ho tenuto a mente in questi giorni di duro lavoro su quella bestia del Faust. Sono 12.111 versi, che voglio far conoscere agli italiani. Non che poi i tedeschi li conoscano più di noi, ma almeno li possono leggere in versione originale! "Per un processo di accumulazione, farò leggere agli attori i primi duemilacinquecento versi, quelli che parlano di Faust e Margherita. E' poi la storia che gli italiani, curiosi di sesso, conoscono meglio, di quella puttanaccia che si fa mettere incinta dal maestro. D'altra parte, è come per la vulgata della Divina Commedia, la storia di uno che scende giù all'Inferno e trova teschi da mordere. Qui mi sono trovato di fronte a un'astronave teologica, che vaga alla ricerca dell'universo uomo, sperando di trovare allievi. •In fin dei conti è una grande Sacra rappresentazione, si può esemplificare con la storia del dottor Jekyll e Mister Hyde. Per quanto mi riguarda, posso dire Strehler Strebt, da Streben, quell'intraducibile verbo tedesco che vuol dire tendere a. anche se poi non si arriva alla meta. Ecco mi sono "strebato" con i quinari e i senati del Faust, perché bisogna stare sorvegliati, non fare né una vaccata alla tedesca, perché per leggerlo tutto ci vogliono nove giorni, né una cosa "alla codina", con le note e i commenti a pie di pagina. "Il fascino dello spettacolo, e del testo, è qui nell'oscillare tra momenti di riflessione e meditazione sulla parola: c'è un leggio, io lèggo sia la parte di Faust che quella di Margherita, e momenti di pura spettacolarità, come la scena della cucina della strega, che poi sarebbe il laboratorio di genetica, si alternano agli attimi di pensiero puro. E' l'universalità della temporalità. Faust non è un'opera letteraria. E' un'opera'drammatica e di teatro, magari debordante di motivi letterari, di rigonfiamenti dovuti alle accumulazioni successive. Altrimenti Goethe avrebbe scritto un poema II Faust allora non è da leggere. E' da dire». Cinzia Romani MILANO — n -Faust» che Strehler mette in scena da stasera al Piccolo Teatro ci riporta a uno fra i capolavori della letteratura mondiale, tanto citato quanto poco letto. Domandate a una libreria metropolitana un'edizione della sterminata opera di Goethe. Vi guarderanno storto, e avranno anche ragione: perché l'ultima traduzione italiana è di quasi un ventennio fa, firmata da Franco Fortini. Si tratta d'altronde del monumento linguistico più grande e più vario del mondo tedesco, di una leggenda la cui prima edizione fu compilata dallo stampatore Spies di Francoforte sul Meno nel 1587. In quel Wolksbuch prezioso per Goethe si raccoglievano le varie storie magiche circolanti sulla bocca del popolo che si riferivano al dottor Giovanni Faust. Questi era un ciarlatano vissuto realmente cinquant'anni prima, un faccendiere, diremmo, di nome Georg Halmstàtter. Negromante, mistico, gabbamondo, il Doktor Faust girava per Basilea con una certa bella Elena. Sentiamo l'opinione di Strehler, che ha lavorato tanti mesi sul testo. Per il regista triestino, affascinato dai grandi miti, come il Don Giovanni, il Faust era un Incontro quasi inevitabile. Strehler lamenta l'ignoranza degli italiani a proposito di un'opera che Goethe stesso definì «incommensurabile-. Ma proprio per via di quest'incommensurabilità è importante conoscerla. Per la messa in scena il regista si è servito della traduzione, non ancora circolante per problemi editoriali e di prossima uscita presso Garzanti, di Andrea Casalegno. -Quando vai a guardare», spiega Strehler, 'ti trovi alle spalle una ventina di libri. Sono le traduzioni del Faust accumulatesi nel tempo, che ti fanno da back ground e da muro al tempo stesso. A partire dalla prima ottocentesca di Giovila Scalvini a quelle di Maffei, di Errante, di Manacorda. Poi esiste quella, forse un po' scolastica, di Allason e Amoretti. Con l'aiuto di Gilberto Tofano, ho usato la versione di Casalegno, che mi sono fatto dare da Livio Garzanti mentre Alighiero Chiusano ci stava facendo un expertise. Devo dire che mi sembra risolutiva rispetto ai problemi del testo, ma le manca il lampo della poesia, non ha lo stesso slancio poetico di quella di Fortini. D'al¬ Come Strehler ha letto l'opera di Goethe, in scena da stasera

Luoghi citati: Basilea, Francoforte, Milano