«Se a bere è la donna»

«Se a bere è la donna» «Se a bere è la donna» Parla l'attrice Marina Malfatti, interprete del film «Silvia» Marina Malfatti è apparsa mesi fa su RaiZ come protagonista di -Silvia è sola», sceneggiato televisivo sul problema della donna e l'alcol: Silvia, è una signora della buona borghesia che convive tragicamente col bicchiere annegandovi dolori e frustrazioni in una sorta di autoannientamento progressivo. E improvvisamente l'audience ha scoperto il lato tragico di un'ancora più tragica realtà: anche le donne bevono. In maniera sempre maggiore e sempre più disperata. Per cui se l'alcolismo un tempo era considerato una malattia preponderantemente maschile, negli ultimi anni le proporzioni sono mutate passartelo da 7-1 a 4-1, mentre nelle giovani generazioni si è raggiunta la parità. Racconta Marina Malfatti: «E' un argomento, questo, su cui regna la più totale disinformazione: devo dire che anch'io ero abbastanza ignorante in materia. Al punto che la prima volta che lessi la sceneggiatura, ebbi una reazione negativa: non potevo comprendere che ci si potesse abbrutire nell'alcol senza aver la volontà di reagire. E mi dicevo: ma come, esistono tante malattie terribili che vengono combattute con coraggio, menomazioni che vengono vissute con serenità e in questo caso, invece, ci si lascia andare alla deriva arrivando sino allo spappolamento cerebrale, magari al suicidio, senza muovere un dito? «Per cercar di capire a due mesi di distanza dal film cominciai a partecipare alle sedute degli A. A. La prima volta, l'impatto fu durissimo: una di queste donne ebbe una crisi terribile, io mi sentii male e mi dovettero portar via. Ciononostante ci tornai tutti i giorni, per due mesi: alla fine, ho capito. Ho capito perché queste donne si sentano relegate ai margini, senza nessuno cui appoggiarsi, nessuno cui chiedere aiuto. Se si confidano col medico di famiglia, si sentono magari dire, con un buffetto, «sù, su, beva un po' meno». Ho capito le loro paure: paura che lo scopra il marito, che sappiano i figli o i vicini; paura di essere considerata una viziosa. E poi la paura del suicidio, sempre incombente, come il fantasma di Banco. Una di queste donne, cui ero particolarmente vicina, una notte si suicidò. E la cosa che mi colpì di più fu l'assoluta naturalezza con cui venne accolta la notizia: come fosse stato un evento normale. «Così giunsi al momento di girare il film, segnata a fondo da questa esperienza: e da questa esperienza angosciosa, ma anche illuminante, è nata Silvia. Una di loro: perché loro si sono immediatamente riconosciute in questa donna disfatta, sempre afflitta dai sensi di colpa, sempre perseguitata dalla paura di sbagliare e priva di aggressività, di forza di reagire. E l'hanno sentita credibile, vera. Confesso che quando è uscito il film, ho provato quasi un senso di liberazione: era come se avessi un groppo dentro di me, qualcosa che pesava come un macigno e finalmente l'avessi sputato fuori. Vorrei essere una politica e poter fare qualcosa di più, invece, recito: ma ho cercato di portare il mio piccolo, modesto contributo come attrice». d.gian. Marina Malfatti, la «Silvia» televisiva

Persone citate: Marina Malfatti