Ronconi: corpo a corpo con Cecov di Masolino D'amico

Ronconi: corpo a corpo con Cecov A Gubbio debutto delle «Tre sorelle» nel segno di un'appassionata ricerca Ronconi: corpo a corpo con Cecov Tre ore e mezzo di spettacolo ora affascinante, ora esasperante, ma sempre vivo - Una vicenda rivissuta come in un ricordo e affidata alle bravissime Marisa Fabbri, Anna Maria Guarnieri e Franca Nuti - L'inedito Vierscinin di Umberto Orsini DAL NOSTRO INVIATO GUBBIO — Assistere per tre ore e mezzo complessive di spettacolo (più una di intervallo) al corpo a corpo di Luca Ronconi con il suo primo Cecov è stato, martedì sera al bel Teatro Comunale di Gubbio, una esperienza a tratti affascinante, a tratti esasperante, mai comunque oziosa o banale. Onore dunque a un regista che non manca mal di comunicare il senso vivo di una appassionata ricerca: frusta e abusata parola, peraltro insostituibile nel suo caso. Penultima delle quattro grandi commedie del medico-scrittore russo, Le tre sorelle descrive come ognun sa la vita senza sbocchi, in una cittadina sperduta, delle orfane dì un generale e del loro debole fratello. Quest'ultimo diventa facile preda di una moglie rapace. Delle sorelle due sono nubili, la maggiore, Olga, e la minore, Irina: la prima rssegnata a appassire in un'arida carriera di direttrice scolastica, la seconda ancora piena di trepidazioni e speranze. La terza, Mascia, è moglie di un noioso insegnante, fiero della propria mediocrità. La presenza di una guarnigione nel sonnacchioso centro provinciale sembra aprire prospettive alle tre donne, ma come sempre in Cecov, nulla veramente accade, e quando da ultimo i militari vengono trasferiti la situazione è tornata più o meno quella di partenza, anche se Olga è invecchiata; Mascia ha vissuto un amore senza futuro col comandante della guarnigione; Irina dopo essersi rassegnata a sposarsi senza amore pur di evadere, ha perso il promesso sposo caduto in un duello assurdo. Nessuna, inutile dirlo, andrà mai a Mosca, la città dorata dei loro sogni. La sostanza di questo Ronconi ce la fa ascoltare con bella chiarezza nel^a felicemente recuperata versione cu Carlo Grabher, professore in un liceo romano negli Anni Venti e Trenta, e quando ciò avviene senza troppi intoppi, come nel caso del magnifico quarto atto, rivisitiamo con piacere e con emozione uno dei testi supremi del teatro moderno. Certe scelte si prestano tuttavia alla discussione; è il caso di quella relativa all'età delle tre attrici protagoniste. In Cechov la più anziana delle sorelle è ancora ben lontana dai trent'anni (e il comandante Vierscinin ne ha quarantadue, e il medico militare Cebutykin, presentato come, un vecchio quasi rimbecillito,1 sessanta); mentre le eccel¬ lenti Marisa Fabbri, Franca Nuti e Annamaria Guarnieri ne hanno molti di più. Fin qui nessun male, in che consiste infatti l'arte dell'attore se non nel dar vita al diverso da sé? La Guarnieri, per esempio, ha sempre reso mirabilmente gli slanci e le Inesperienze dell'adolescenza, e benché abbia altre corde al suo arco, può ancora essere una Giulietta impeccabile; la sua Irina lo ribadisce. Ma Ronconi sembra non volere che le sue interpreti suggeriscano la giovinezza. Al contrario,.egli ha deciso di accén'tuafè'la senilità,'corredandole di grandi parrucche di capelli grigi. Così le sorelle percorrono la loro vicenda come rivivendone il ricordo lontano, a partire dalla battuta iniziale di Marisa Fabbri (Olga), pronunciata con deliberata lentezza e con un significativo accenno all'orologio, "Che allora batteva le ore come adesso: In teoria: perché mentre anche in seguito la Fabbri si mantiene aderente alla concezione del regista, favorendo una dizione poco realistica e accentuando col trucco l'invecchiamento, fino a sfiorare il grottesco, tanto la Guarnieri quanto la malinconica ma vibrante Mascia di Franca Nuti (un fuoco sotto le ceneri, che divampa per un attimo nell'elettrico momento del congedo da Vierscinin) finiscono invece, fortunatamente, per dimenticare i loro capelli grigi, e recitare senza forzature, e benissimo. La seconda idea discutibile di Ronconi riguarda l'impianto scenografico. Come indeciso fra il consegnarsi al realismo consacrato dalla tradizione e il prenderne le distanze, 11 regista ha optato per un impianto scenico (da un bozzetto di Margherita Palil)'continuamente modlfiéàbUfe'a vistai' Per tré atti siamo in un interno, dalle pareti squallide e dai vetri sudici: la bella casa favoleggiata dalle sorelle è in realtà un appartamento piccolo borghese con un senso di sgombero in atto, data la disposizione apparentemente casuale dei mobili; e dei continui e in definitiva superflui, né ancora troppo ben oliati spostamenti meccanici di tavolini e sofà, che entrano e escono durante l'azione, creano angoli diversi e sempre uguali, lasciando alle luci di Sergio Rossi il compito di conferire al tutto un'omogeneità spesso un po' spettrale. Suggestivo invece e applaudito il giardino autunnale che si spalanca a sorpresa all'ultim'atto. Ricordando alla rinfusa le prove dei numerosi attori, risultano del tutto convincenti quelle di Gianni Oarko (Kulyghin, il marito di Mascia: farne un uomo aitante è una trovata). Ivo Gammi (Cebutykin, il vecchio medico), Mauro Avogadro (Tuzenbach, l'idealista). Toni Bertorelli (Solionij, il suo assassino), Luciano Virgilio (Andriej, l'imbelle fratello delle tre); a posto anche i vecchi servitori, Franco Mezzera e Evelina Gori. Delia Boccardo, una presenza di solito incantevole, appare invece spiazzata, o forse è Ronconi che vuole spezzare una lancia a favore di Natascia, rendendola meno gretta e volgare del solito. Interessante e anticonvenzionale, infine, il Vierscinin di Umberto Orsini: un retore e un seduttore che si pavoneggia in impeccabili divise quasi da ufficiale nazista (di Vera Marzot). Questo rende perplessi quanti di noi erano abituati al buon militare che in periodo di pace si rassegna a portare la cultura in provincia e si esalta quando riesce a sentirsi meno inutile, come durante l'incendio. Ma il testo consente anche questa lettura, e l'autorevolezza dell'attore ci costringerà a rimeditarlo. Masolino d'Amico

Luoghi citati: Gubbio, Mosca