Uno sguardo strabico sul Sud di Alberto Papuzzi

Uno sguardo strabico sul Sud COME CAMBIA IL MERIDIONALISMO DOPO LA MODERNIZZAZIONE Uno sguardo strabico sul Sud Industrie, turismo, nuovi consumi: che resta della cultura che ha ie radici in Nitti, Fortunato, Salvemini, Dorso? - Due grandi salotti napoletani: «Nord e Sud» e la Scuola di Portici • Lo storico Galasso: «Cambiamenti innegabili, ma non abbiamo superato la soglia dello sviluppo» • «Più assistiti gli italiani di Avellino o quelli di Trento?» • L'economista Oraziani: «Ecco la nuova povertà del Mezzogiorno» - «Una società malata si riverbera dal Sud al Nord» DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Dopo la modernizzazione che negli Anni Ottanta ha investito e trasformalo il Sud d'Italia, esiste ancora una cultura meridionalista? Che cosa resta del patrimonio di studi, di polemiche, di battaglie nato con quelle Lettere meridionali cfte Pasquale Villari un secolo fa inviava da Napoli ali 'Opinione di Firenze? Per cento anni gli intellettuali meridionalisti hanno raccontato l'arretratezza congenita del Mezzogiorno e hanno rivendicato un'azione speciale dello Stato, da Gaetano Salvemini, il primo a scrivere un saggio intitolato La questione meridionale, al 'nuovo meridionalismo' degli Anni Cinquanta che ha avuto l'esponente più autorevole in Pasquale Saraceno. Oggi si deve constatare una frattura? Il meridionalismo sembra un deposito della storia. Quel movimento si è esaurito? O produce sviluppi imprevedibili? i o o o ? «D. meridionalismo si stava già spegnendo quando erano ancora vivi tutti i protagonisti dell'ultima generazione, Compagna, Rossi-Doria, Ugo La Malfa, oltre a Saraceno», dice lo storico napoletano Giuseppe Galasso, parlamentare del pri e attuale sottosegretario per il Mezzogiorno. «La delusione per la politica dell'intervento straordinario, la verifica che l'Italia va avanti anche se non si risolve il problema del Mezzogiorno, un costume politico molto discutibile, l'emergere di una società postindustriale, che smussa gli antagonismi sociali: ecco le ragioni di una crisi di rigetto». «Negli anni della mia formazione in questa città, dice l'economista napoletano Augusto Graziani. era difficile per un giovane intellettuale non diventare meridionalista. La redazione di Nord e Sud e la Scuola di Portici erano due grandi salotti. Sono stato allievo di Rossi-Doria e collaboratore di Francesco Compa¬ gna: erano prima di tutto due grandissimi animatori. Se ci domandiamo che cosa rimane vivo di quel meridionalismo, dobbiamo riconoscere che è molto declinato. Prevale un meridionalismo di denuncia, che raramente arriva all'analisi». A Napoli la cultura meridionalista ha vissuto l'ultima stagione felice e pugnace, con la rivista Nord e Sud/ondata nel 1954 da Francesco Compagna e con il Centro di ricerche economico agrarie per il Mezzogiorno, istituito a Portici nel 1959 da Manlio RossiDoria. Nord e Sud fu la sede della lunga battaglia per una «terapia d'urto» che determinasse nel nostro Mezzogiorno un moderno sistema cittadino. Quanto alla Scuola di Portici, doveva fornire le politiche e gli specialisti per una grande riforma dell'agricoltura meridionale. Rispetto al meridionalismo classico, entrambe le esperienze progettavano un passaggio -dall'u- «Nel Sud il reddito prò capite resta pari al 60-65 per cento di quello medio italiano». Nella foto, tre generazioni (da «Tra la mia gente» di Luciano D'Alessandro topia alla scienza», se si voleva risolvere il secolare problema «dell'osso e della polpa-. Compagna è scomparso nel 1982, Rossi-Doria l'anno scorso, n piano nobile di un palazzo spagnolesco in via Chiatamone, nel vecchio cortile un'officina meccanica e i motorini da aggiustare, è ancora la sede di Nord e Sud, diventata una dignitosa rivista accademica. A venti minuti da Napoli, nella Villa reale di Portici, assediata da una spaventosa concentrazione edilizia, il Centro di ricerche economico agrarie per il Mezzogiorno continua a fornire un'invidiata preparazione interdisciplinare ai suoi 25-26 borsisti. Ma né Nord e Sud né la Scuola di Portici hanno più un ruolo politico. Il contesto non è più quello che vedevano i meridionalisti classici, Nitti, Gramsci, Giustino Fortunato, ZanottiBianco. Un brillante storico (che incontreremo in questo nostro viag0oi ci dirà che essi hanno applicato alla realtà del Sud un ideale di conoscenza passiva, che si potesse spendere politicamente, speculare a un universo di donne con il volto coperto, di asini che salgono scalinate, di Cristi che si sono fermati sempre al villaggio prima. D'altra parte il meridionalismo economico ha dovuto fare i conti con la vischiosità del mondo politico. Questo meridionalismo, sorto nell'ambito dell'In di Beneduce, Menichella. Saraceno, sviluppatosi nell'attività della Svimez (sviluppo industriale del Mezzogiorno), quindi attrezzato per rappresentare le novità e misurare i divari, é diventato operativo attraverso una gestione che ha riempilo interi cahiers de doleances: l'uso della Cassa per il Mezzogiorno, i compromessi, le spartizioni, il clientelismo. Osserva Graziani: -Il Mezzogiorno non solo non ha più problemi di miseria materiale, ma importa manodopera Attorno a Caserta tutta una serie di aziende agricole prossime al fallimento oggi prosperano grazie all'importazione di braccianti africani, trattati male, pagati peggio e privi di qualsiasi tutela sindacale». «Tutto si riduce, dice Galasso, a un'assegnazione di soldi senza progettualità. La logica è ormai una sola: quanti più soldi affluiscono tanto meglio è. Ma avere più soldi non significa più sviluppo. Molto spesso può significare più sprechi-. La crisi del meridionalismo, sia quello critico sia quello economico, non significa che i problemi che lo ispiravano siano stati superati; o messi da parte da quell'esercito di capannoni industriali, di edilizia 167, di sportelli bancari, antenne televisive, automobili e computer che è la faccia della modernizzazione. Nei giudizi di Galasso e Graziani il meridionalismo non è un capitolo chiuso. Innanzitutto la questione delle -due Italie-: la modernizzazione non ha colmato il fossato che separa Nord e Sud. Sia pure in termini di¬ vam versi dal passato, continuano a coesistere due realtà economiche e sociali. Graziani: -Non dobbiamo dimenticare che nel Sud il reddito prò capite resta pari al 60-65 per cento di quello medio del Paese, n tasso di disoccupazione è doppio rispetto a quello del Centro-Nord Ma il vero divario riguarda opere e servizi pubblici. Dopo quarantanni di intervento straordinario, non s'è ancora risolto il problema dell'approvvigionamento idrico. Se domani ci fosse uno sviluppo industriale vero, la prima strozzatura sarebbe la mancanza d'acqua. Lo stesso discorso possiamo fare per la congestione delle città: e per l'insufficienza di alloggi, scuole, ospedali. Questa è la nuova povertà del Mezzogiorno-. Galasso: -Sul Mezzogiorno è necessario uno sguardo strabico. Un occhio al rapporto tra ieri e oggi, per constatare i cambiamenti, merito anche dell'intervento straordinario, occorre dirlo. L'altre occhio al rapporto tra Mezzogiorno e resto del Paese, per constatare che la distanza si è ridotta di poco e che la soglia di un reale sviluppo non l'abbiamo ancora varcata». Questo divario mantiene aperta una polemica anti nordista, che si riallaccia direttamente a memorabili polemiche di Nord e Sud c alle invettive di Guido Dorso contro i -ladri del Nord-, sulle pagine della Rivoluzione meridionale pubblicate prima da Gobetti, poi da Einaudi. Graziani: -I fatti dimostrano che il sottosviluppo del Mezzogiorno non impedisce sviluppi generali nel CentroNord. Anzi come opinione privata direi che li favorisce. I flussi di risorse straordinarie destinate alle regioni meridio¬ nali finiscono soprattutto per incrementare le importazioni di beni di consumo dalle industrie del Nord e per sostenere una domanda globale a favore del capitalismo del Nord». Galasso: «In cifre assolute la comunità nazionale ha versato al Sud una somma enorme. Ma se guardiamo alla parte realmente destinata alla trasformazione del sistema produttivo, non possiamo dire che la comunità nazionale abbia assolto il suo compito. Gli appalti, le commesse a chi sono andati? Al sostegno del Sud o al capitalismo del Nord? Sento dire: Mezzogiorno assistito. Facciamo il conto della cassa integrazione e della fiscalizzazione degli oneri e vediamo se costano di più il Mezzogiorno o l'industria padana. Chi è veramente più assistito: gli abitanti di Avellino e Potenza o quelli di Aosta e Trento?». Anche la teoria dei -divari interni- tra aree ricche e aree povere, aree produttive e aree depresse, per cui il Sud sarebbe un problema di economie territoriali, è sostanzialmente respinta. Galasso: «I nuovi divari balzano agli occhi, ma che la piana di Metaponto sia già le pianure dell'Olanda o che la Puglia sia al livello della Lombardia, questa è demagogia». Graziani: -Non nego le differenze. Ma non dimenticherei mai che l'argomento viene utilizzato da una corrente di pensiero, vedi Censis, che propone la sospensione dell'intervento straordinario. Contrapporre una linea adriatica, tutta successi dell'economia di mercato, a una linea tirrenica, segnata dai fallimenti della pianificazione economica, serve a dimostrare che per risolvere i problemi del Sud basta la libera iniziativa». Si può, dunque, o si deve parlare ancora di una questione meridionale? Lo scetticismo illuminista di Graziani e la vis polemica di Galasso s'incontrano in una risposta quasi univoca. Graziani: -Il sottosviluppo del Mezzogiorno crea una struttura gravemente malata, dai grandi amministratori, dalla borghesia di Stato, dagli uomini politici giù fino alle loro clientele, ai disoccupati e alla malavita. Questa struttura sociale si riverbera anche sul Centro-Nord, costretto a importare gli stessi sistemi. Non ne faccio una questione di malcostume o di polizia, ma di spesa pubblica senza reale capacità produttiva». Galasso: -Si è costituito nel Mezzogiorno un nuovo blocco sociale che fa perno sulle partecipazioni statali, sulle amministrazioni locali e anche su soggetti economici non meridionali. Gestisce un consenso crescente di profilo clientelare e assist enzialista. La classe politica meridionale, grazie a questo compromesso, ha con quistato molto più potere anche al Centro-Nord e rispetto a trentanni fa possiede nella società italiana molto minoie spinta propulsiva e molto maggiore potere inerziale-. La meridionalizzazionc politica di tutto il Paese, è questa la nuova questione meridionale? Alberto Papuzzi