L'Armenia accusa: voto truccato

L'Armenia accusa: voto truccato L'Armenia accusa: voto truccato DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — In Lituania, i candidati legati al Fronte popolare locale, il Sajudis, avrebbero vinto in trentun distretti elettorali su quaranta. In Estonia il Fronte popolare, anima del movimento nazionale, avrebbe ottenuto quindici seggi su trentasei. In Lettonia, 11 primo segretario del partito, Ian Vagris, ce l'ha fatta per un pelo, col 51 per cento, ma il primo ministro è stato battuto dal candidato del Fronte. H quadro è provvisorio, ma nelle tre Repubbliche baltiche il voto di domenica per l'elezione del nuovo «Congresso del popolo» ha superato le attese della vigilia: i candidati legati al nazionalismo hanno stravinto. Lo si saprà, con precisione, oggi o domani, quando i risultati definitivi saranno pubblicati dal giornali locali come vuole la legge. Ma le «proiezioni» di ieri sembrano credibili, e i primi nomi del vincitori e degli esclusi confermano l'ampiezza del successo nazionalistico. Soprattutto in Lituania, dove ha perso il presidente della Repubblica Vitautas Astrauskas, ha perso il primo ministro Vitautas Sakalauskas, hanno perso due primi vice ministri e il ministro della Giustizia Pranas Kuris, hanno perso il sindaco di Vilnius e quello di Kaunas, hanno perso molti uomini legati all'apparato del partito. Eletti invece, con l'80 per cento dei voti, il capo del partito Algirdas Brazauskas e il suo numero due Vladimir Berezov, considerati progressisti dal Sajudis e senza avversari dunque. Dall'Estonia arriva una conferma. I principali esponenti del partito locale, aper¬ ti alle riforme e al «Fronte», hanno vinto: così Vaino Valias, primo segretario del partito, che ha ottenuto il 97 per cento dei voti; cosi Amodl Ruutels, il presidente di quella Repubblica, cosi il primo ministro Imrek Toome. Per non ostacolarli, il «Fronte» aveva ritirato i propri candidati nei loro collegi. Ma dove la lotta era con uomini meno sicuri e schierati, la vittoria dei nazionalisti sembra netta: il «Fronte» aveva presentato candidati in ventitré circoscrizioni, ha vinto in quindici. Due fra i suoi principali dirigenti, Edgard Savisaar e Manu Lauristin, hanno ottenuto il settanta per cento dei voti. Confusa, invece, la situazione in Armenia, dove le urne sono rimaste aperte due ore più del previsto, fino alle dieci di domenica sera, ufficialmente per dar modo di votare alle persone impegnate nella ricostruzione delle città distrutte dal terremoto, in realtà, secondo i nazionalisti, per non dover dichiarar nulle le elezioni. Secondo fonti vicine al «Comitato karabakh», quando alle venti i seggi dovevano chiudersi, aveva votato infatti soltanto il 25-30 per cento degli elettori: una percentuale troppo bassa, che non avrebbe consentito a nessun candidato di ottenere il quorum necessario all'elezione, il cinquanta per centi degli iscrìtti al voto. I risultati definitivil, comunicati ieri dall'agenzia ufficiale Armenpress, parlavano in un primo tempo dell'80 per cento, poi del settanta per cento di votanti. Ieri, una fonte nazionalista commentava al telefono: 'Non abbiamo prove, ma qualcosa è di certo successo nelle due ore in più in cui i seggi sono rimasti aperti». Tanto più che "alle venti l'ottanta per cento degli osservatori informali che erano stati ammessi nei seggi a Erevan sono stati espulsi». Certo, se le elezioni fossero state dichiarate non valide, per il potere locale sarebbe stato una sconfitta clamorosa, dopo l'invito dei nazionalisti a boicottare il voto in segno di protesta per la detenzione di tutti gli undici i membri dirigenti del «Comitato». Domenica, tremila persone erano sfilate a Erevan, ignorando i divieti e il coprifuoco, per protestare contro le elezioni e chiedere la liberazione di tutti i «detenuti politici»: "Eleggiamo il Comitato Karabakh», grida. vano, -Fuori dall'Armenia gli occupanti». Nel grande Paese ci sono stati altri focolai di protesta. In Ucraina, per esemplo, dove seguaci della Chiesa uniate, fuorilegge, e i membri di un gruppo culturale indipendènte di Lvov hanno invitato a boicottare il voto in segno di protesta con i metodi seguiti dal partito, che «ha bloccato i soli candidati di nostra scelta». Duemila persone si sono riunite in piazza, una trentina gli arresti. e. n.

Persone citate: Algirdas Brazauskas, Imrek Toome, Lvov, Manu Lauristin, Pranas Kuris, Savisaar, Vaino, Vitautas Sakalauskas, Vladimir Berezov