Giappone, così nasce un impero

Giappone, così nasce un impero MOTO Il campionato si apre nel segno della Honda e della Yamaha Giappone, così nasce un impero Le gare nazionali servono ai costruttori per sperimentare le novità tecniche e valutare i piloti locali • La complicità dei «mass media» che mantengono il segreto sulle innovazioni più ardite SUZUKA — Il Gran Premio del Giappone, che per il gioco del fuso orario, si è disputato oggi quando in Italia era l'alba, al di là dei risultati offre lo spunto per una considerazione: il fenomeno della velocità su due ruote vede svanire sempre di più i suoi caratteri europei. E l'alternativa non è più soltanto americana: 1 nomi nuovi del motociclismo vengono dall'Australia e, quando si va a correre nel Sol Levante, dai giapponesi. Quest'anno i piloti con gli occhi a mandorla impegnati in giro per il mondo non saranno molti, ma certamente qualcuno in più degli altri anni. Vediamo come si articola questo motociclismo giapponese. Sul piano tecnico rappresenta il banco di prova più prezioso che ci sia per le Case costruttrici in vista dell'impiego dei loro mezzi nel mondiale. E' infatti proprio nelle numerose gare del campionato nazionale che vengono sperimentate le soluzioni più nuove ed ardite, contando su due fondamentali fattori ambientali. Il primo riguarda l'eccezionale, forse eccessivo, rispetto che i «mass media» locali hanno per chi sperimenta novità tecniche che così re stano segrete fin che vuole il costruttore: una sorta di omertà che l'Europa naturalmente ignora. L'altro buon motivo per usare il campionato naziona le è rappresentato dal grande livellamento dei valori a una quota piuttosto elevata. Nu merosi sono i piloti ufficiali, serratissima la lotta e numerose anche le corse. Ad esem pio, il campionato della 250 e quello della 500 si articolano in 12 e 11 prove. Ad alcune gare, per lo più nel finale di stagione, partecipano anche alcuni prestigiosi nomi del motociclismo mondiale, con l'evidente scopo di misurare il valore dei piloti di casa. In Italia i campioni tricolori nascono da quattro competizioni. Norihiko Fujiwara, asso della 500 con la Yamaha, vincitore di 4 prove su 11, deve poi anche affrontare lunghi collaudi con la moto destinata a Spencer, MacKenzie, Sarron, Rainey e Magee. Si divide il lavoro con Shinji Katayama, terzo nella classifica finale del campionato giapponese, ma non con Taira. Questi, che ieri ha conquistato la pole position nella classe 500, gode di privilegi enormi perché è in Giappone un personaggio, idolo delle teen-ager. Corre nel mondiale, sporadicamente, non perché abbia verosimili ambizioni di vittoria finale, ma perché il suo personaggio gli impone un ruolo di primo piano anche fuori dal Giappone. La Honda affida invece le sue creature a Shinichi Itoh, secondo nel campionato, a Miyagi e Kinoshita, autentici soldatini che obbediscono alle ferree regole di casa. Altrettanti piloti sviluppano e impiegano in gara le 250. La 125, un campionato un po' secondario ma intenso, funge da «allevamento». Prova ne e il pauroso schieramento di giapponesi, almeno una decina, attorno a Gianola e Martinez. Sul piano tecnico si tratta in pratica di un torneo monomarca Honda. Dopo la festa di Suzuka tutti o quasi rientrano nei ranghi, proiettando la propria attenzione più che sulla classifica, sul contributo che riescono a dare alla loro «Company» per lo sviluppo dell'arma vincente. Una mentalità molto diversa dalla nostra. E dopo Suzuka. il circo del mondiale va in pellegrinaggio in altri due mondi di grande interesse per le «due ruote-, l'Australia e gli Usa. In Australia il benessere e un certo gusto di origine anglosassone per questo sport hanno prodotto un boom eccezionale. Ecco Magee e Doohan. ad esempio, ma ci sono nomi che conosceremo nelle prossime stagioni, come Dowson. Phillis, Campbell, tutti in cerca di gloria fuori dalle mura di casa. La terza tappa di questo giro intorno al mondo ci porterà nel pianeta statunitense, dove, a fronte di un buon vivaio, si registra una quasi totale indifferenza della gente verso le moto da Gran Premio. Sono queste le ragioni per cui Shobert, texano, Philich, oriundo calabrese; Kocinski, californiano, sognano l'Europa e un successo nel mondiale mettendosi 'sulle tracce dei vari Lawson, Spencer. Mamola, Rainey e Schwantz. A loro non bastano le due o tre gare di buon livello organizzate negli Stati Uniti. ; u.f.: