Agnello solo a Pasqua (e così costa più caro)

Agnello solo a Pasqua (e così costa più caro) La produzione nazionale non copre il fabbisogno Agnello solo a Pasqua (e così costa più caro) Ne arrivano molti dall'estero: sono meno buoni ma hanno prezzi bassi Nel periodo pasquale sì è registrata, anche quest'anno, la prevista impennata nella vendita di carni ovi-caprine. Tuttavia, i consumi nazionali continuano a rimanere al di sotto dei due chili a testa, dato nettamente inferiore ai valori medi Cee (Kg 3,5 prò-capite annui). Questa scarsa propensione degli italiani verso un alimento che presenta, oltre ad ottime caratteristiche nutritive, anche una notevole gamma di possibilità culinarie, appare legata a vari fattori. Innanzitutto la forte aromaticità degli animali adulti non è gradita a tutti i palati, anche se esistono preparazioni gastronomiche che riescono a trasformare un presunto difetto in irresistibile tentazione. La seconda ra gjone è di ordine psicologico, legata alla cultura ed alla tradizione alimentare degli abitanti del Nord della Penisola che, pur gradendo le carni ovi-caprine, ne limitano il consumo durante le grandi festività. Un altro motivo va ricer¬ cato nella stasi della produzione nazionale che nell'ultimo biennio ha subito un certo rallentamento. La buona tenuta del patrimonio ovi-caprino nazionale (11,5 milioni di ovini, 1,2 di caprini) non si è infatti tradotta in una parallela espansione dell'offerta di carni In quanto gli allevamenti hanno prevalentemente privilegiato la «linea latte», prodotto considerato più remunerativo. Così la produzione-Italia continua a superare di poco i 750.000 quintali annui, con un grado di autoapprovvigionamento del 65% rispetto al fabbisogno. Dall'estero giungono pertanto, ogni anno, oltre 400.000 quintali di carni ovi-caprine. I nostri produttori lamentano l'aggressività commerciale della concorrenza estera, che vince la guerra dei prezzi ma non quella della qualità. Gli agnelli nostrani infatti, venduti quando raggiungono un peso oscillante tra i 10 e i 13 chili ad un prezzo che arriva, al massimo, a sfiorare le 7000 lire per chilo di peso vivo, hanno caratte¬ ristiche nettamente migliori degli agnelloni d'importazione. Anche se sarebbe opportuno, ammoniscono gli zootecnici, macellare gli animali più tardi, verso i tre mesi e mezzo di vita, quando sfiorano i 30 chili di peso: a questa età la camèlia un valore nutritivo superiore e può competere validamente con la carne di vitellone, indiscussa regina del nostro mercato. Raddoppiando il peso alla macellazione si potrebbe anche ridurre un po' la dipendenza dall'estero, dando fiato alla nostra pastorizia che, localizzata prevalentemente nell'Italia centro-meridionale ed insulare, risulta ora drammaticamente investita dal problema della siccità. Infatti i proprietari di greggi che possono fare uno scarso ricorso ai mangimi, poco disponibili e di costo elevato, quando si riducono i pascoli sono costretti a svendere le pecore. Una vera calamità che giustifica le richieste urgenti di aiuti. Mario Valpreda

Persone citate: Agnello, Mario Valpreda, Pasqua

Luoghi citati: Italia