Così Radetzky si giocò anche il proprio corpo

Così Radetzky si giocò anche il proprio corpo IL VINCITORE DI CUSTOZA, PIENO DI DEBITI, ACCETTO' L'OFFERTA D'UN COLLEZIONISTA DI EROI Così Radetzky si giocò anche il proprio corpo VIENNA — A una cinquantina di chilometri da Vienna, sulla strada per Horn e a ridosso del castello di Wetzdorf, si trova l'Heldenberg, il monte degli ero! consacrato alle glorie dell'impero absburgico. Qui, in questa specie di Walhalla, avvenne la strana sepoltura del feldmaresciallo Radetzky, 11 quale, per far fronte ai debiti, si era venduto finanche il corpo. E' una storia che merita di essere raccontata. Radetzky non era Faust, così come i suoi apologeti non sono Goethe. Eppure 1 due personaggi, quello della leggenda e quello della storia, qualche tratto in comune lo avevano. L'uno vendette l'anima al diavolo, l'altro vendette il proprio corpo al signor Pargfrieder, una specie di diavolo anche lui. E se i versi di Grillparzer non riuscirono a sollevare il feldmaresciallo nel cielo della poesia, le ricchezze dello strano acquirente di corpi bastarono per liberarlo dai debiti e per elevargli un Walhalla. Il costruttore di questa mostruosità patriottica, che è piena di busti che ti guardano con occhi sbarrati e che ha conosciuto momenti di intensa devozione o di completo abbandono a seconda delle circostanze politiche, era un personaggio dai contorni misteriosi. Secondo alcuni, sarebbe stato figlio Illegittimo di Giuseppe n e di una bellissima ebrea; secondo altri, le sue origini sarebbero state molto più modeste. Non se ne conosce neppure la data di nascita, che gli storici fanno oscillare tra il 1775 e 11 1790. Forse non la conosceva neanche lui o, come è più probabile, civettava con i suoi natali per ammantarsi di leggenda. DI certo si sa che Joseph Gottfried Pargfrieder, come sì chiamava per disteso, accumulò un'enorme ricchezza facendo il fornitore dì viveri, di stoffe e soprattutto di scarpe per l'esercito imperiale. Ma siccóme il proverbio spagnolo dice che onore e profìtto non stanno sempre nello stesso sacco, il prode Pargfrieder, a un certo punto, fu accusato di essere un magliaro, perché aveva rifilato all'esercito roba scadente, n processo, comunque, non rallentò la sua carriera di quattrinaio. Nel 1832 acquistò per 90 mila Gulden il castello di Wetzdorf e ne spese altri 400 mila per trasformarlo. Somme enormi, per quei tempi. Così da fornitore di scarpe divenne castellano e feudatario. Oltre a una grande estensione di terreno, possedeva un esercito di pecore, mucche e cavalli. Da bravo austriaco, però, si preoccupava soprattutto della cantina, dove aveva oltre cinquantamila litri di vino. A interrompere le sue ribotte, ma anche a fargli tremare il portafogli, ci fu la rivoluzione del 1848. In compenso, le cannonate gli destarono la fregola letteraria. Volle cimentarsi con la penna e buttò giù alcuni aforismi: 'Si parla molto di libertà e di diritto, ma qui il diritto è la violenza e la libertà l'anarchia'. Oppure: -La ricchezza rende ognuno conservatore, mentre chi non ha niente diventa liberale-. A se stesso, Pargfrieder raccomandava di tenersi stretto •con tutto il cuore alla patria: qui sono le salde radici della tua forza-. Ebbe l'idea di erigere un Walhalla in onore degli «eroi» che avevano represso la rivoluzione e salvato la patria. Esempi, per costruzioni di questo tipo, ce n'erano parecchi; ma egli si ispirò sicuramente al Walhalla di Regensburg, fatto costruire da Luigi I di Baviera, non certo meno stravagante di lui. I lavori procedettero con sorprendente rapidità: già il 22 gennaio 1850 poteva annotare che, su una superficie di circa dieci ettari, c'erano 19 statue, 142 busti, 11 statue di granatieri, 4 statuette, una croce di ferro, 28 cannoncini, 34 mortai e via di seguito. Un vero e proprio esercito pietrificato. Per prima cosa, però, fece costruire la tomba a forma di obelisco che costituisce il centro del tutto. Ma dove trovare gli eroi per riempirla? Siccome non era possibile trasportarvi quelli già morti, non rimaneva che pensare a quelli ancora vivi. Pargfrieder ne aveva adocchiati due, che gli sembravano di grosso calibro e molto adatti allo scopo, e aveva incominciato a far loro un'inconsueta e serrata corte funebre. Uno di questi era appunto Radetzky. E qui c'è veramente qualche cosa di diabolico, anche tenendo conto dello strano rapporto che gli austriaci hanno sempre avuto con la morte. Radetzky era un accanito giocatore e sempre in bolletta. Bravo generale e all'occasione anche bravo impiccatore, non doveva essere altrettanto bravo come giocatore, perché perdeva sempre e i debiti salivano alle stelle. In un primo tempo, era stato lo stesso imperatore France¬ sco I a ripianargli la situazione finanziaria; ma poi il generale aveva ripreso a giocare e a perdere più di prima. Il suo stipendio di governatore del Lombardo-Veneto, che era di soli seimila Gulden l'anno, gli bastava sì e no per farsi la mano al gioco. Allora si fece avanti Pargfrieder con una proposta piuttosto singolare: io ti pago tutti i debiti, dandoti anche qualche rinforzo extra, e tu mi lasci per testamento il tuo corpe. I due si conoscevano da un pezzo e il vino di Pargfrieder deve aver inumidito più di una volta la gola del vecchio ufficiale. C'era, in sospeso, anche un debito di 50 mila Gulden, come dimostra un documento scoperto nel 1930. Sembra che, li per lì, Radetzky si sentisse piuttosto infastidito da una simile richiesta. Al principe Hohenlohe, che gli fece visita a Milano nel 1855, avrebbe detto: 'Quel tipo, il Pargfrieder, viene a tormentarmi continuamente con la richiesta che gli lasci per testamento il mio cadavere'. Ma poi cedette. Cosi il 'Servitore di cinque sovrani-, come amava definirsi, il vincitore di Custoza e di Novara si giocò non solo gli stipendi e 1 prestiti, ma anche il proprio corpo. In una nota del suo diario, Hebbel commenta molto aspramente la condotta di Radetzky, la cui maggiore attività pare che consistesse nel mangiare. Forse Francesco Giuseppe non aveva tutti i torti a far spiare, su consiglio del ministro di polizia Kempen, gli alti ufficiali. L'altro eroe che, per gli stessi motivi, aveva venduto il proprio corpo a Pargfrieder era il feldmaresciallo Maximilian Wimpfen, un compare di Radetzky. Fu anche il primo a scendere, il 1° settembre 1854, nella tomba a forma di obelisco. Radetzky lo segui il 19 gennaio 1858, due settimane dopo la morte avvenuta a Milano. E lui. Pargfrieder? Morì il 31 gennaio 1863 e, con una sceneggiata affatto degna di lui, non solo si fece seppellire in mezzo ai due feldmarescialli, ma anche seduto, rivestito di un'armatura e perfino con la spada in mano. Insomma -armato in guerra- come l'Alarico della poesia di August von Platen La tomba nel Busento. A rimettere le cose a posto ci fu poi uno spirito satirico, il quale, saputo che l'ex fornitore di scarpe si era fatto seppellire fra due condottieri, compose questo distico: -Qui riposano tre eroi di diverse schiatte, I Due di essi fornirono battaglie e il terzo ciabatte-. Le statue e i busti dell'Heldenberg, a grandezza naturale, riproducono non solo tutti i regnanti della Casa d'Austria, da Rodolfo I fino al giovane Francesco Giuseppe, ma anche parecchi condottieri più o meno noti. CI sono perfino statue di soldati che dovrebbero fare la guardia. Una scrittta ammonisce: "Guai a chi turba la nostra pace. Il fatto che stiamo zitti non significa che siamo morti-. Su tutto domina la statua di Clio, la Musa della storia. Ma qui viene da pensare piuttosto alla vanità di tutte le cose. E' proprio quello che sembrano dire gli occhi delle statue, che guardano nel vuoto. Anacleto Verrecchia Radetzky in un ritratto dell'epoca. Il maresciallo austriaco, vincitore di Custoza e di Novara, il «servitore di cinque sovrani», afflitto dai debiti di gioco, in cambio di denaro accettò di essere sepolto nel Walhalla privato d'un fornitore di scarpe dell'esercito

Luoghi citati: Austria, Baviera, Milano, Novara, Veneto, Vienna